Su questo basterebbe pensare alla disciplina fornita da Emir, quella della Sfrt sul marging trading, che si sostanzia nella possibilità per le autorità di intervento per vietare o limitare l’operatività allo scoperto oltre a quella sui requisiti prudenziali in tema di patrimonio di vigilanza degli intermediari abilitati. Degno di grande attenzione è il faro acceso da Consob sul ruolo dei social media e dei forum di investitori presenti in rete in termini di diffusione delle informazioni e della loro capacità di esercitare un effetto distorsivo sui mercati, influenzando la volontà e il comportamento degli investitori. Ciò è ancor più vero se si pensa che vi è una tendenza diffusa a non considerare allo stesso modo i comportamenti che si tengono nella realtà virtuale rispetto a quelli condotti nel mondo reale, compiendo così clamorosi errori di sottovalutandone della loro gravità e pericolosità.
È esattamente il contrario: non solo nella realtà virtuale valgono evidentemente le stesse regole presenti in quella reale, ma proprio l’uso dei social e di internet più in generale hanno un potenziale offensivo estremamente più alto in ragione della capacità di interconnessione, di diffusione virale dei messaggi e di conseguente condizionamento dei comportamenti.
Lanciare una campagna sui social in cui si incitano gli investitori a organizzarsi invitandoli a negoziare in modo coeso e contrarian per mettere alle corde coloro che abbiano assunto posizioni ribassiste su un titolo allo scoperto (short squeeze) pone problemi di compatibilità con il corretto funzionamento dei mercati e con la normativa di riferimento sulla repressione dei fenomeni di abusi di mercato.
Ciò si comprende ancora meglio se si pensa che il titolo stesso finisce per assumere quotazioni spropositate al rialzo, che però non trovano alcuna corrispondenza con il valore reale dell’emittente, creando un prezzo artificiale e mettendo a serio rischio coloro che, avendo comprato in coda, si troveranno ad affrontare una forte perdita, in ragione della rapita caduta della quotazione, una volta esaurita la spinta speculativa.
A ciò si abbina la problematica del comportamento di alcuni broker che non applicano commissioni di negoziazione al cliente finale, in ragione degli incentivi ricevuti dal direzionamento del flusso di ordini raccolti nei confronti di altri intermediari negoziatori, dando così luogo al fenomeno del payment for order flow. Anche in questo caso la Consob opportunamente punta l’attenzione sulla compatibilità di tali condotte con le regole europee di Mifid2. Nel nostro sistema regolamentare sono infatti presenti il principio di best execution e quello della legittimità del pagamento di incentivi solo previo rispetto di requisiti che garantiscono la non contrarietà agli interessi del cliente e l’innalzamento della qualità del servizio. Questa vicenda dovrebbe insegnarci che si deve passare da GameStop allo stop gaming!
Non è sempre necessario creare nuove regole per gestire gli effetti distorsivi di certi comportamenti. A volte è sufficiente fornire interpretazioni chiare che includano certe condotte nelle pratiche scorrette attualmente previste dalle normative di riferimento così come avverrebbe in caso di aggiornamento delle prassi operative contemplate nel regolamento Mad o di definizione dei casi di illegittima percezione degli inducement.