Da allora, sono passati oltre due secoli e mezzo, ma la serendipità ha accompagnato felicemente uomini, ricercatori, scienziati e studiosi e ha permesso loro, in modo casuale (ma poi anche grazie alla loro capacità di ingegno, analisi e sintesi), di trovare soluzioni inattese e risposte vincenti da contesti apparentemente di poco conto.
Scoperte “serendipitose”
A proposito di Indie e di America, anche Cristoforo Colombo ebbe il suo attimo di serendipità, quando si trovò di fronte al Nuovo Continente, mentre stava cercando una via alternativa a raggiungere le terre asiatiche.
La dinamite fu scoperta per caso da Alfred Nobel, colui in onore del quale è stato dato il nome al famoso premio. Nobel scopri quasi per caso che, mescolandola alla farina fossile, se ne diminuiva la pericolosità.
Casuale fu anche l’invenzione della penicellina, a opera di Alexander Fleming. Il chimico britannico si “limitò” a osservare che in una piastra di coltura contaminata da una muffa la crescita dei batteri era inibita. Nacque così il primo degli antibiotici.
Quando Steve Jobs iniziò a pensare al suo progetto di computer destinati al largo pubblico, si accorse che avrebbe dovuto sostituire il linguaggio Ms-Dos (troppo complicato ai più e limitato solo agli esperti informatici) con qualcos’altro. Già, ma con cosa?
La soluzione arrivò per lui in un attimo di serendipità, mentre osservava sua figlia, che allora aveva all’incirca due anni, interagire con un libro per bambini, di quelli fatti di figure tridimensionali da premere e schiacciare per ascoltare i diversi suoni o rumori. Fu allora che capì: così come quel libro era fatto da immagini da schiacciare, anche il desk del computer avrebbe potuto comporsi di finestre (le pagine del libro) da aprire e di icone (le immagini del libro) sulle quali cliccare con il mouse per attivare una determinata funzionalità o aprire un file.
La serendipità come metodo di ricerca
La serendipità è una capacità magica e per quanto a volte è legata alla casualità degli eventi, nasce sempre da un attento spirito di osservazione, capace di cogliere nel caso quella chiave di accesso alla soluzione che cercavamo, oppure capace di aprire strade alle quali non avremmo mai pensato prima.
Tant’è che il sociologo Robert Merton ha decodificato il concetto di serendipità nelle scienze sociali, descrivendola come la “manifestazione positiva del più ampio effetto delle conseguenze inattese”. Essa può dunque essere considerata come uno strumento conoscitivo e come un vero e proprio metodo di ricerca.
Il compito del ricercatore è quello di condurre una ricerca attenta degli effetti non previsti che possono portare alla formulazione di un nuovo paradigma teorico o a una scoperta o a un’invenzione del tutto nuove.
La serendipità nella vita quotidiana si può sviluppare con tre semplici strategie.
La prima è quella di accettare di perdersi o di cambiare strada rispetto al tragitto abituale. Talvolta si sente la necessità di pianificare tutto nel minimo dettaglio: e questo può essere un bene, purché non diventi ostinazione. Occorre anche il coraggio di provare vie alternative, poco battute o addirittura inesplorate e scoprire dove possono portare. Se si continua a fare le cose sempre allo stesso modo, si otterranno sempre gli stessi risultati. La serendipità invece consiste proprio nel farsi coinvolgere dall’insolito, dall’impensato, a volte anche dall’apparentemente irrazionale.
Per lo stesso criterio, la seconda strategia è quella di aprirsi a nuovi incontri. Con più persone si parla, con più culture ci si confronta, e più si può aprire la propria visione del mondo e della vita.
Terza strategia: lasciare sempre uno spazio vuoto nella propria agenda, da riempire con attività che possono nascere dal caso, alle quali non avremmo mai pensato prima, e viverle con lo spirito di chi, senza pregiudizi o preconcetti, è semplicemente curioso di provare un’esperienza nuova tutta da scoprire.