Alla fine del 2020 oltre 70 milioni di americani, circa il 40% dei lavoratori statunitensi, avevano presentato domanda per il sussidio di disoccupazione
Sbloccare il potenziale economico delle donne statunitensi nella forza lavoro potrebbe consentire di aggiungere 2,1 trilioni di pil entro il 2025
McKinsey: “Le economie crescono più velocemente e più vigorosamente quando la prosperità è distribuita in modo più equo tra i segmenti della popolazione”
Era il 2018 quando l’indice Gini dell’Ufficio del censimento degli Stati Uniti d’America, che misura la diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza, raggiunse il livello più iniquo mai registrato. E i dati del 2019 non sembrarono essere più confortanti, con l’1% più ricco della popolazione che deteneva quasi il 40% del patrimonio netto nazionale. Un gap che, secondo una recente analisi di McKinsey, ha finito per colpire in modo sproporzionato le comunità di colore, le donne e le persone con disabilità. Specialmente in alcune aree geografiche. Tra gennaio 1972 e dicembre 2019, per esempio, il tasso di disoccupazione dei lavoratori neri è rimasto pari o superiore al doppio del tasso dei lavoratori bianchi. E il divario “razziale” della ricchezza è cresciuto dai 100mila dollari del 1992 a oltre 164mila dollari nel 2019. La crisi pandemica, poi, ha completato il quadro: alla fine del 2020 oltre 70 milioni di americani, circa il 40% dei lavoratori statunitensi, avevano presentato domanda per il sussidio di disoccupazione. E l’economia del paese si è contratta del 3,5% su base annua. Un contesto che ha finito per accelerare tendenze preesistenti che, senza una ripresa più inclusiva, rischierebbero di “calcificarsi ulteriormente”, scrivono gli analisti della società internazionale di consulenza manageriale.
“L’impatto della riduzione di tali diseguaglianze sarebbe enorme: eliminare la disparità di ricchezza tra famiglie bianche e nere e tra famiglie ispaniche e bianche potrebbe avere un impatto sul pil annuo tra i 2mila miliardi e i 3mila miliardi di dollari. Inoltre, sbloccare il potenziale delle donne nella forza lavoro potrebbe consentire di
aggiungere 2,1 trilioni di pil entro il 2025”, osserva McKinsey. Studi dimostrano infatti come fino al 40% della crescita del prodotto interno lordo tra il 1960 e il 2010 possa essere attribuita a una maggiore partecipazione delle donne e delle persone di colore al mondo del lavoro, attraverso una migliore allocazione dei talenti. Inoltre, “le economie crescono più velocemente e più vigorosamente, per non parlare di periodi più lunghi, quando la prosperità è distribuita in modo più equo tra i segmenti della popolazione”. Per non dimenticare come le diseguaglianze attuali possano finire per autoalimentarsi, generando un “circolo virtuoso di sottosviluppo che minaccia la crescita a lungo termine”. Le famiglie, infatti, non risulterebbero in grado di investire nei propri figli, creando delle barriere che ostacolo il loro accesso alle opportunità. Ma non tutto è perduto.
Le tre strade per una crescita inclusiva
Sulla base di questi assunti, McKinsey ha sviluppato un approccio in tre fasi che i leader del settore privato e le stesse comunità possono adottare per realizzare un’economia più inclusiva:
- Sviluppare una visione “audace” del cambiamento
Per realizzare un’economia i cui benefici siano condivisi tra razza, genere e distribuzione territoriale, secondo gli analisti è necessario coinvolgere voci diverse e dare autorità decisionale alle comunità che si cerca di responsabilizzare. Inoltre, è necessario che i leader siano in grado raccogliere dati che evidenzino non solo la realtà attuale ma anche il ricco contesto storico, per aiutare le parti interessate ad apprezzare appieno la profondità e la complessità delle sfide che si trovano ad affrontare. E, infine, è indispensabile un allineamento dei leader del settore pubblico, privato e sociale su un’aspirazione misurabile, fornendo “una stella polare attraverso cui navigare obiettivi, interventi e investimenti misurabili”.
- Pianificare interventi globali incentrati sulla comunità
“Il primo passo per la progettazione di interventi globali è identificare le barriere e le opportunità. Per esempio, esiste un chiaro divario demografico tra i proprietari di immobili negli Stati Uniti. Rispetto ai bianchi, i neri rivelano tassi di proprietà inferiori del 30%, gli ispanici inferiori del 26% e gli asiatici inferiori del 16%”, osservano gli analisti. E sono diverse gli ostacoli che contribuiscono a queste discrepanze, come i fattori economici, socioculturali e istituzionali. Di conseguenza, il cambiamento richiederà un’azione coordinata per “affrontare in modo completo i colli di bottiglia”.
- Intraprendere una comunicazione costante e trasparente
In definitiva, i leader del settore pubblico, privato e sociale dovrebbero considerare anche l’implementazione di infrastrutture critiche per “sostenere il progresso e ottenere risultati economici inclusivi nel tempo”, conclude McKinsey. Per esempio, potrebbero investire su sistemi di monitoraggio e valutazione dei feedback, o definire modalità di coinvolgimento significativo di tutti gli stakeholder. Infine, è indispensabile una comunicazione costante e trasparente sui progressi raggiunti con la comunità nel suo complesso e un cambiamento di rotta a seconda delle necessità.
Alla fine del 2020 oltre 70 milioni di americani, circa il 40% dei lavoratori statunitensi, avevano presentato domanda per il sussidio di disoccupazioneSbloccare il potenziale economico delle donne statunitensi nella forza lavoro potrebbe consentire di aggiungere 2,1 trilioni di pil entro il 2025McK…