Il colosso del risparmio Fidelity Investments, infatti, è pronto a proporre ai piccoli risparmiatori i “FidFolios”, portafogli che ricalcano la falsariga degli indici azionari, ma con possibilità di personalizzazione
A differenza dei comuni fondi passivi, come gli Etf, l’investitore che ricorre al direct indexing non acquista una quota di un fondo, bensì il possesso diretto delle azioni che compongono l’indice
Fidelity Investments gestisce già portafogli in direct indexing per grandi clienti, per un totale di 33 miliardi di dollari
E’ un banco di prova importante per questa innovazione finanziaria, da anni riservata a investitori particolarmente facoltosi. Molti osservatori, infatti, hanno intravisto nella “democratizzazione” del direct indexing una possibile minaccia all’industria degli Etf, che a sua volta aveva conteso quote di mercato ai fondi comuni tradizionali. Fidelity Investments gestisce già portafogli in direct indexing per grandi clienti, per un totale di 33 miliardi di dollari.
A differenza dei comuni fondi passivi, come gli Etf, l’investitore che ricorre al direct indexing non acquista una quota di un fondo, bensì il possesso diretto delle azioni che compongono l’indice.
Come avevamo messo luce in un precedente articolo, i principali vantaggi di questo approccio consistono nella personalizzazione che il cliente è in grado di effettuare, a sua discrezione, sul paniere di base che compone un determinato indice e la maggiore efficienza fiscale. Sotto quest’ultimo punto di vista, il possesso diretto delle azioni consente di operare periodicamente una puntuale compensazione di plusvalenze e minusvalenze registrate dai singoli titoli, laddove la plusvalenza o la minusvalenza di un fondo viene calcolata nell’andamento complessivo del portafoglio. Nel caso di Fidelity, riuscire a sfruttare questo vantaggio sarà fondamentale per i sottoscrittori dei FidFolios: con costi pari allo 0,4%, infatti, la proposta del direct indexing deve colmare un certo gap rispetto agli Etf più efficienti disponibili negli Usa. Nel 2020, ad esempio, la media dei fondi Vanguard aveva un expense ratio dello 0,09%; e ancora, l’iShares Core S&P 500 ETF presenta un expense ratio dello 0,03%.
I vantaggi fiscali hanno avuto sicuramente un ascendente sulla clientela particolarmente benestante che finora ha avuto accesso al direct indexing, con barriere di ingresso da almeno 100mila dollari. Resta da vedere se questo aspetto si rivelerà allettante anche per i piccoli investitori.
Per aprire un FidFolio non sarà nemmeno necessaria la mediazione di un consulente finanziario, ha chiarito Fidelity. E’ una soluzione che “si rivolge a un diverso set di clienti che sono più digitali e vogliono avere più controllo . Questo apre semplicemente il mercato e la base di clienti”, ha affermato Ram Subramaniam, responsabile della gestione patrimoniale e della consulenza digitale di Fidelity, sostenendo come il direct indexing non sia una minaccia per i consulenti, ma qualcosa di “complementare”. I FidFolios “aprono la porta alla prossima generazione di clienti, che non hanno l’inclinazione a lavorare con un consulente”.
Più che per gli aspetti di efficienza fiscale, sembra che per il piccolo investitore gran parte dell’appeal stia nella facilità con la quale è possibile creare il proprio indice azionario “à la carte”, soddisfacendo gli orientamenti etico-sociali che stanno prendendo sempre più piede nelle scelte d’investimento.
Grazie alla proprietà diretta delle azioni, inoltre, l’investitore può esercitare i diritti di voto contribuendo ad orientare, ad esempio, le politiche di sostenibilità delle aziende, senza delegare a un gestore questa funzione. La possibilità di avvicinare valori e scelte di investimento attraverso il direct indexing potrebbe essere una nuova risposta di Wall Street alla crescente desiderio di investire “con uno scopo” anche extrafinanziario.