Delle 116.637 aste totali, oltre il 41% ricadono nelle regioni del Nord Italia
La Lombardia continua a mantenere il suo titolo, ormai incontrastato da oltre 7 anni, anche se quest’anno è stata sicuramente la regione più colpita dagli effetti del covid-19
Per quanto riguarda la tipologia degli immobili all’asta, si è abbassata di oltre il 50% la pubblicazione di immobili residenziali
In ogni caso, il mercato delle aste è molto frammentato. Quasi 104 mila lotti, pari all’89% della composizione delle esecuzioni immobiliari è costituito da beni il cui valore in asta è inferiore a 250mila euro. Sono invece 10.333 i lotti (8%) costituiti da beni il cui valore in asta è inferiore a un milione di euro. Infine, il 2% restante è formato da beni di valore d’asta superiore al milione.
Delle 116.637 aste totali, oltre il 41% ricadono nelle regioni del Nord Italia. Ai primi 5 posti, con quasi il 50% del totale delle esecuzioni italiane, si collocano: la Lombardia (16,7%), Sicilia (10%), Emilia-Romagna (7,11%), Veneto (7%) e Lazio (7%).
In particolare, la Lombardia continua a mantenere il suo titolo, ormai incontrastato da oltre 7 anni, anche se quest’anno è stata sicuramente la regione più colpita dagli effetti del covid19. Già sapevamo che oltre 16% della popolazione italiana risiedesse in Lombardia, ora sappiamo anche che la Lombardia si riconferma di nuovo la prima regione italiana come numero di esecuzioni immobiliari anche nel 2020, e si trascina questo record, purtroppo, già da anni.
Per quanto riguarda la tipologia di immobili all’asta, si abbassa di oltre il 50% la pubblicazione di immobili residenziali, che, nell’anno precedente, erano oltre il 70%. In merito invece alla provenienza degli immobili messi all’asta, si tratta per il 70% di esecuzioni immobiliari, mentre per il 28% di procedure concorsuali.
Sembra assurdo, ma dal report emerge come esistano e continuino a essere mantenute aste datate 1974, 1976, 1977 e cosi a seguire. Esistono e sopravvivono, da prima del 2010, ancora 15.641 procedure, che si protraggono per tanti anni. E tutto questo, in alcuni casi vuol dire oltre 40 anni di costi attivi, senza arrivare alla chiusura e all’estinzione della pratica. “Forse – si legge nel report – il mondo del credito si sta rendendo conto, ora più che mai, che il recupero giudiziale è solo un mezzo, anche lungo, costoso e spesso poco efficace per l’obiettivo che si vuole raggiungere: recuperare i crediti deteriorati. Forse – conclude lo studio – ci si sta rendendo conto che strumenti alternativi e stragiudiziali potranno fare la differenza in un futuro molto prossimo”.