L’approvazione da parte di Pechino della legge liberticida ha apparentemente rinsecchito la linfa di Hong Kong, a tutto vantaggio di Singapore. Alcune riflessioni
Singapore e Hong Kong hanno occupato due diverse nicchie di mercato negli ultimi dieci anni. La prima è diventata l’hub di operazioni pan-asiatiche non necessariamente coinvolgenti la Cina. La seconda invece ha assunto la veste di centro servizi internazionale per le imprese che intendessero sbarcare in Cina oppure uscirvi. Anche a livello prettamente finanziario, le due città-Stato avevano le loro specialità: Hong Kong l’azionario, Singapore gli scambi valutari (è il terzo mercato al mondo dopo New York e Londra). Ora, la nuova legge “antiterrorismo” della città cinese messa in atto da Pechino sta avendo l’effetto di regalare alla rivale del sud est asiatico alcune attività economiche. L’analisi è dell’Economist Intelligence Unit, che fa una previsione: entrambe la città resteranno sulla cresta dell’onda, ma una delle due si limiterà ad affari locali.
Entrambe le città sono centri finanziari competenti e consolidati, che puntano sempre più al fintech (nel 2019 erano 490 le fintech di Singapore) grazie al supporto dei regolatori. Con l’emergere delle violente proteste a Hong Kong conto il governo di Pechino nella seconda metà del 2019 però, qualcosa nell’equilibrio si è rotto. E molte società finanziarie stanno pensando di lasciare il “porto profumato” per approdare alla “Città del leone”, Singapore.
Oltre che per le valute, Singapore è una piazza forte per l’obbligazionario e per le commodity, data la sua vicinanza allo Stretto della Malacca. Ma soprattutto, la città-Stato è una piazza forte per l’asset e il wealth management offshore, nonché un hub importante per il private banking. Come già scritto su queste pagine, il contesto normativo della città a gennaio si è arricchito di un nuovo schema societario, la Vcc (variable capital company). A fine giugno erano già 63 le nuove società di questa tipologia registrate. No è però tutto oro quel che luccica: il piccolo stato non è immune agli scandali finanziari e i mezzi di comunicazione sono rigidamente controllati dal governo.
Hong Kong dal canto suo batte la città del leone per lo sviluppo dei suoi mercati azionari, ed è la prima destinazione per le società continentali cinesi che vogliono quotarsi all’estero. La Borsa di Singapore invece recentemente ha subito dei pesanti delisting, dicono gli analisti dell’Economist. È un fatto che l’indice Msci ha concesso in licenza i suoi derivati a Hong Kong e non alla città della Malacca. Il legame privilegiato del “porto profumato” con le imprese continentali del Paese di Mezzo si è saldato in anni di scambi. Per questo motivo gli analisti della prestigiosa rivista britannica si aspettano che Hong Kong continui a mettere a frutto la sua lunga esperienza relazionale con la Cina interna e che rimanga la meta più attraente per gli investitori interessati a entrare o a uscire dal Paese.
Singapore però continuerà ad attrarre molteplici società finanziarie da Hong Kong grazie al suo ambiente pro-business e al suo contesto politico non agitato. Consoliderà la sua posizione negli scambi valutari e di materie prime, e aumenterà ancora la sua attrattività per i servizi di asset e wealth management. Anche il fintech della città del leone ne uscirà rafforzato, grazie al supporto della Mas (Monetary Autorithy of Singapore). Infine, le società maggiormente colpite dalla nuova legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong saranno le prime a trasferirsi sullo Stretto della Malacca. L’importanza (fondamentale) di Hong Kong resterà locale: sarà l’hub per l’ingresso e l’uscita finanziaria e commerciale in e dalla Cina.
Singapore e Hong Kong hanno occupato due diverse nicchie di mercato negli ultimi dieci anni. La prima è diventata l’hub di operazioni pan-asiatiche non necessariamente coinvolgenti la Cina. La seconda invece ha assunto la veste di centro servizi internazionale per le imprese che intendessero sbarcar…
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