L’emergenza peggiora il sentiment sul Paese
Esaminando il campione di riferimento si riscontra come i dati siano in congiunturale peggioramento. In particolare, guardando alle aspettative sul futuro prossimo (tra un anno), tra i “bancarizzati” il 46% ritiene che la situazione economica e la solidità finanziaria del nostro Paese si aggraveranno (a ottobre 2019 si parlava del 35%); tra gli “investitori”, analogamente, la visione pessimistica passa dal 30% al 43%
Cambia la scala dei rischi percepiti
L’avvento del Coronavirus ha inciso sulla quotidianità, socialità e libertà di chiunque e pertanto ha modificato anche la percezione dei rischi più importanti nel medio termine per la vita delle persone. Una considerazione, questa, che vale sia per “bancarizzati” che per “investitori” con percentuali molto allineate. Infatti, le pandemie, insieme alle malattie infettive, balzano oggi al primo posto, alla luce delle forti implicazioni del Covid19 e del lockdown sulla situazione economica domestica, al secondo posto c’è il rischio di recessione e disoccupazione. Gli shock finanziari sono in quarta posizione, i cambiamenti climatici solo al 5° posto.
Lockdown, i timori per risparmi e investimenti secondo la ricerca di Eumetra e Anima
Per il 61% del campione dei “bancarizzati” e per il 57% del sottoinsieme degli “investitori”, la vicenda del coronavirus avrà un impatto negativo importante sulla situazione economica dell’Italia anche nel mediolungo termine, in primis per il forte calo della domanda in molti ambiti dei consumi. Inoltre, gli effetti dell’epidemia, soprattutto nella fase iniziale, si sono trasferiti anche ai mercati finanziari internazionali, comportando un’elevata volatilità e correzioni significative a causa dei timori legati alla crescita economica globale. Il 43% si è dichiarato “molto preoccupato” per i propri investimenti: ricordiamo che le rilevazioni sono coincise con un periodo di particolare volatilità dei mercati finanziari.
In questo contesto va comunque detto che con il tempo gli investitori si dimostrano più resilienti di fronte a momenti di forte incertezza e volatilità. La reazione del campione degli investitori, del resto, è stata più ferma e composita rispetto alla crisi del 2008, che è stata appunto una crisi finanziaria a tutti gli effetti, a differenza di quella attuale provocata da un fattore esterno, il virus, a cui è seguito un successivo contagio dei mercati. Il 56% ha risposto che “congelerà” i suoi investimenti. Il rinvio di una parte dei consumi non indispensabili dovrebbe contribuire ad aumentare la capacità di risparmio delle famiglie.
La maggior parte del campione sia dei “bancarizzati” che degli “investitori” intende risparmiare di più, in particolare per i progetti di risparmio. Questi ultimi, infatti, oggi diventano ancora più importanti e, per farsi un’idea, basti pensare che a maggio del 2019 il 60% dichiarava di avere in cantiere progetti di risparmio, che oggi salgono al 67% del campione. E non stupisce, ovviamente, che sia per i “bancarizzati” che per il fronte degli “investitori” in cima alla classifica ci sia ancora una volta e a maggior ragione oggi, la volontà di risparmiare “per emergenze”.
L’emergenza sanitaria ha alimentato la sensibilità verso tematiche legate alla sostenibilità sociale e in particolare alla sicurezza e salute pubblica della popolazione. In un certo senso, pertanto, la situazione eccezionale che si sta vivendo ha focalizzato i riflettori sulla “S” dei criteri Esg. Nel frattempo cresce, rispetto a sei mesi fa, la conoscenza (dichiarata) delle tematiche Esg (Environment, Social, Governance). Nelle scelte di investimento, infine, anche all’interno del campione, ci sono persone più interessate a capire la qualità della sostenibilità dei fondi Esg e delle aziende in cui investono, rinunciando se necessario anche ad una parte del rendimento, e altre che invece restano più attente principalmente al risultato finanziario finale.
Si riscontrano così due frange opposte, seppur circoscritte, ovvero una nell’ordine del 10% che ha molto a cuore l’investimento sostenibile, accanto a una nell’ordine del 3% che privilegia il rendimento, per la quale i fattori di sostenibilità ambientale e sociale restano ancora secondari. Tuttavia, va segnalato che la stragrande maggioranza si colloca su posizioni più equilibrate, tenendo in considerazione sia il rendimento prospettico di un investimento sia la sua sostenibilità e responsabilità.