“Siamo entrati in una fase di mercato nuova, che impone un diverso approccio agli investimenti”. È un vero e proprio cambio di paradigma quello che deve essere metabolizzato, dice Andrea Porro, country head per l’Italia di Jupiter, asset manager globale con masse in gestione pari a 57 miliardi di dollari (dati al 31 dicembre).
“Veniamo da anni in cui il ‘beta’, l’esposizione diretta ai movimenti del mercato, è stata premiante. Era un mondo in cui sette titoli hanno guidato le performance del più importante mercato azionario, quello americano, che a sua volta rappresenta il 70% dell’universo azionario globale. Un mondo che ha sperimentato picchi di volatilità, certo, ma sempre inseriti in un chiaro trend rialzista. Da interpretare, quindi, nella logica del “buy the dip”: comprare nelle fasi di calo temporaneo, approfittando di una finestra di opportunità favorevole.
Lo scenario di mercato
Il primo scorcio dell’anno sembra aver messo in discussione molte granitiche certezze del recente passato”, argomenta Porro. Basta guardare all’improvvisa e massiccia inversione di marcia dei flussi di capitale globali, che dall’America ora si dirigono a passo spedito verso altre destinazioni. O alla relativa debolezza del dollaro americano, su cui pesano dubbi crescenti di molti grandi investitori, anche in relazione alla sostenibilità del debito pubblico statunitense.
Per non parlare dei punti interrogativi sulla profittabilità dei maxi investimenti realizzati da Big Tech sull’intelligenza artificiale generativa, insidiata, secondo qualche analista, dall’emergere di modelli alternativi, all’apparenza più efficienti e assai meno costosi, provenienti dalla Cina. Tutto questo chiama una revisione dei portafogli, basata su una diversa architettura.
Quale scenario ci attende?
Nessuno può dire con certezza cosa accadrà. Ma non ci sono dubbi che il nuovo mondo vedrà aumentare la dispersione dei risultati sui mercati finanziari. Se negli ultimi anni, in un mercato monodirezionale o quasi la gestione passiva ha vinto, da qui in avanti la gestione attiva tornerà a essere il pilastro dei portafogli.
Un consiglio per orientarsi in uno scenario di così profonda incertezza?
Fidarsi della storia dei mercati finanziari: chi ha la pazienza di farli lavorare, mantenendo lo sguardo ben saldo verso un orizzonte di lungo termine, non sbaglia. Se il portafoglio è ben costruito e diversificato, il risultato migliora. Qui, ovviamente, è imprescindibile l’azione di affiancamento da parte dei consulenti finanziari, che aiutano i loro clienti a “fare la cosa giusta”, evitando l’errore di inciampare nell’effetto panico. In questi anni è stato fatto un lavoro importante dai banker.
L’orientamento al lungo termine è tipico dei capitali pazienti che investono nei mercati privati.
Ma anche sui mercati quotati bisogna adottare un approccio analogo, a prescindere dalle differenze sul piano della liquidità degli investimenti. Se si allunga l’orizzonte a tendere dovremmo vedere finalmente più equity nei portafogli italiani. Oggi la composizione azionaria è in media troppo bassa. Lo straordinario stock di risparmi accumulato dagli italiani non ha generato ricchezza aggiuntiva, perché i rendimenti reali ottenuti sono modesti.
Noi siamo basati nel Regno Unito e siamo molto conosciuti anche tra gli investitori retail, che tipicamente comprano le nostre soluzioni per ottenere apprezzamento del capitale nel lungo termine e income, cioè reddito. D’altra parte, l’aumento della longevità impone un ripensamento delle strategie di portafoglio, in ottica di life cycle management, cioè in funzione del ciclo di vita dell’investitore. Se aumentano le aspettative di vita, allora servono capitale a scadenza e flussi di reddito maggiori per sostenere le spese future e garantire un adeguato stile di vita. Per ottenere questi risultati non basta avere in portafoglio solo o in prevalenza Btp.
Il posizionamento di Jupiter
Nel 2025 Jupiter festeggia 40 anni di attività, l’anno prossimo spegnerete la decima candelina di presenza in Italia. Per essere competitivi in un mercato molto affollato, dove convivono player generalisti e boutique specializzate, campioni nazionali e realtà internazionali, bisogna essere più bravi di altri in certe sfere di attività. Qual è il vostro campo da gioco privilegiato?
Il nostro focus esclusivo è sulla gestione attiva: avere un posizionamento così chiaro, ci aiuta. E possiamo contare su una combinazione di fattori che si sta rivelando premiante: da un lato, non abbiamo un comitato d’investimenti centrale, che detti la visione della casa, a livello top down, da declinare nei vari portafogli. Ogni gestore, infatti, entro i vincoli del suo mandato, è libero di muoversi come crede.
Questo ci rende una piattaforma molto attrattiva per i manager che sono in grado di generare alpha, per i talenti dell’industria. Solo nel 2024 abbiamo accolto quattro team di gestione in arrivo da altre realtà. Dall’altro lato, abbiamo 40anni di storia alle spalle, siamo quotati in Borsa, abbiamo dimensioni che consentono di crescere e un forte posizionamento del brand tra gli addetti ai lavori.
Quali sono le vostre competenze distintive?
Il mercato ci riconosce competenze specialistiche in vari ambiti, da fondi molto concentrati a panieri estremamente diversificati, dalla gestione quantitativa a quella discrezionale. Storicamente siamo molto ben posizionati nell’obbligazionario flessibile.
Negli ultimi anni, abbiamo trovato un riscontro notevole da parte del mercato nelle strategie absolute return liquide: penso in particolare alla strategia market neutral, che neutralizza l’esposizione al beta di mercato e offre una volatilità contenuta, sotto il 6%, con obiettivo di rendimento pari al cash più 5%. È uno strumento che può fungere da ottimo diversificatore di portafoglio: ci sono fasi in cui la classica combinazione di azioni e bond non funziona e bisogna trovare fonti alternative di diversificazione.
Altre idee per interpretare l’attuale fase di portafoglio?
ùI metalli monetari, come oro e argento, sono utili a preservare il valore del portafoglio in termini reali, cioè al netto dell’inflazione. Noi proponiamo una soluzione a gestione attiva, in formato Ucits, che investe sia direttamente sulle materie prime che sulle aziende del settore minerario, fino agli operatori che fanno credito usando come collaterale l’oro.
Sul fronte dell’innovazione di prodotto su quali altri fronti state lavorando?
A febbraio abbiamo lanciato il primo etf obbligazionario a gestione attiva.
Gli etf attivi sono uno dei trend a più forte crescita del mercato, dov’è la novità?
L’Europa, in questo segmento, è molto concentrata sul “potenziamento” degli strumenti passivi. Noi abbiamo seguito un approccio molto diverso, partendo dal nostro Dna: abbiamo preso una strategia attiva e l’abbiamo inserita dentro un veicolo quotato. È gestione attiva, al 100%.
Intanto, restando all’innovazione, l’intelligenza artificiale sta entrando in modo più o meno pervasivo nei processi d’investimento di molti asset manager. Voi come siete orientati?
Sette anni fa abbiamo costruito un team di data scientist che è trasversale a tutti i desk d’investimento e oggi conta sei specialisti. L’obiettivo è dare vita a soluzioni data driven, guidate dai dati, per ottimizzare i processi d’investimento.
Qualche esempio concreto?
Grazie a questo team e all’uso dell’AI abbiamo sviluppato un nostro data base proprietario di analisi e scoring ESG. Inoltre abbiamo lavorato su data base esterni di dati “alternativi” che devono essere “puliti” per essere modellizzati, cioè rielaborati prima di poter essere integrati nel processo d’investimento del nostro team di gestione sistematica. Da diversi anni ormai, questo team integra nel proprio modello quantitativo anche un sistema di machine learning molto evoluto.
Ogni giorno il sistema quantitativo analizza ed elabora 40 milioni di dati, che servono per identificare le posizioni lunghe e corte (rialziste e ribassiste ndr) da inserire, ad esempio, nei portafogli market neutral. La tecnologia quindi è già uno strumento essenziale per migliorare non solo l’efficienza, ma anche l’efficacia dei processi. Un’arma in più per navigare l’incertezza sorprendente di questa fase di mercato. Bisogna ricostruire i portafogli su nuove fondamenta.
Chi è Andrea Porro
Andrea Porro è da novembre 2022 country head per l’Italia di Jupiter asset management, dov’è approdato nel 2016, anno dello sbarco della società britannica in Italia. Porro ha maturato 15 anni di esperienza nel settore degli investimenti. Prima di entrare in Jupiter, ha lavorato in Credit Suisse in qualità di vice president, sales wholesale e retail clients asset management. Ha iniziato la sua carriera in Deutsche Bank lavorando al desk equity derivatives trading.
Domande frequenti su Porro (Jupiter): Cambiamo l’architettura dei portafogli
Secondo Andrea Porro, il mercato sta vivendo un cambio di paradigma che richiede un approccio diverso agli investimenti, poiché la fase in cui l'esposizione diretta ai movimenti del mercato ('beta') era premiante è terminata.
Andrea Porro è il country head per l'Italia di Jupiter, una società di asset management globale.
Jupiter, al 31 dicembre, gestisce masse per un valore di 57 miliardi di dollari.
Negli anni precedenti, l'esposizione diretta ai movimenti del mercato, definita 'beta', era una strategia premiante per gli investitori.
In passato, le performance del mercato sono state guidate da un numero ristretto di titoli, nello specifico sette.