Le strutture alberghiere oggi non hanno la convenienza a essere valorizzate perché il mercato guarda tutto ciò che ha per oggetto il prodotto turistico con estremo scetticismo e quindi si rischierebbe di venderle a prezzo di sconto
Attualmente, le regioni dove si concentrano maggiormente le strutture in vendita sono il Veneto (79), la Toscana (76) e il Lazio (71), seguite da Emilia-Romagna e Lombardia, rispettivamente con 67 e 54 hotel disponibili
Il valore complessivo degli alberghi in vendita – secondo Idealista – supera i 2,3 miliardi di euro
Nel settore alberghiero, il numero di strutture in vendita è stabile, ma la situazione – che potrebbe apparire sotto controllo – in realtà è grave. Il motivo? Semplice: per evitare di svendere, si preferisce ritirare le offerte.
Secondo quanto risulta dall’analisi dei dati raccolti dall’ufficio Sstudi di idealista, dopo lo scoppio dell’emergenza covid l’offerta di alberghi è infatti in linea rispetto all’inizio dell’anno: attualmente sono 586 le strutture in vendita, appena l’1% in meno rispetto a febbraio, quando il numero di hotel alla ricerca di un nuovo proprietario era di 591 unità.
“Oggi le aziende non hanno la convenienza a essere valorizzate perché il mercato guarda tutto ciò che ha per oggetto il prodotto turistico con estremo scetticismo e quindi si rischierebbe di venderle a prezzo di sconto”, spiega a We Wealth Roberto Necci, presidente del centro studi di Federalberghi Roma, che poi prosegue dicendo che “a differenza di un anno fa, le strutture sono valutate anche il 50% in meno”.
Al momento non c’è quindi alcuna convenienza a procedere con la vendita, mentre è meglio attendere tempi migliori. Dopo aver provato a dismettere le strutture, e quindi a venderle sul mercato, ci si è resi infatti conto dell’assoluta staticità dello stesso, per cui le aziende sono state ritirate dal mercato.
Attualmente, le regioni dove si concentrano maggiormente le strutture in vendita sono il Veneto (79), la Toscana (76) e il Lazio (71), seguite da Emilia-Romagna e Lombardia, rispettivamente con 67 e 54 hotel disponibili, per un valore complessivo che – secondo Idealista – supera i 2,3 miliardi di euro.
“In assenza di aiuti e di interventi da parte dello Stato difficilmente molte aziende potranno riaprire”, dichiara allarmato il presidente del centro studi di Federalberghi Roma. A soffrire è tutto il settore turistico alberghiero, che fra i vari comparti dell’economia è quello oggettivamente più colpito. “Del resto nelle principali città d’arte italiane l
‘incidenza dei flussi turistici internazionali sul fatturato supera abbondantemente il 70% con picchi del 90% in alcuni mesi dell’anno; flussi totalmente azzerati dal marzo del 2020: dalle rilevazioni dell’Ebtl riprese dalla Banca d’Italia si sono riscontrate, infatti, diminuzioni di arrivi di turisti internazionali superiori al 90%. Diminuzioni che hanno riguardato i bacini a più alta capacità di spesa americani, giapponesi, tedeschi, inglesi. Un vero dramma per le aziende, e conseguentemente per i lavoratori, che da sempre dipendono dai flussi che il nostro Paese è in grado di intercettare dall’estero”, prosegue Necci che poi aggiunge che aziende ferme da quasi un anno e lavoratori assistiti da ammortizzatori sociali che vengono erogati in misura molto limitata rispetto alle normali retribuzioni e con scadenze non sempre puntuali completano il quadro del dramma che gli alberghi italiani e i loro collaboratori stanno vivendo.
L’impossibilità o la limitazione degli spostamenti regionali oltre che il divieto di organizzare eventi tolgono qualsiasi alternativa di mercato agli hotel che non potranno riprendere le attività prima della normalizzazione della situazione.
Le strutture alberghiere oggi non hanno la convenienza a essere valorizzate perché il mercato guarda tutto ciò che ha per oggetto il prodotto turistico con estremo scetticismo e quindi si rischierebbe di venderle a prezzo di scontoAttualmente, le regioni dove si concentrano maggiormente le strutture…