5 bias comportamentali che distorcono le decisioni d’investimento

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Il mondo della finanza non è immune ai pregiudizi che influenzano le scelte d’investimento e per superarli è prima di tutto necessario riconoscerli. Legal & General Investment Management ne analizza alcuni, vediamoli insieme

Einstein sosteneva che la misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario, ma come fare quando non ci si rende conto della necessità di cambiare? Spesso nella vita quotidiana non riusciamo a giudicare oggettivamente quanto ci sta succedendo, essendo immersi in un pregiudizio senza neppure rendercene conto.

Se questo rappresenta un problema in generale, lo è ancora di più quando riguarda la performance finanziaria, infatti può comportare distorsioni nelle decisioni degli investitori.
Riconoscere i bias comportamentali, soprattutto quelli più comuni, non è affatto semplice, per questo Matthew Kemp, senior investment sales manager di Legal & General Investment Management (LGIM), ha provato a descriverne alcuni.

1 Bias di conferma: attenzione a fidarsi troppo delle proprie convinzioni

È naturale per gli individui avere delle convinzioni acquisite, anche in modo indiretto e prenderle come punto di riferimento. Questo però significa che anche in situazioni molto lontane da quelle a cui si è abituati, si tende a dare più valore a prove a supporto di quelle convinzioni, nonostante non sempre siano le più corrette. Questo, in finanza, porta gli investitori a ignorare informazioni molto rilevanti, solo perché lontane dal loro classico punto di vista.

Le convinzioni, soprattutto quelle più forti, non sono semplici da sradicare, quindi l’unico modo per uscire da questo circolo vizioso è quello di cambiare la propria routine. Kemp spiega che non deve essere un movimento rivoluzionario, basta partire da alcune piccole cose, a esempio informandosi e dando valore a prospettive ribassiste proprio su quei mercati in cui si ha una visione rialzista. Il consenso a volte può essere limitante, mentre le visioni contrarian potrebbero offrire grandi e interessanti opportunità.

2 Bias di memoria: il rischio di guardare solo al breve periodo

Gli eventi più recenti sono quelli che sicuramente impatteranno maggiormente il mio portafoglio, è inutile ragionare ora sul lungo periodo. Ecco questo è l’esempio perfetto di come un investitore non dovrebbe mai ragionare. Concentrarsi unicamente sul presente porta ad agire con incoscienza, avendo un forte impatto sulla percezione del rischio. L’anno appena passato può rappresentare un esempio perfetto: nel 2022 sia l’azionario che l’obbligazionario si sono mossi al ribasso, portando gli investitori focalizzati solo sul breve periodo a liquidare i loro asset. È stata una buona idea? Se guardiamo alla storia la risposta è una e molto chiara: assolutamente no. Anche con la crisi del 2008 molti investitori avevano deciso di vendere le loro azioni, ma quelli che avevano tenuto duro si sono visti arrivare un grande ritorno dell’investimento l’anno dopo, appena il mercato si è ripreso.
Il piano ottimale sarebbe quello di investire immediatamente dopo un calo significativo, ma non è sempre così semplice trovare questo momento perfetto.

3 Avversione alle perdite: conta di più ciò che si guadagna o a ciò che si perde?

“Potendo scegliere tra ricevere una banconota da 50 sterline o due, sapendo poi che una delle due andrà restituita, la maggior parte delle persone sceglierà la prima opzione, nonostante il risultato finale sia il medesimo”, questo è l’esempio proposto da Kemp che spiega il bias legato alla paura legata alle perdite.

È tutto legato alla psicologia umana, infatti le emozioni legate alla perdita hanno un impatto molto forte sulla psiche. Questo porta gli investitori ad avere un’avversione al rischio molto alta. Ed è ancora più vero oggi, dove abbiamo continuo accesso a tutte le informazioni sui nostri investimenti: più spesso si guarderà all’andamento del proprio portafoglio, più ci si focalizzerà sui rischi. Ragionando in questo modo, tuttavia, il focus sarà solo su eventi isolati e sui rischi immediati, mentre per essere investitori lungimiranti è fondamentale avere una visione più ampia e più a lungo raggio.

4 Bias egocentrico: fare tesoro dei propri errori (quali errori?)

Kemp, durante la sua carriera, ha riscontrato una caratteristica comune nella maggior parte dei clienti: questi tendono a parlare degli investimenti vincenti, ma mai di quelli cattivi. Questo rende il lavoro del consulente ancora più complicato. Molto spesso gli investitori fanno troppo affidamento sulla propria prospettiva e/o hanno un’opinione di sé più alta della realtà. Parlare degli errori non deve essere visto come un momento punitivo, bensì di crescita: partire proprio da dove si è sbagliato per prendere decisioni più adatte nel futuro.

5 Bias intergruppo: è tempo di aprire la mente

Il sociologo William Sumner ne scriveva già nel 1906: “Ogni gruppo pensa che le proprie usanze siano le uniche buone e se osserva che altri gruppi hanno altre usanze, queste provocano il suo disprezzo”.

Insomma, gli individui favoriscono tutte quelle visioni più vicine al loro gruppo di appartenenza, sminuendo quelle percepite come diverse ed esterne. Sebbene possa sembrare una tendenza ben lontana dal mondo della finanza, anche in questo caso rispecchia un comportamento specifico degli investitori. Sembra infatti che secondo alcuni si tratti di un mondo diviso a metà tra finanza attiva e passiva e che i membri di un gruppo tendano a screditare gli altri. Kemp spiega che il mondo degli investimenti si è evoluto e rimanere fermi nella convinzione che sia ancora diviso a metà potrebbe essere fuorviante. Nonostante questo non sono pochi gli investitori che continuano a vederli come due mondi lontani e non complementari.

In conclusione, Kemp osserva come nessuno possa evitare tutti i bias comportamentali, ma se ne siamo più consapevoli possiamo sperare di avere una mentalità più aperta.


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