- Quattro “forze” pesano attualmente sulle prospettive della prima economia al mondo, a partire da un potenziale aumento dell’inflazione in scia alle tensioni commerciali
- Montano: “Per quanto riguarda le obbligazioni, siamo molto positivi sul corporate europeo, in particolare sull’high yield, sia short term che long term”
Al via la settimana dell’occupazione americana. Si parte dall’indice Jolts, uno degli indicatori più seguiti dalla Federal Reserve per analizzare la tenuta del mercato del lavoro a stelle e strisce: secondo i dati del Bureau of labor statics, le offerte di lavoro sono aumentate di 374mila unità nel mese di maggio, attestandosi sui 7,76 milioni. Le attese degli economisti intercettati da Reuters ruotavano intorno a 7,30 milioni di posti vacanti. Seguirà mercoledì la variazione dell’occupazione non agricola, mentre la pubblicazione dell’atteso tasso di disoccupazione sarà anticipata a giovedì, considerata la chiusura dei mercati per il Giorno dell’Indipendenza.
“Il consensus stima la creazione di circa 120mila impieghi e un tasso di disoccupazione al 4,3%”, racconta Antonio Montano, portfolio manager di Sienna Investment Managers Italia Sgr intervenuto in occasione dell’ultima puntata di Weekly Bell, la trasmissione di We Wealth che ogni lunedì fa il punto sugli appuntamenti macroeconomici della settimana. “Ovviamente, sorprese al ribasso sono probabili”, avverte tuttavia l’esperto.
Quali “forze” pesano sull’economia americana
Le “forze” che pesano attualmente sulle prospettive della prima economia al mondo, secondo Montano, sono sostanzialmente quattro. Innanzitutto, un potenziale aumento dell’inflazione in scia alla guerra dei dazi, avviata dal presidente Donald Trump a meno di due settimane dal suo insediamento alla Casa Bianca e i cui effetti nel medio-lungo termine restano ancora da chiarire, considerate le trattative commerciali in corso. “I mercati si chiedono se possa essere eventualmente di breve periodo o se occorre attendersi un impatto più prolungato”, afferma Montano. “Poi, c’è lo stato di salute dell’economia americana. Alcuni indizi potranno arrivare proprio dai dati sull’occupazione in uscita. Per non dimenticare il debito pubblico, attualmente pari a circa il 130% del Pil. E infine le decisioni della Fed sui tassi d’interesse, che a loro volta hanno un’implicazione sull’economia statunitense”.
Fed verso un taglio da 25 punti base a luglio
Il presidente della banca centrale americana, Jerome Powell, ha recentemente ribadito che le sforbiciate al costo del denaro possono attendere. Diversi banchieri della Fed hanno indicato come possibile un primo taglio già a luglio. “Le aspettative di mercato sono in realtà per un primo taglio a settembre da 25 punti base e un secondo taglio entro la fine dell’anno, ma sarà importante monitorare i dati sul lavoro. A nostro avviso, non è da escludere già un taglio da 25 punti base in occasione della prossima riunione”, sostiene Montano. L’esperto ricorda come l’atteggiamento di Powell sia attualmente meno “data-driven” (dipendente dai dati) e più “previsional-driven” (dipendente dalle previsioni). “Se le stime dovessero rivelarsi errate, potrebbe far pagare ai cittadini americani un costo di interesse più alto troppo a lungo, con effetti a cascata su diversi settori dell’economia”, dice l’esperto.
Azioni: nuove ondate di volatilità in vista?
Intanto, le Borse europee hanno toccato i massimi dopo l’annuncio della tregua tra Israele e Iran, ribattezzata come “la guerra dei 12 giorni”. Nonostante la situazione instabile, i mercati credono che il cessate il fuoco sarà rispettato. Alla vigilia, anche Wall Street aveva chiuso in forte rialzo. Secondo Montano, non occorre attendersi ulteriori scossoni, se non di breve termine. “Abbiamo visto che i mercati finanziari riescono ad assorbire molto velocemente le turbolenze. Al massimo, potremmo assistere a una volatilità nel breve termine, ma nel medio-lungo termine non ci aspettiamo particolari impatti. Siamo positivi sui mercati”, afferma l’esperto.
Come orientare i portafogli
In uno scenario come quello attuale – tra trattative commerciali in corso e banche centrali in manovra sui tassi di interesse – l’equilibrio tra rischio e rendimento non è tuttavia facile da trovare: dipende chiaramente dall’orizzonte temporale del proprio investimento e dalla misura in cui si è disposti a tollerare l’oscillazione dei mercati. Come orientarsi dunque tra le diverse alternative? “Attualmente siamo molto positivi in primis sugli alternativi, che possono restituire rendimenti decorrelati dalle altre asset class, fornendo agli investitori un particolare beneficio in questo clima di incertezza”, dichiara Montano.
“Passando all’azionario, siamo molto positivi sull’Europa, tra tassi di interesse in calo, economia supportive, una Germania che resta il cuore industriale dell’eurozona e la nuova intesa tra i 32 paesi membri della Nato sull’aumento delle spese militari fino al 5% del Pil annuo entro il 2035”, continua l’esperto. “Sull’azionario americano, eviteremmo un po’ gli Etf, in quanto troppo esposti ai Magnifici 7 (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla, ndr), mentre ci attendiamo dei miglioramenti sui prezzi azionari delle small stock. Occhio però al rischio cambio, perché il dollaro si sta deprezzando. Per quanto riguarda le obbligazioni, siamo molto positivi sul corporate europeo, in particolare sull’high yield, sia short term che long term”, conclude Montano.