Oltre 1,5 miliardi di euro di emissioni complessive nel 2024. La conferma che il mercato italiano dei minibond sia tornato a crescere, dopo la contrazione dell’anno precedente, arriva dall’Osservatorio Minibond della School of Management del Politecnico di Milano, che sottolinea come la significativa ripresa sia stata alimentata da una maggiore partecipazione delle imprese mid corporate e dall’interesse crescente verso strumenti finanziari sostenibili. In uno scenario economico dinamico, i mercati privati e in particolare il private debt rappresentano un importante supporto alla crescita delle imprese italiane. Ne parliamo in dettaglio con Danilo Dragone, da maggio 2025 nuovo Head of Private Debt di Sella Investment Banking.
Dopo la flessione del 2023, quali sono stati i principali fattori che hanno contribuito alla ripresa nell’anno passato e come giudica l’evoluzione recente del mercato dei minibond?
“Il 2024 è stato un anno di ripresa per il mercato dei minibond, nonostante un contesto segnato ancora da incertezze economiche e geopolitiche. Rispetto agli anni precedenti c’è stata una crescente partecipazione da parte di imprese emittenti di dimensioni maggiori, che hanno scelto di utilizzare questo strumento per finanziare progetti di investimento e sviluppo. Ciò ha comportato un incremento della quota di emissioni da parte di mid corporate, in controtendenza rispetto al passato, quando il mercato era prevalentemente composto da PMI con fatturato inferiore ai 50 milioni di euro. Questo cambiamento ha avuto impatti positivi sull’intero comparto: è aumentato il taglio medio delle emissioni obbligazionarie, si è ampliata la diversificazione degli emittenti e, di conseguenza, sono cresciuti anche i volumi complessivi.
Un altro fattore chiave è stato il consolidamento degli strumenti obbligazionari Esg, che continuano a mostrare una buona capacità di attrarre interesse, sia nella forma dei green e social bond – con una destinazione vincolata dei proventi – sia nei sustainability-linked bond, legati a target misurabili di sostenibilità. In questo contesto, è essenziale adottare standard e buone pratiche cui fare riferimento, come quelli proposti dall’International Capital Market Association, per evitare rischi di greenwashing e garantire l’effettivo utilizzo dei proventi alla ricerca di un impatto ambientale e sociale positivo.
Nella nostra esperienza diretta, questi trend si sono concretizzati in numeri significativi: nel 2024 abbiamo strutturato minibond per oltre 65 milioni di euro, con un valore medio di circa 9 milioni per operazione. Più del 70% di queste emissioni erano sustainability-linked bond, a conferma di una tendenza sempre più rilevante degli strumenti di debito Esg.
Tuttavia, per favorire una vera maturazione del mercato riteniamo sarà necessario ampliare la base degli investitori. Oggi il mercato è presidiato principalmente da banche, fondi italiani di private debt e investitori istituzionali come Cassa Depositi e Prestiti. L’allargamento della platea, anche a livello internazionale, è fondamentale per lo sviluppo strutturale del settore, in linea con le prospettive della Capital Markets Union europea”.
Rilevate un cambiamento di atteggiamento da parte delle PMI italiane rispetto all’uso di strumenti di debito alternativi al canale bancario tradizionale?
“C’è un’evoluzione in atto, anche se non si possa ancora parlare di un cambiamento generalizzato. Alcune società, in particolare small e mid cap, stanno iniziando a considerare con maggiore attenzione gli strumenti alternativi al credito bancario per finanziare i propri progetti di sviluppo. L’interesse per il private debt deriva, in questi casi, da una concreta volontà di valorizzare iniziative imprenditoriali attraverso strumenti più flessibili e coerenti con i rispettivi piani industriali. Il minibond oggi non è più percepito esclusivamente come un’alternativa tecnica per raccogliere capitale fuori dal circuito bancario: è considerato una leva strategica che consente personalizzazione nella strutturazione, maggiore aderenza al piano industriale da sostenere e accesso a nuove relazioni finanziarie e istituzionali. La sua flessibilità lo rende uno strumento utile per accompagnare le imprese nella crescita organica e, soprattutto nell’ultimo periodo, nelle operazioni di acquisizione, con e senza sponsor finanziari.
In molti casi, rappresenta anche una prima apertura verso il mercato dei capitali, una porta di ingresso per operazioni successive quali l’ingresso di fondi nel capitale, la creazione di partnership industriali o, per le aziende più mature, una possibile quotazione in borsa. Certamente, la disponibilità attuale di credito bancario rende meno urgente il ricorso al private debt, ma le imprese che valutano gli effetti collaterali positivi – come una maggiore visibilità e reputazione sul mercato – lo considerano con crescente interesse”.
Quali sono le caratteristiche distintive che rendono i minibond uno strumento attrattivo per le PMI?
“Rispetto a soluzioni tradizionali di finanziamento, gli elementi distintivi del minibond sono certamente la flessibilità nella struttura e la possibilità di personalizzare l’operazione in funzione delle esigenze specifiche dell’impresa. Ma vi è di più. Attraverso il minibond, le aziende emittenti possono accedere a una platea di investitori istituzionali complementari con il ceto bancario, ampliando così il proprio ecosistema di partner finanziari. Il beneficio strategico di tale approccio allo strumento è ulteriormente rafforzato in caso di quotazione dei titoli di debito emessi su mercati regolamentati o MTF, permettendo di strutturarsi organizzativamente per adeguarsi alle best practice richieste dal mercato e comunicare in maniera più efficace la propria storia imprenditoriale.
Un ulteriore vantaggio riguarda la diversificazione delle fonti di finanziamento. In un contesto potenzialmente instabile, con rischi legati, a titolo di esempio, a restrizioni improvvise nel credito bancario dovute a fattori geopolitici o ai processi di consolidamento tra diversi istituti, può rivelarsi decisivo avere già stabilito un canale di finanziamento alternativo. Disporre di una rete consolidata di relazioni con investitori istituzionali consente all’impresa di affrontare eventuali tensioni creditizie con maggiore resilienza”.
E dal punto di vista settoriale? Quali sono oggi i comparti che ricorrono più frequentemente ai minibond?
“Il settore manifatturiero resta il principale protagonista del mercato dei minibond, riflettendo il suo ruolo centrale nel tessuto produttivo italiano. Nell’ultimo anno, abbiamo assistito ad un aumento delle emissioni da parte di aziende nel settore delle costruzioni, incluse quelle coinvolte in progetti infrastrutturali, e con un portafoglio crescente di commesse da finanziare, in parte grazie agli investimenti previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Anche il settore dei servizi e del commercio è in crescita, con un interesse sempre maggiore da parte di aziende industriali impegnate nella transizione energetica. Parliamo di progetti che riguardano l’efficientamento dei processi produttivi, l’adozione di energie rinnovabili o la sostituzione di impianti con tecnologie a basso impatto ambientale. Nonostante il tema Esg sembri oggi meno percepito rispetto al passato, riteniamo che, in una visione di medio-lungo periodo, resti centrale nella valutazione strategica delle imprese e delle rispettive filiere.
In qualità di arranger, promuoviamo l’adozione di buone pratiche Esg non come mero adempimento normativo, ma come opportunità per valorizzare l’impatto positivo delle proprie attività sul piano sociale e ambientale”.
Guardando al futuro, quali settori ritiene saranno protagonisti dell’evoluzione del mercato dei minibond? Vede emergere nuove aree di applicazione oltre a quelle già consolidate?
I settori manifatturiero, industriale e dei servizi continueranno ad utilizzare i minibond per finanziare progetti di crescita. Tuttavia, aziende ICT e tech stanno mostrando crescente interesse. Molte di queste realtà in forte sviluppo potrebbero beneficiare di strutture di private debt per supportare la crescita organica o programmi di consolidamento e aggregazione tramite M&A. In un settore come quello dell’ICT, caratterizzato da frequenti acquisizioni e da cicli evolutivi rapidi, il minibond può essere lo strumento ideale per finanziare programmi di corporate acquisition financing, con una struttura efficiente e tailor-made sul piano industriale“.
Registrate un interesse crescente verso il private debt da parte degli high-net worth individual o degli investitori internazionali?
“Attualmente, la partecipazione degli HNWI e degli investitori privati professionali nel mercato dei minibond è ancora limitata. Questo rappresenta uno degli aspetti che certamente devono essere affrontati per far compiere al settore un vero salto dimensionale. Coinvolgere questi investitori, italiani e internazionali, sarebbe altamente auspicabile, soprattutto perché molti dispongono, oltre ai capitali, anche di competenze necessarie per valutare strumenti meno liquidi e più sofisticati come i minibond.
Come Sella Investment Banking, abbiamo già avuto l’opportunità di aprire alcune emissioni a investitori professionali, sempre in mercati ben definiti e con le necessarie cautele. Questo settore, attualmente poco esplorato, potrebbe offrire numerose opportunità, soprattutto se supportato da adeguati meccanismi di protezione e da un’efficace attività di selezione e strutturazione”.