- La “Sahm Rule” sostiene che quando la media mobile a tre mesi del tasso di disoccupazione aumenta almeno dello 0,5% dal livello più basso degli ultimi 12 mesi, l’economia americana entra in recessione
- Benetti (Gam Italia): “Powell a Jackson Hole è stato molto esplicito nel legare le mosse della banca centrale all’andamento del mercato del lavoro. Ecco perché i dati di questa settimana sono particolarmente attesi”
Dopo la violenta caduta di inizio agosto, i mercati sono rapidamente tornati ai livelli pre-correzione. Gli investitori hanno ricominciato a credere nella narrativa di un atterraggio morbido dell’economia, allontanando i timori di recessione innescati dai deboli dati sull’occupazione americana. E se si fossero sbagliati? Per provare a rispondere a questa domanda arriva in soccorso la cosiddetta “Sahm Rule”, indicatore ideato nel 2019 dall’economista ed ex membro della Federal Reserve, Claudia Sahm.
Sahm Rule: cos’è
In sostanza, la regola sostiene che quando la media mobile a tre mesi del tasso di disoccupazione aumenta almeno dello 0,5% dal livello più basso degli ultimi 12 mesi, l’economia americana entra in recessione. Per dimostrarne la veridicità, Visual Capitalist ha analizzato come l’indicatore del mercato del lavoro a stelle e strisce abbia superato quella soglia praticamente durante tutte le recessioni del passato. Eccetto una: come evidenziato nella tabella sottostante, solo nel 1959 la Sahm Rule si è infatti “attivata” quando l’economia statunitense non era ancora in recessione; recessione tuttavia verificatasi appena cinque mesi dopo.
Fonte: Visual Capitalist sui dati Bank of America e Federal Reserve
Da sottolineare che il tasso di disoccupazione effettivo di solito non conta. A influenzare maggiormente la dinamica della recessione è infatti la variazione rispetto al livello più basso degli ultimi 12 mesi. Ciò può essere attribuito a fattori demografici che influenzano il tasso di disoccupazione nel tempo, come l’invecchiamento della popolazione. In più, il tasso di variazione può innescare una repentina evoluzione delle dinamiche economiche; un maggior numero di lavoratori disoccupati può di fatto indebolire la domanda dei consumatori, causando a sua volta a un aumento della disoccupazione.
Usa, recessione sì o no?
Ma cosa ci dice la Sahm Rule sulla situazione attuale? Secondo Visual Capitalist, sebbene il tasso di disoccupazione si sia avvicinato ai minimi storici all’inizio dello scorso mese facendo scattare la Sahm Rule, è aumentato a causa della natura dell’attuale forza lavoro statunitense. Più precisamente, l’aumento della disoccupazione è dovuto a un’espansione del bacino di manodopera, in gran parte generata dai lavoratori emigrati negli Stati Uniti che non hanno ancora trovato un’occupazione. Al contrario, nelle precedenti recessioni l’incremento del tasso di disoccupazione era alimentato principalmente dai licenziamenti.
“L’aumento della disoccupazione negli Stati Uniti è dovuto a un’eccessiva debolezza dell’indagine sull’occupazione, incoerente con una serie di altri indicatori sul mercato del lavoro”, sostiene a sua volta il team degli economisti di Schroders. “Quest’ultimi segnalano infatti un raffreddamento delle condizioni, piuttosto che un crollo”. Per il futuro, il ritorno delle assunzioni e della crescita dei salari a un ritmo più usuale, insieme all’ulteriore disinflazione e al miglioramento della disponibilità del credito, dovrebbe fornire un sostegno per solidi consumi delle famiglie e di conseguenza per l’attività economica in generale. “Pertanto, il nostro scenario di base rimane quello di un’economia statunitense in grado di evitare una recessione e che realizzerà un atterraggio morbido”, rassicurano gli economisti.
Verso i dati sul lavoro Usa
L’appuntamento cruciale della settimana in corso sarà ad ogni modo quello di venerdì, con i dati sul mercato del lavoro americano. Stando alle stime di Markets 360, la divisione di Bnp Paribas dedicata all’attività di ricerca e analisi sui mercati, il tasso di disoccupazione scenderà al 4,2%. Uno scenario di questo tipo, secondo i ricercatori, sarebbe coerente con un taglio della Federal Reserve di 25 punti base a settembre. Tuttavia, qualsiasi segnale in merito al fatto che l’apparente debolezza del mercato del lavoro di luglio si sia accentuata ad agosto, potrebbe giustificare una sforbiciata da 50 punti base. Un’estrema sorpresa al ribasso darebbe insomma al mercato più spazio per prezzare una Fed molto più aggressiva nei prossimi trimestri.
La direzione dei tassi di interesse
“I dati sugli occupati e sui nuovi posti di lavoro negli Stati Uniti sono cruciali per rassicurare i mercati sul fatto che la più grande economia mondiale continua ad andare verso un atterraggio morbido e non verso una recessione”, aggiunge César Pérez Ruiz, head of investments & cio di Pictet wealth management. “I recenti dati sulla crescita e sull’inflazione hanno suggerito un minor rischio di recessione. Gli operatori del mercato, che hanno accolto positivamente le parole accomodanti di Jerome Powell a Jackson Hole, sono ora in attesa di vedere cosa effettivamente accadrà”, continua Ruiz. Pictet wealth management prevede che la Fed attuerà tre tagli da 25 punti base quest’anno, a partire da questo mese.
In definitiva, come ricordato nell’ultima puntata di Weekly Bell da Carlo Benetti, market specialist di Gam Italia, non sono più le paure di un recupero dell’inflazione a occupare la mente degli operatori ma proprio la tenuta dell’economia statunitense. “La Fed è impegnata a mantenere l’economia americana nello stretto sentiero tra il contenimento dell’inflazione e l’evitare la recessione o un’eccessiva disoccupazione”, afferma Benetti. “Powell a Jackson Hole è stato molto esplicito nel legare le mosse della banca centrale all’andamento del mercato del lavoro. Ecco perché i dati di questa settimana sono particolarmente attesi: non ci si chiede più se la Fed interverrà a settembre, ma quale sarà l’entità dell’intervento. E se i prezzi indicano il tradizionale taglio di 25 punti base, c’è un 30% di probabilità che possa essere di 50 punti”.