Lo studio ha coinvolto 15 paesi, tra cui Regno Unito, Canada e Australia (tre dei membri di Five eyes, l’alleanza di sorveglianza che comprende anche Nuova Zelanda e Stati Uniti)
Secondo i ricercatori, è improbabile che Pechino possa eguagliare le capacità informatiche statunitensi nel prossimo decennio
“Gli Stati Uniti hanno costruito il loro dominio nel cyberspazio dalla metà degli anni ’90”, racconta Greg Austin, senior fellow for cyber, space and future conflict dell’istituto. “Il loro potere è amplificato da reti di condivisione dell’intelligence altamente sofisticate, anche con i partner di Five eyes e altri alleati come Francia e Israele”. Tuttavia, precisa, “non possono essere soddisfatti della loro posizione di leader. E il modo in cui affronteranno la crescente forza dell’economia digitale cinese sarà decisivo per il futuro equilibrio del potere informatico”. La Cina, dal canto proprio, “ha compiuto progressi significativi nel rafforzare le proprie competenze dal 2014, ma non abbastanza”, ammette appunto Austin.
Secondo il rapporto, dunque, è improbabile che Pechino possa eguagliare le capacità informatiche statunitensi nel prossimo decennio. Parallelamente, le economie avanzate godono spesso di significativi vantaggi su questo fronte, grazie anche alla capacità di attirare capitale di rischio e competenze tecnologiche che consentirebbe alle imprese digitali di prosperare (un fattore a sua volta vitale per lo sviluppo del cyber power nazionale). “Stati autoritari come Cina, Russia, Iran e Corea del Nord, se la passano peggio in termini relativi, nonostante investimenti statali spesso significativi”, continua Austin. “Ciascuno di essi talvolta pratica forme di isolamento tecnologico limitando la propria dipendenza dai paesi stranieri, come per i microchip e i sistemi operativi fabbricati negli Stati Uniti”, spiega l’esperto, sottolineando come questa spinta verso la sovranità digitale a sua volta argini il flusso verso l’interno di capitali e talenti, limitandone conseguentemente anche la capacità informatica.
Sulla base di questo scenario, dunque, solo gli Stati Uniti sono classificati come potenza cibernetica di “livello superiore” dal gruppo di esperti. Cina, Russia, Regno Unito, Canada, Australia, Francia e Israele seguono al secondo livello, mentre il terzo livello comprende India, Indonesia, Giappone, Malesia, Corea del Nord, Iran e Vietnam. C’è però anche un altro lato della medaglia da considerare, secondo Robert Hannigan, ex direttore del Government communications headquarters (l’agenzia governativa britannica che si occupa della sicurezza, nonché dello spionaggio e controspionaggio, nell’ambito delle comunicazioni, ndr) intervistato dal Financial Times. “Sebbene sia vero che la sicurezza informatica è meno sviluppata in Russia e in Cina, questi due paesi ne hanno bisogno meno urgentemente delle economie occidentali. La minaccia non è simmetrica”, spiega. Inoltre, stando a quanto dichiarato da Hannigan, mentre la Russia è consapevole del fatto che l’Occidente non prenderebbe di mira indiscriminatamente le sue infrastrutture critiche civili in modo distruttivo, le agenzie russe “hanno la licenza per essere avventate”. Un aspetto che, conclude, “richiede livelli più elevati di sicurezza informatica in Occidente”.