L’Euro Stoxx 600 il 21 marzo ha recuperato le perdite post-invasione, ritornando sui livelli del 21 febbraio.
L’S&P 500 viaggia, alla chiusura di venerdì 18 marzo, su del 3,68% rispetto al 22 febbraio, mentre il Nasdaq è avanzato complessivamente del 3,83%
Dopo un forte contraccolpo, seguito all’invasione russa dell’Ucraina il 24 febbraio scorso, oggi, 21 marzo, i maggiori indici azionari hanno recuperato tutte le perdite superando i livelli di un mese prima – quando la guerra era ancora uno scenario ritenuto possibile, ma poco probabile.
L’Euro Stoxx 600, l’indice di riferimento per le azioni europee, le più direttamente colpite dalle sanzioni alla Russia per via dei forti rincari energetici che ne sono derivati, il 21 marzo ha recuperato le perdite post-invasione, ritornando sui livelli del 21 febbraio. I listini americani hanno abbondantemente superato la quota raggiunta un mese fa: l’S&P 500 viaggia, alla chiusura di venerdì 18 marzo, su del 3,68% rispetto al 22 febbraio, mentre il Nasdaq è avanzato complessivamente del 3,83%. Nel frattempo, la Federal Reserve ha proceduto come previsto al primo rialzo dei tassi, mettendone in conto altri sei nel corso del 2022.
La nota stonata, in questo concerto di recupero, proviene da Piazza Affari che, al 21 marzo, si trova ancora giù del 6,25% rispetto a un mese prima, a causa del forte impatto subito dal comparto bancario e dall’esposizione (pur gestibile) di Unicredit e Intesa Sanpaolo alla Russia.
La forza del buy-the-dip sembra aver sconfitto, ancora una volta, i timori ribassisti. Per quanto riguarda i presupposti sul fronte geopolitico questa reazione non può che far pensare a un accordo di pace fra Ucraina e Russia che permetta alle parti di evitare l’estensione del conflitto su altri territori europei. La Nato non ha accettato le richieste di coinvolgimento in una no fly zone sui cieli ucraini e lo stesso presidente Zelensky ha ritrattato le sue precedenti posizioni, ammettendo che il Paese non cercherà più l’adesione all’alleanza atlantica.
Sono presupposti sufficienti a giustificare il ritorno al rischio sui mercati? Probabilmente un altro elemento ha dato forza a questa decisione: il declino dell’attrattiva dei bond e dello stesso oro, in un contesto di tassi d’interesse che cresceranno, probabilmente, con un ritmo ancor più spedito del previsto nei prossimi mesi. Se si escludono gli scenari da Terza guerra mondiale, quella azionaria resta la migliore alternativa disponibile, anche in un contesto di crescita globale decisamente peggiore rispetto a quello di un mese fa.
Il quadro rappresentato dall’indice Fear & Greed compilato dalla Cnn resta ancora contraddittorio. Un singolo indicatore, piuttosto rivelatore, indica un’estrema avidità: la performance relativa delle azioni sui bond è stata la migliore degli ultimi due anni nelle ultime 20 sedute al 17 marzo. L’indice Vix, che rappresenta quanto i trader si stiano proteggendo dai ribassi dell’S&P 500 nei prossimi 30 giorni è tornato a 24,54 punti, un livello elevato in termini assoluti ma nettamente più basso rispetto a quello pre-invasione.
Questi elementi, uniti al recupero azionario, sembrano indicare una schiarita nel sentiment degli investitori. Oltre agli sviluppi sul terreno della crisi ucraina, nei prossimi mesi sarà soprattutto la robustezza dell’economia di fronte agli aumenti dei tassi ad essere oggetto di analisi da parte degli investitori, nella speranza che quanto affermato dalla Federal Reserve si riveli corretto: ossia che i bilanci delle famiglie e la forza del mercato del lavoro continuino a sostenere l’attività economica anche con tassi d’interesse più elevati.