L’integrazione tra Ubs e Credit Suisse avanza. Sei mesi fa, il primo luglio, si è conclusa la fusione tra le due entità svizzere, Ubs Switzerland AG e Credit Suisse SA, che ha portato alla cancellazione della seconda dal registro di commercio del Canton Zurigo.
La migrazione delle attività della clientela verso la piattaforma di Ubs avverrà per gran parte nel corso del 2025, in modo graduale. E lo stesso avverrà presumibilmente anche negli altri Paesi dove i due giganti svizzeri coesistevano prima dell’acquisizione annunciata il 19 marzo del 2023 (leggi). Operazione che ha riportato Sergio Ermotti al timone della prima banca di Zurigo.
Ubs in Italia: i numeri
“Ubs ha fatto nel mondo e in Italia la sua più grande acquisizione”, ricorda Giovanni Ronca, responsabile del wealth management di Ubs in Italia, che oggi conta su una struttura di 96 banker dipendenti e 11 tied agent, per un totale di 30 miliardi gestiti nel nostro Paese tra Ubs Europe SE – Succursale Italia e Ubs Fiduciaria.
“Siamo il primo player non italiano del wealth management, la rilevanza strategica della Penisola per il gruppo è fuori discussione”. Il processo d’integrazione si dipana in un momento cruciale anche per l’evoluzione del quadro normativo: pensiamo alla Retail Investment Strategy (leggi), il cui iter dovrebbe concludersi nel 2025, non prima del secondo trimestre, con la pubblicazione della nuova direttiva comunitaria.
Tecnologia e mercati privati nel futuro di Ubs
“Non mi preoccupa per niente”, rassicura Ronca: “Un’organizzazione come Ubs, che lavora su scala globale, ha già sperimentato evoluzioni simili in altri mercati. Il tema della trasparenza, per altro, è da sempre presidiato con grande attenzione.
Qui, la scala è fondamentale. Più sei grande, meno i cambiamenti ti spaventano, perché hai le risorse per affrontarli, investire e minimizzare i rischi”. A proposito della Ris, intanto, vale la pena sottolineare che Ubs è una delle poche realtà private che in Italia è già operativa con un modello fee only per il servizio consulenza, accanto a quelli tradizionali basati sulle sole retrocessioni e sulla fee on top.
“Sono tre i principali fattori competitivi nel wealth”, dice il top manager: “IT, prodotti e banker. Gli investimenti tecnologici richiedono – di nuovo – una certa scala. Pensiamo all’intelligenza artificiale (guarda l’evento organizzato da We Wealth in collaborazione con Accenture): se guardiamo avanti, solo alcune organizzazioni avranno le capacità d’investimento per competere con i grandi player americani. Noi sul piano dell’IA generativa non puntiamo a essere soggetti disruptive: i pilastri del nostro modello sono stabilità e fiducia. Ma continuiamo a investire nella tecnologia: nei prossimi tre anni realizzeremo l’implementazione di nuove piattaforme digitali nei diversi mercati”.
Ubs e la presenza sul territorio
Il secondo fattore competitivo è rappresentato dai prodotti: “Pensiamo alle gestioni patrimoniali: anche qui la scala è imprescindibile: avere un team che conta 900 analisti e specialisti sparsi in tutto il mondo consente di avere una conoscenza profonda dei mercati locali, che poi viene messa a fattor comune per rendere le nuove idee d’investimento accessibili ai clienti. Chi ha una dimensione locale, fa più fatica”. Un altro capitolo da non trascurare è quello dei mercati privati che “saranno sempre più importanti nei prossimi anni”. È vero che gli ultimi due anni hanno rappresentato una fase interlocutoria.
“Ma storicamente i migliori vintage per il private equity e il private debt si sono manifestati dopo uno shock di mercato”. Parlando di asset illiquidi, bisogna però fare delle scelte (guarda il III Forum dedicato ai Private Market organizzato da We Wealth). “Ai clienti e ai banker piacciono i club deal. Noi preferiamo percorrere una strada diversa, dando un accesso privilegiato a opportunità selezionate attraverso i co-investimenti”. Infine, il terzo fattore chiave.
“La qualità dei banker. Qui bisogna trovare un equilibrio tra la “milanesità” della banca e la prossimità geografica, necessaria per potersi sedere al fianco dei clienti Hnwi e intercettare i momenti strategici di discontinuità. Siamo presenti in altre nove città: Brescia, Bologna, Firenze, Modena, Napoli, Padova, Roma, Torino e Treviso. Da questo punto di vista Ubs è molto più italiana di quanto ci si aspetterebbe”. Emilia Romagna e Triveneto “sono aree particolarmente interessanti. Vogliamo investire di più in alcune città e qui cerchiamo i team di banker che conoscono meglio e in profondità il territorio”.
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