Il possesso di immobili in Svizzera tramite una struttura societaria di diritto svizzero ha permesso di verificare l’interpretazione della nostra Agenzia delle entrate sugli effetti fiscali nei confronti di proprietari residenti italiani.
Il caso affrontato in un recente interpello dall’Agenzia delle entrate, infatti, consente di effettuare talune considerazioni e valutazioni circa le conseguenze fiscali derivanti dal possesso di beni immobili all’estero. E questo non solo dal punto di vita di chi si ritrova a ereditare un patrimonio immobiliare – come nel caso contenuto nell’istanza di interpello – ma anche da quello di chi si trova a scegliere con quale struttura è più conveniente investire nell’ottica di un residente in Italia.
Come premessa di carattere generale si ricorda che gli immobili detenuti all’estero e quelli detenuti in Italia da una persona fisica ivi residente danno origine a due distinte categorie reddituali secondo la classificazione del Testo unico: i primi – immobili esteri – producono redditi diversi, i secondi – immobili italiani – generano redditi fondiari.
L’imposizione applicabile poi durante il periodo di detenzione degli immobili prevede una concorrenza tra gli Stati coinvolti: quello di ubicazione degli immobili, secondo la nota regola del locus rei sitae e quello di residenza del possessore, in base al criterio di world-wide taxation. Non si verificherà, però, una doppia tassazione, dal momento che lo Stato di residenza concederà un credito per le imposte pagate all’estero a titolo definitivo sulla medesima componente reddituale e fino a concorrenza della quota di imposta italiana attribuibile. C’è da aggiungere, inoltre, che, sempre con riferimento all’imposizione del reddito percepito durante il periodo di detenzione degli immobili esteri, lo stesso è soggetto a tassazione Irpef sull’importo netto così come considerato dallo Stato estero nel medesimo periodo di imposta e secondo la disciplina fiscale locale; se, al contrario, lo Stato estero non prevede alcuna tassazione su detto reddito, lo stesso sconterà la tassazione in Italia sempre ai fini Irpef dopo aver applicato una riduzione forfetaria del 15% (maggiore rispetto a quella del 5% ammessa per gli immobili situati in Italia).
Gli aspetti più interessanti coinvolgono però il momento della vendita degli immobili ed è proprio di questa fase che si è occupata la risposta dell’Agenzia delle entrate, nel particolare caso, peraltro non così infrequente, del conferimento di quote indivise di un patrimonio immobiliare detenuto in Svizzera attraverso una struttura societaria.
Secondo la regola generale, la plusvalenza realizzata tramite cessione a titolo oneroso di beni immobili posseduti da più di cinque anni – o ricevuti per successione ereditaria – non è tassata in Italia, anche con riferimento agli immobili esteri.
L’elemento caratterizzante dell’interpello n. 350/2021 consisteva proprio nel fatto che, da un lato, la società era destinata a consentire il semplice godimento degli immobili senza risultare in alcun modo titolare diretta dei medesimi, dall’altro lato, la titolarità spettava ai comproprietari/soci i quali erano gli unici a poterne disporre.
Pertanto, una delle principali criticità, era rappresentata dalla natura del reddito derivante dal trasferimento e dal conseguente trattamento fiscale: plusvalenza derivante da cessione immobiliare, e quindi esenzione da Irpef per possesso ultra-quinquennale, o capital gain realizzato su quote sociali, e quindi tassazione come reddito di capitale con aliquota al 26%?
Ebbene, nel presupposto che i soci siano in realtà i titolari dei beni immobili a tutti gli effetti, l’Agenzia delle entrate ha accettato la prima ipotesi: esenzione da Irpef in quanto, in virtù delle disposizioni del Testo unico in materia di redditi diversi, il possesso ultra-quinquennale non sconta imposizione in Italia.
Tenuto peraltro conto che il trasferimento del compendio immobiliare sarebbe stato realizzato mediante un conferimento a favore di una società di capitali, e non tramite una compravendita con un documentato prezzo di cessione, l’Agenzia delle entrate ha chiarito pure un ulteriore dettaglio: il valore di riferimento sia per la determinazione della plusvalenza, sia per il costo fiscale riconosciuto delle partecipazioni nella società di capitali ricevute in cambio, è da determinarsi non già prendendo in considerazione l’importo definito dalla legge locale elvetica, ma assumendo quello derivante dall’applicazione della disciplina italiana, ovvero il valore normale dei beni immobili.