Alla fine del 2022 la maggioranza dei gestori preveda che le azioni sarebbero scese, a causa dell’inasprimento monetario in corso e della probabile recessione che ad esso sarebbe seguita. Niente di tutto questo si è verificato, grazie a un’economia forte e al boom dell’AI che ha trainato le Borse a un inaspettato recupero.
Con queste premesse sballate, non era particolarmente facile per i gestori battere i rispettivi indici. Infatti l’84% dei fondi azionari globali non è riuscito a superare il riferimento, l’S&P World Index, nel corso del 2023. Il bilancio sui risultati dei fondi azionari attivi è arrivato con la pubblicazione del rapporto Spiva realizzato ogni anno da S&P per verificare quanti gestori siano effettivamente riusciti a battere i rispettivi benchmark.
Con la super performance di Piazza Affari (33,4%) battere l’indice per i fondi azionari italiani è stato pressoché impossibile: il 98% ha fallito il compito. Una percentuale pari o superiore al 90% di fondi azionari che non ha battuto i benchmark si è poi osservata in Francia, Svezia, Spagna e Danimarca. Per i fondi azionari focalizzati sugli Usa denominati in euro la percentuale che non è riuscita battere l’S&P 500 scende al 66% – comunque una “sconfitta” complessiva per i gestori attivi.
Sovraperformano pochi grandi titoli: questo non aiuta i fondi attiva
Il positivo andamento delle Borse si è accompagnato a quella che nel gergo statistico si chiama dispersione, un contesto che, sulla carta, dovrebbe aiutare i gestori a battere gli indici. Immaginando per estremo che tutte le azioni dell’indice registrino la medesima performance, sarebbe impossibile battere il mercato. Quando la dispersione è elevata, invece, le migliori azioni ottengono performance nettamente superiori alla media: per se si riesce a posizionare il portafoglio su questi “cavalli vincenti” diventa relativamente più facile battere gli indici, almeno sulla carta.
“Sebbene la volatilità degli indici sia rimasta relativamente bassa durante l’anno, ci sono state sicuramente opportunità per i gestori attivi di trovare fonti di rendimenti superiori al mercato tra paesi, titoli e settori”, afferma S&P, infatti, “la dispersione a livello di singoli titoli nell’S&P World Index ha registrato una media annualizzata di quasi il 25% nei 12 mesi del 2023, ben al di sopra dei livelli della maggior parte degli anni 2010, mentre la dispersione settoriale è aumentata al livello più alto degli ultimi dieci anni”.
Inoltre, nel 2023 sono state ancora una volta le azioni a grande capitalizzazione a fare il grosso delle performance, contribuendo a concentrare sempre di più gli indici. Questo fenomeno di “gigantismo” delle principali aziende in teoria potrebbe aiutare i gestori a investire nei titoli di maggior successo e battere l’indice. D’altro canto, la concentrazione aumenta il rischio di dipendere troppo da un numero limitato di società.
Tutto questo ribalta “la proposta di valore dei fondi azionari gestiti attivamente” che “è spesso la loro capacità di guardare oltre le aziende blue-chip che ricevono pesi significativi nei principali indici popolari”, ha affermato S&P, “tuttavia, se proprio quei nomi di maggiori dimensioni arrivano a rappresentare una quota significativa del benchmark e continuano a sovraperformare, pochi fondi gestiti attivamente potrebbero riuscire a tenere il passo, a meno che non abbiano un’allocazione consistente in essi”.
Migliori chance sui bond, ma è sempre dura
Come ricordato in un precedente articolo, le chance di vittoria dei fondi obbligazionari attivi sono generalmente migliori rispetto ai fondi azionari. Nel solo 2023, comunque, solo i fondi specializzati in corporate bond sono riusciti a battere in maggioranza il proprio benchmark, con una percentuale di sottoperformance ridotta al 23,58%. Per gli obbligazionari societari europei, la percentuale sale al 53% – il che indica una quasi parità fra fondi obbligazionari che hanno superato l’indice di riferimento e quelli che non ci sono riusciti; mentre i governativi Europa che hanno fallito questa missione sono stati l’81%. L’orizzonte degli ultimi tre anni risulta il più favorevole per i fondi obbligazionari attivi, con una percentuale che è riuscita a battere l’indice di riferimento più del 50% dei casi.
Anche se le probabilità di battere gli indici di riferimento sono superiori per i fondi obbligazionari rispetto agli azionari, nessuna categoria di fondo obbligazionario è riuscita a mantenere una probabilità favorevole alla sovraperformance nell’orizzonte degli ultimi 5 o 10 anni.