“Molto è stato già fatto. Ma dobbiamo fare di più.” Il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, commentando la prima riunione europea dedicata esclusivamente alla difesa, ufficializza una svolta che è già nei numeri degli ultimi due anni. Rispetto al 2021, l’ultimo anno precedente all’invasione russa dell’Ucraina, la spesa militare totale degli stati Ue è salita del 30%, arrivando a 326 miliardi. Di questa cifra, quasi un terzo è rappresentato solo dagli investimenti. L’incontro, che ha coinvolto anche il Regno Unito e i vertici della Nato, potrebbe preparare il terreno a un innalzamento dei target minimi sulla spesa militare, che nella media Ue ha già raggiunto l’obiettivo del 2% del Pil.
“Nella discussione di oggi, un’attenzione particolare è stata data alla difesa aerea e missilistica, ma anche a missili e munizioni, mobilità militare e strumenti strategici abilitanti”, ha dichiarato Costa nella conferenza stampa successiva al meeting. “Il rafforzamento dell’industria europea della difesa deve essere al centro di questo sforzo: dobbiamo produrre più capacità di cui abbiamo bisogno e farlo più rapidamente.”
Per rafforzare l’idea che questo genere di investimenti possa avere ricadute sociali positive immediate, il Consiglio europeo ha sottolineato nella sua nota come “l’aumento degli investimenti nella difesa rafforzerà la competitività economica complessiva dell’Ue e contribuirà alla creazione di posti di lavoro e alla prosperità, sia per le imprese che per i cittadini”. Già nel 2023 il fatturato delle imprese europee del settore aveva registrato un aumento del 16,9%, che potrebbe preludere a una rinnovata domanda di lavoro proprio nell’industria bellica.
I mercati hanno colto da diverso tempo la trasformazione delle priorità europee, investendo fortemente sui titoli del settore difesa. Dal 23 marzo 2022 al 3 febbraio 2024, il lasso di tempo successivo all’invasione dell’Ucraina, l’indice Stoxx Defence ha guadagnato oltre il 117%, contro il 17,7% dell’indice di riferimento europeo Stoxx 600. All’interno del gruppo di azioni fortemente influenzate dal cambio di rotta politico spiccano la tedesca Rheinmetall, specializzata in mezzi corazzati (+405% nel periodo in esame), e l’italiana Leonardo (+300%).
“Negli ultimi cinque anni, i due migliori titoli dello Stoxx 600 sono proprio aziende della difesa: la norvegese Kongsberg (+815%) e la tedesca Rheinmetall (+674%). Quest’ultima è oggi la società più performante della Germania: negli ultimi tre anni nessuna azione ha guadagnato tanto quanto quella del colosso di Düsseldorf”, commenta a We Wealth il market analyst di eToro, Gabriel Debach. “Ma il cambiamento è anche culturale: se prima il settore veniva guardato con scetticismo, oggi il cancelliere tedesco presenzia alle inaugurazioni delle fabbriche Rheinmetall e, per la prima volta, un produttore di armamenti sponsorizza una squadra di Bundesliga, il Borussia Dortmund.”
La domanda, per chi investe, è se questo settore avrà o meno la possibilità di proseguire una corsa già consolidata. “Nel 2024, si stima che la Nato europea e il Canada abbiano aumentato la spesa per la difesa di quasi il 18% rispetto all'anno precedente e che, allo stesso modo, la spesa per i grandi equipaggiamenti sia aumentata di oltre il 36%”, ha detto a We Wealth Tom Bailey, Head of ETF Research di HANetf. “Ciononostante, la crescita della spesa per la difesa nel continente è appena iniziata: le discussioni di lunedì a Bruxelles sottolineano proprio questo cambiamento di paradigma nella politica di difesa europea, dopo decenni di spese insufficienti.”
Il presidente americano Donald Trump aveva dichiarato, a pochi giorni dall'insediamento, che avrebbe voluto portare il target minimo di spesa per i membri Nato dal 2 al 5% del Pil. Un messaggio il cui sottotesto, ha affermato Bailey, è che l'Europa si faccia carico di una quota maggiore della propria sicurezza. Come lo stesso presidente del Consiglio europeo ha sottolineato, le discussioni politiche si sono spostate dal “se” al “come” l'Europa incrementerà le spese militari.
“L'eventuale tendenza a coinvolgere la Bei (Banca europea per gli investimenti) per le spese di difesa segnerebbe un cambiamento importante nella politica finanziaria europea, che potrebbe avere implicazioni a lungo termine per l'industria della difesa”, ha affermato Bailey. “Gli investitori dovrebbero, quindi, prestare attenzione. Il riarmo dell'Europa non è solo una necessità geopolitica, ma anche un tema di investimento che sta prendendo sempre più piede, tanto è vero che un numero sempre maggiore di investitori europei ne è interessato e attratto.”
“Quello di ieri era solo un incontro informale, ma le prossime tappe – tra marzo e giugno – saranno decisive, soprattutto con il Libro Bianco sulla Difesa, che punta a rafforzare le economie di scala”, ha affermato Debach. “L’Europa non può permettersi di rimanere indietro. Le richieste di Trump di portare la spesa militare al 2% del Pil non sono un ricatto, ma il rispetto degli accordi. E il nuovo obiettivo del 5%, paventato dallo stesso Trump e dal segretario Nato, Mark Rutte, lascia pochi dubbi sulla direzione da prendere. Il mercato ha già preso posizione: qualunque sia l’esito, il settore della difesa resta sotto i riflettori.”