È una fattispecie intermedia tra il modello societario for profit, dal quale si ricavano gli obiettivi di economicità ed efficienza che devono necessariamente ispirare l’attività imprenditoriale, e il modello not for profit, del quale fa proprio il perseguimento della pubblica utilità
L’attività di governance si complica notevolmente nel momento in cui per la società benefit diventa essenziale la ricerca di nuove modalità di efficienza
Con un recente studio, n. 121-2022/I, dal titolo L’evoluzione normativa in tema no-profit: la “società benefit”, il Consiglio nazionale del notariato ha reso chiarimenti in materia di società benefit.
Più in particolare, come specificato nel documento, la “società benefit” si caratterizza per la peculiarità della propria attività economica, destinata a venire incontro alle istanze sociali in generale, rilanciando il no-profit.
Si tratta dunque di una società che intende perseguire una o più finalità di beneficio comune, assumendo i tratti di un modello destinato ad attività a sfondo sociale, incrementando le ricadute sociali positive sulle persone e sull’ambiente.
Integra, quindi, una fattispecie intermedia tra il modello societario for profit, dal quale si ricavano gli obiettivi di economicità ed efficienza che devono necessariamente ispirare l’attività imprenditoriale, e il modello not for profit, del quale fa proprio il perseguimento della pubblica utilità.
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La società benefit è un modello
Come chiarito dall’autore del documento in esame, Paolo Guida, quando si parla di società benefit è bene specificare che non ci troviamo di fronte ad un nuovo tipo sociale, ma ad una articolazione più elaborata di fattispecie già tipizzate.
Ne consegue, si legge nello studio, che la circostanza che la società intenda modulare la propria attività di impresa sulla scorta del “modello” benefit non provoca alcun condizionamento, o alcuna ripercussione, in ordine alla scelta del tipo sociale da adottare, sia nel caso di soggetto da costituire ex novo che in caso di soggetto già costituito.
La società benefit è pertanto un modello societario molto duttile molto duttile in grado di adattarsi, a livello operativo, con il territorio in cui essa opera.
Infatti, detto modello di società è stato ideato dal legislatore nella consapevolezza che l’attività imprenditoriale non può fare a meno delle tipicità e particolarità del territorio su cui insiste e, conseguentemente, l’impresa deve non solo indirizzare la sua attività alla massimizzazione del profitto e all’aumento della produttività, ma deve anche perseguire scopi di sostenibilità.
La responsabilità gestoria nelle società benefit
L’amministrazione della società deve essere effettuata in modo da bilanciare:
- l’interesse dei soci;
- il perseguimento delle finalità di beneficio comune
- gli interessi di alcune specifiche categorie (quali persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse, come lavoratori, clienti, fornitori, finanziatori, creditori, pubblica amministrazione e società civile).
È evidente, spiega l’autore del documento, come l’attività di governance si complica notevolmente nel momento in cui per la società benefit diventa essenziale la ricerca di nuove modalità di efficienza e l’individuazione di un nuovo punto di congiunzione tra i molteplici ed eterogenei interessi emergenti in seno al public benefit.
In questo senso, affinché l’incarico degli amministratori possa ritenersi espletato – spiega Paolo Guida – non è sufficiente il vaglio della performance economico-finanziaria, ma occorre valutare quale sia la performance qualitativa, e quindi l’impatto che la società sia riuscita a produrre sull’ambiente e sulla società civile.
Tuttavia, l’autonomia gestoria non può subire condizionamenti e pressioni provenienti dai destinatari del public benefit in quanto essa impone quale unico correttivo ai consueti parametri di diligenza, lealtà e correttezza, il rispetto del canone aggiuntivo di una gestione equilibrata degli opposti interessi.