Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento
Concorre nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto fornisca consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori
Il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione è un reato di pericolo concreto. Ciò vale a dire che:
- l’atto di depauperamento deve effettivamente esporre a pericolo il patrimonio della società in relazione alla massa dei creditori
- che la situazione di esposizione deve permanere fino al momento che precede l’apertura della procedura fallimentare.
Questa circostanza – ricavabile dalla sentenza della Corte di Cassazione, n. 40323/2022 – mette in evidenza come il bene tutelato dalla norma che disciplina la bancarotta fraudolenta è l’interesse dei creditori all’integrità dei mezzi di garanzia, di modo che possono essere perseguiti anche “solo” i fatti che sono idonei potenzialmente a cagionare un danno a questi ultimi.
Altrimenti detto, nell’ambito della bancarotta patrimoniale fraudolenta, il danno non è un elemento costitutivo: esso rileva ai fini della valutazione dell’aggravante.
Il ruolo del nesso causale
Ai fini della sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è, pertanto, necessaria l’esistenza di un nesso causale tra i fatti di distrazione ed il successivo fallimento, essendo sufficiente che l’agente abbia cagionato il depauperamento dell’impresa, destinandone le risorse ad impieghi estranei alla sua attività.
In questi termini, i fatti di distrazione, una volta intervenuta la dichiarazione di fallimento, assumono rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando ancora l’impresa non versava in condizioni di insolvenza.
Il ruolo del consulente
Ad avviso della Corte, concorre in qualità di “extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso.
Più nello specifico, riportando testualmente le motivazioni dei giudici della Suprema Corte, il dolo del concorrente “extraneus” nel reato proprio del fallito consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella dell’ “intraneus“, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società.