La Borsa italiana ha continuato a stupire nella prima parte dell’anno, correndo più della media internazionale, mentre i mercati privati hanno dato pochi segnali di ripresa nel primo trimestre. Infatti, il valore e il numero delle operazioni di private equity italiane sono calati ulteriormente rispetto ai livelli di fine 2023, secondo i dati del rapporto dedicato all’Italia da PitchBook, una società specializzata in analisi di private market.
Nel primo trimestre, il FTSE MIB ha superato, con un 14,5%, le performance dell’S&P 500 (10,6%) e dello STOXX Europe 600 (7,0%). Come noto, questo rally italiano “è stato guidato dalla sovraperformance dei settori finanziari, dei beni di consumo discrezionali e dei materiali di base, con i primi due settori che hanno registrato rendimenti superiori al 20,0% nel trimestre”. Nonostante l’exploit delle banche, il rapporto prezzo/utili di questo settore, con un multiplo a 6,7, resta inferiore alla media del listino FTSE MIB (a 9).
Private equity italiano in sordina
Benché le operazioni siano state in calo, la raccolta dei fondi mercato privato in Italia è leggermente aumentata nel primo trimestre a 1,2 miliardi di euro, dagli 1,1 miliardi del quarto trimestre 2023. La suddivisione tra le diverse strategie per l’Italia è varia, con il private equity (Pe) che costituisce la maggior parte degli asset gestiti, seguito da asset reali e venture capital (Vc). Il controvalore delle operazioni a 5,3 miliardi di euro ha segnato il secondo livello più basso degli ultimi tre anni, con un calo di 1,9 miliardi rispetto al quarto trimestre del 2024. “La maggior parte delle operazioni nel trimestre sono state add-on, seguite da buyout e poi equity di crescita, con i buyout in aumento, un trend sorprendente dati i tassi di interesse e la quota in diminuzione dei buyout nell’ultimo anno”, ha affermato PitchBook nel suo rapporto.
La più grande operazione del trimestre, il buyout di Beautynova, si è attestata a 330,0 milioni, seguita dai deal che hanno coinvolto il Gruppo La Piadineria e il marchio calzaturiero Autry (entrambi a 300 milioni). Il player infrastrutturale Mundys, con una valutazione di 19 miliardi di euro, risulta l'azienda con il valore più alto fra quelle sostenute dal Pe.
Per quanto riguarda le exit, il private equity si è mostrato in aumento anno su anno a 3,3 miliardi di euro nella prima parte di quest'anno, anche se con un calo rispetto al trimestre precedente. “Come previsto, la maggior parte delle uscite si è verificata tramite fusioni e acquisizioni nei settori business-to-consumer (B2C) e tecnologia informatica”, si legge nel rapporto, “la più grande uscita dell'anno finora è stata l'acquisizione di Forno d'Asolo per 1,1 miliardi”, mentre la più grande quotazione negli ultimi tre anni è stata Intercos Group”.
Venture capital, più stabilità
Il venture capital in Italia ha mostrato una maggiore stabilità rispetto al PE, con un volume di operazioni a 0,4 miliardi di euro, in aumento anno su anno e in continuità con il precedente dato trimestrale. In questo perimetro le più grandi operazioni in Italia sono state “la startup hardware Medical Microinstruments con un round di 101,8 milioni e il finanziamento di 100,0 milioni di D-Orbit”, ricorda PitchBook. Le principali operazioni erano nella fase avanzata e nella fase di crescita del venture, con una preferenza per le aziende più mature.
Per quanto riguarda la raccolta di fondi, anche quella del venture è stata contenuta, senza chiusure di fondi riportate nel primo trimestre. “Tuttavia, i livelli di dry powder”, ossia di denaro raccolto ancora nella disponibilità per l'investimento da parte dei fondi, “sono al massimo storico nella regione, con un overhang di 1,6 miliardi di euro al 30 settembre”.