Nel 2023, la raccolta degli operatori di private debt in Italia ha toccato un nuovo record a 1.141 milioni di euro, di cui 1.100 milioni raccolti sul mercato, con un incremento del 14% rispetto all’anno precedente. E’ quanto si legge nell’ultimo rapporto presentato dall‘Associazione italiana del private equity e venture capital (Aifi), in collaborazione con Deloitte.
“I dati di quest’anno sono in qualche misura confortanti in un mercato che è stato caratterizzato l’anno passato dal rialzo dei tassi di interesse, un fenomeno che in qualche misura è connesso con quella che di questo nostro mercato, in quanto ha influenzato il costo e la remunerazione di questo sistema”, ha esordito il presidente di Aifi, Innocenzo Cipolletta.
Quello del private debt, ha aggiunto, è “un sistema importante per le imprese perché è la strada attraverso la quale spesso le piccole e medie imprese” si avviano ai sistemi di finanziamento alternativi, in via preferenziale al private equity, che “è visto come una sorta di depotenziamento della capacità di gestione da parte dell’azienda. Pertanto è un primo inizio importante per le piccole e medie imprese per aprirsi al capitale di rischio, un passo necessario per molte piccole e medie imprese che intendano raggiungere una dimensione più idonea sul mercato dei capitali”.
2019 | 2020 | 2021 | 2022 | 2023 | |
Raccolta totale (mln euro) | 386 | 551 | 879 | 1.001 | 1.141 |
N. investimenti | 195 | 215 | 283 | 262 | 164 |
N. società oggetto di investimento | 155 | 127 | 140 | 142 | 109 |
Ammontare investito (mln euro) | 1.244 | 1.256 | 2.262 | 3.228 | 2.854 |
N. società che hanno effettuato rimborsi | 106 | 138 | 177 | 132 | 82 |
Ammontare rimborsi (mln euro) | 325 | 403 | 365 | 317 | 645 |
Guardando al 2024, hanno affermato Deloitte e Cdp nel corso della presentazione, sono arrivati segnali di “prosecuzione del rimbalzo” per la raccolta dei fondi di private debt, che fanno ben sperare per le risorse che potranno confluire sulle imprese italiane.
Il dettaglio sulla raccolta del private debt
La principale fonte di raccolta per i fondi di private debt sono stati il settore pubblico e i fondi di fondi istituzionali (46%), seguiti dalle banche (19%) e dai fondi pensione e casse di previdenza (16%). “La raccolta contrariamente a quanto è avvenuto nel mondo del private equity è andata abbastanza bene”, ha dichiarato Anna Gervasoni, direttore generale dell’Aifi, “è una raccolta sempre molto domestica, italiana”.
In particolare, una spinta decisiva per portare la raccolta dei fondi in territorio positivo l’ha dato il settore pubblico con la mano di Cassa depositi e prestiti, mentre i fondi pensione e le assicurazioni hanno ridotto decisamente la propria partecipazione agli investimenti in private debt e private asset in generale, ha ricordato Gervasoni. Da parte dei fondi pensione “ci sono state considerazioni di asset allocation sui nostri mercati” meno apprezzati rispetto ad altri, mentre per le assicurazioni hanno inciso “attese su nuovi coefficienti di capitale”. Di conseguenza, “se non ci fosse stato il contributo di Cdp avremmo osservato una contrazione dei volumi” della raccolta, ha dichiarato Gervasoni.
Private debt, in calo gli investimenti
Nel 2023 sono è calato, invece, l’ammontare degli investimenti eseguiti, con un -12% che ha fatto scendere l’asticella a 2.854 milioni di euro, mentre il numero delle sottoscrizioni si è contratto del 37% a quota 164. I finanziamenti hanno rappresentato il 55% delle modalità di investimento, seguiti dalle sottoscrizioni di obbligazioni (38%) e dagli strumenti ibridi (7%). La durata media delle operazioni è stata di 6 anni e 1 mese, con un tasso d’interesse medio del 6,84%.
“L’attività di investimento ha avuto una lieve contrazione sotto tutti i profili, ma è stata inferiore rispetto a quella che abbiamo visto nel mercato del private equity, del resto il private debt è un mercato che si è molto concentrato sul mid market e su questo segmento anche il private equity ha tenuto”. Con quattro operazioni di grandi dimensioni il numero si è dimezzato rispetto al 2022, anche se l’ammontare è rimasto quasi sullo stesso livello. “I fondi internazionali a livello di volumi sono assolutamente protagonisti del mercato del private debt”, ha evidenziato Gervasoni, “mentre a livello di numero sono protagonisti i fondi domestici, il che sottolinea l’importanza di avere un’industria domestica attiva perché le operazioni più piccole i grandi fondi internazionali non le fanno”.
Allo stesso tempo i fondi italiani avrebbero bisogno di maggiore fundraising domestico per raggiungere “la massa critica” necessaria per compiere operazioni di finanziamento di grandi dimensioni assieme ai colleghi europei. “Il fundraising domestico è un tema molto importante”, ha detto Gervasoni, ed è “oggetto di tutti i nostri dibattiti in questo momento”.