Pompei, dalla lotta ai tombaroli emerge un carro cerimoniale

3.3.2021
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L'ultimo ritrovamento del Parco Archeologico di Pompei è un esempio di pilentum, un carro cerimoniale testimonianza unica in Italia. Un tesoro sottratto ai tombaroli. La battaglia si preannuncia lunga: oltre 20 sono gli ettari ancora da esplorare
Sono passati 1942 anni da quel 79 dC, la lava come un manto di neve a nascondere silenziosamente la vita, gli oggetti, l'arte di una cittadina a sud di Napoli. Fortuna che a volte, sopravvissuta a quasi due millenni di terra e alle mani dei tombaroli, qualche testimonianza di un'antica civiltà riemerge. Come un carro cerimoniale in ferro, bronzo, stagno e legno, scoperto ancora intatto tra lo stupore di archeologi e procuratori. Come una piccola incisione recante il nome di una bambina e di quella che avrebbe potuto essere la sua famiglia. O come due corpi, cristallizzati nel loro ultimo respiro, disturbati dopo due mila anni dal perfezionamento di antiche tecniche di scavo. Sono solo alcune tra le scoperte degli ultimi anni all'interno dell'area di Civita Giuliana nel Parco Archeologico di Pompei: molte potranno seguire in futuro, dati gli oltre 20 ettari ancora da esplorare.
“Un unicum per l'Italia”, l'ha definito Massimo Osanna, direttore uscente del Parco Archeologico e direttore scientifico dello scavo. Quello ritrovato alla fine di febbraio è un esempio di pilentum, un carro cerimoniale utilizzato dalle élite romane in contesti cerimoniali, paragonabile – nella forma, ma non nella bellezza – ad alcuni carri ritrovati una quindicina d'anni fa in una tomba della Tracia, una regione della Grecia al confine con la Bulgaria. Secondo alcuni grammatici e autori latini, il pilentum era un carro coperto a quattro ruote su cui venivano trasportate le matrone nel loro viaggio verso i templi; anticamente dipinti di azzurro, più tardi alcune fonti riportano anche l'uso del rosso.
Il carro ritrovato a Pompei, in legno di faggio dipinto di rosso, è finemente decorato con scene incise su medaglioni di bronzo e stagno che ornano il retro e le fiancate e che vedono amorini e coppie di satiri e ninfe impegnati in giochi erotici. Degno di nota è il ritrovamento di alcune impronte di spighe di grano su uno dei due sedili, simbolo del culto di Cerere e di fertilità. Questi indizi potrebbero far pensare all'utilizzo del carro come mezzo per condurre le spose alle loro nuove dimore.
Il carro cerimoniale scoperto a Pompei
“Un unicum per l'Italia”, l'ha definito Massimo Osanna, direttore uscente del Parco Archeologico e direttore scientifico dello scavo. Quello ritrovato alla fine di febbraio è un esempio di pilentum, un carro cerimoniale utilizzato dalle élite romane in contesti cerimoniali, paragonabile – nella forma, ma non nella bellezza – ad alcuni carri ritrovati una quindicina d'anni fa in una tomba della Tracia, una regione della Grecia al confine con la Bulgaria. Secondo alcuni grammatici e autori latini, il pilentum era un carro coperto a quattro ruote su cui venivano trasportate le matrone nel loro viaggio verso i templi; anticamente dipinti di azzurro, più tardi alcune fonti riportano anche l'uso del rosso.
Il carro ritrovato a Pompei, in legno di faggio dipinto di rosso, è finemente decorato con scene incise su medaglioni di bronzo e stagno che ornano il retro e le fiancate e che vedono amorini e coppie di satiri e ninfe impegnati in giochi erotici. Degno di nota è il ritrovamento di alcune impronte di spighe di grano su uno dei due sedili, simbolo del culto di Cerere e di fertilità. Questi indizi potrebbero far pensare all'utilizzo del carro come mezzo per condurre le spose alle loro nuove dimore.
Le altre scoperte a Civita Giuliana
La scoperta fa capo agli scavi della villa di Civita Giuliana, a 700 metri a nord-ovest delle antiche mura di Pompei. Nello stesso sito, a pochi passi dal portico che conserva il carro, nel 2018 erano stati ritrovati i resti di tre cavalli; a maggio 2020, un affresco con un fiore bianco e il nome di una bimba graffiato sul muro, “Mummia” (nome che, probabilmente, potrebbe appartenere alla sua famiglia, i Mummii, ben in vista nell'aristocrazia romana del tempo); a novembre 2020, infine, i corpi esanimi di due uomini, probabilmente un patrizio e il suo schiavo.
Le scoperte “grazie” ai tombaroli
Il sito di Civita Giuliana è unico nel suo genere non soltanto per la qualità delle scoperte fatte, ma piuttosto per la necessità che mise al lavoro gli archeologi del Parco. L'area era infatti stata interessata, negli ultimi decenni, dalle attività illecite di alcuni tombaroli, che avevano scavato diversi cunicoli lungo le pareti perimetrali della villa pompeiana e fatto breccia all'interno, rovinando gli intonaci dei muri e trafugando gli oggetti di più semplice reperimento. Con un'attività congiunta tra il Parco Archeologico, la Procura di Torre Annunziata e il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri, gli scavi sono stati iniziati nel 2017 per contrastare l'attività dei tombaroli. Inutile dire che la casa di uno degli accusati si trova proprio sul terreno in cui oggi si svolgono gli scavi.
Per le immagini: foto di Luigi Spina, courtesy Parco Archeologico di Pompei