In questo momento soltanto un quarto degli italiani partecipa attivamente alla previdenza integrativa e per questo tanti dovranno rivedere il proprio stile di vita una volta in pensione dato che gli assegni erogati dall’Inps saranno molto bassi e, per i più giovani, verranno erogati dopo i 70 anni
La somma da destinare alla pensione integrativa dipende dalle disponibilità economiche e dalle necessità di ogni lavoratore, ma all’inizio si possono accantonare anche piccole cifre che poi salgono con la crescita del reddito
Più si allunga la nostra vita lavorativa e più il traguardo della pensione ci preoccupa. Ormai se ne parla in continuazione tra colleghi e pure in famiglia e, a parole, si vola con la fantasia. Ma il rischio è di rimanere spiazzati tra sogni e realtà.
Nell’ultimo sondaggio della società indipendente digitale di consulenza finanziaria Moneyfarm emerge una frattura tra quel che i lavoratori sognano per la loro pensione e quel che rischiano di trovare. Intanto sull’età del ritiro che per il 41% dei rispondenti dovrebbe essere entro i 60 anni, mentre per il 25% entro i 65. E poi c’è il quantum della pensione: al 45% piacerebbe intascare tra i 2.000 e i 2.999 euro netti al mese e il 18% si “accontenterebbe” di 3.000-3.999 euro. Se questi sono i sogni, quando si fanno i conti con la realtà gli italiani tornano coi piedi per terra. Solo uno su dieci stima di andare in pensione prima dei 65 anni mentre un terzo (35%) colloca l’uscita dal mondo del lavoro tra i 65 e i 70 anni.
Le norme cambiano, le pensioni scendono
E con le norme in continuo cambiamento si genera un clima di disillusione e incertezza che porta l’81% degli intervistati a giudicare necessario aderire a una qualche forma di previdenza integrativa. Purtroppo, però, in questo momento soltanto un quarto degli italiani partecipa attivamente alla previdenza integrativa e per questo tanti dovranno rivedere il proprio stile di vita una volta in pensione dato che gli assegni erogati dall’Inps saranno molto bassi e – per i più giovani – verranno erogati dopo i 70 anni.
Ecco perché attraverso contributi regolari versati durante gli anni lavorativi è fondamentale che ogni lavoratore si costruisca un fondo pensione, un tesoretto indispensabile per integrare le somme che si riceveranno dalla pensione statale. Anche per questo è importante iniziare fin da giovani a crearsi una “pensione di scorta”.
Cosa vuol dire pensione integrativa?
Partendo dalle basi, possiamo dire che Il nostro sistema previdenziale è costituito da tre pilastri: il primo è il sistema previdenziale pubblico obbligatorio, il secondo è la previdenza complementare (i fondi pensione chiusi) e il terzo è la pensione privata o integrativa (i Piani individuali pensionistici, i Piani pensionistici aperti oppure altri strumenti finanziari).
Il primo pilastro è obbligatorio ed è la pensione a cui tutti i lavoratori contribuiscono. Il secondo, invece, è quello dei fondi pensione chiusi, detti anche negoziali (di categoria o aziendali, come il fondo Cometa per i metalmeccanici).
Il terzo pilastro rappresenta infine la previdenza individuale, quella cui ricorre chi non può o non vuole optare per un fondo pensione integrativa chiuso.
Naturalmente la somma da destinare alla pensione integrativa dipende dalle disponibilità economiche e dalle necessità di ogni lavoratore, ma all’inizio si possono accantonare anche piccole cifre che poi salgono con la crescita del reddito.
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Quando è l’età giusta per iniziare
Inoltre, è fondamentale aprire un fondo pensione integrativo il prima possibile. Una scelta consigliata sia ai lavoratori che hanno superato i 40 anni di età, ma anche a chi ha superato i 50 anni dato che, probabilmente, un lavoratore ha di fronte la prospettiva di altri 20 anni di lavoro e un piano pensionistico integrativo è in grado anche in questo lasso di tempo di far accumulare un buon risparmio. In questa fase l’obiettivo è ottimizzare al massimo gli ultimi anni di carriera anche da un punto di vista fiscale, approfittando del beneficio garantito dall’investimento in una pensione integrativa.
E per i più giovani, per chi ha 40 anni? Ancora più consigliato, perché in questa fase ci si avvicina al picco della capacità lavorativa e di guadagno. Per questo è importante cominciare a ragionare su quelle che possono essere le prospettive pensionistiche.
Come ridurre il tasso di sostituzione
L’obiettivo è ridurre il tasso di sostituzione, cioè la differenza tra lo stipendio da lavoro e l’assegno pensionistico, che dal 75% attuale dovrebbe scendere al 66% nei prossimi anni. Ciò significa che 2mila euro di stipendio si traducono in 1.500 euro di pensione per chi si ritira ora, ma e in poco più di 1.300 euro per i futuri pensionati. Cifre che ci fanno capire perché è necessario pensare fin da giovani a integrare la pensione erogata dall’Inps.