La proposta di introduzione di una “patrimoniale” in Italia è sempre attuale e polarizza il dibattito pubblico. Nel contesto europeo alcuni Stati vi hanno fatto ricorso come imposta straordinaria sul patrimonio mobiliare o immobiliare, altri invece hanno limitato la tassazione ad alcuni beni e l’hanno resa un’imposta ordinaria.
Come funziona la patrimoniale negli altri Paesi d’Europa?
La tassa sul patrimonio in Francia
In Francia, la tassazione sul patrimonio è un tema che ha suscitato numerosi dibattiti nel corso degli anni, con importanti modifiche legislative e proposte di riforma che si sono succedute.
Storicamente, la Francia applicava una tassa sul patrimonio piuttosto robusta, chiamata “Impôt de Solidarité sur la Fortune” (Isf), introdotta nel 1989 e poi abolita e sostituita nel 2018 da una versione limitata chiamata “Impôt sur la Fortune Immobilière” (Ifi).
L’Ifi differisce dall’Isf in quanto si concentra unicamente sugli immobili: tassa il patrimonio immobiliare delle famiglie francesi che supera il milione di euro. Questa misura, introdotta durante la presidenza di Emmanuel Macron, mirava a incentivare l’investimento nelle attività economiche e produttive (come le imprese) evitando di tassare attività finanziarie e investimenti mobiliari.
L’idea di fondo era quella di attrarre e trattenere i capitali in Francia, migliorando la competitività del paese. Tuttavia, l’Ifi resta una tassa significativa per i contribuenti con patrimoni immobiliari di alto valore.
Prospettive di riforma della tassa sul patrimonio in Francia
Negli ultimi anni, si sono intensificate le discussioni per una possibile reintroduzione di una patrimoniale più ampia.
Alcuni schieramenti politici e movimenti sociali, come quelli associati al movimento dei Gilet Gialli, hanno chiesto il ritorno dell’Isf per ridurre le disuguaglianze economiche e migliorare la redistribuzione del reddito. Le proposte di riforma spaziano dalla reintroduzione di una tassa più ampia su tutti i beni (non solo immobili) a un’eventuale revisione dell’Ifi per renderlo più progressivo e includere forme di imposta sul patrimonio mobiliare.
Le prospettive di riforma, tuttavia, sono incerte: mentre alcune forze politiche spingono per una tassazione del patrimonio più ampia, esiste anche il timore che una patrimoniale aggressiva possa spingere i capitali fuori dal Paese. Inoltre, in un contesto di alta inflazione e difficoltà economiche legate alla pandemia e alla crisi energetica, si teme che un’ulteriore pressione fiscale sui patrimoni possa minare la fiducia degli investitori e rallentare la crescita economica.
La situazione in Germania
In Germania, la patrimoniale è stata abolita nel 1997 a seguito di una sentenza della Corte costituzionale, che giudicò inadeguato il sistema di valutazione della ricchezza immobiliare, creando una disparità di trattamento tra diversi tipi di beni.
Sebbene siano emerse periodiche richieste per reintrodurre una tassa simile, il paese non dispone attualmente di una patrimoniale diretta. La Germania, tuttavia, compensa l’assenza di una patrimoniale con un sistema fiscale complesso che comprende imposte sui redditi elevati e tasse di successione piuttosto onerose.
Inoltre, in periodi di crisi economica, come durante la pandemia, si è discusso sulla necessità di una tassa straordinaria sulla ricchezza, ma finora non è stata attuata nessuna misura in tal senso.
Dal punto di vista politico, l’opposizione alla patrimoniale in Germania è forte, in particolare da parte dei partiti conservatori e liberali, che sostengono che una tassa del genere potrebbe danneggiare il tessuto imprenditoriale tedesco. Le prospettive di una patrimoniale sembrano quindi limitate, anche se il tema rimane oggetto di dibattito, specialmente in relazione alla crescente attenzione verso la redistribuzione della ricchezza.
La tassa sul patrimonio in Spagna
La Spagna applica una tassa sul patrimonio (“Impuesto sobre el Patrimonio”) simile a quella francese, con una soglia di esenzione che varia a seconda delle regioni e con aliquote progressive che aumentano al crescere del patrimonio.
Negli ultimi anni, diverse regioni spagnole, come Madrid, hanno introdotto delle agevolazioni fiscali per attirare i grandi patrimoni e stimolare gli investimenti. Questo ha portato a una “concorrenza fiscale” interna tra le regioni, con alcuni governi regionali che cercano di attrarre investimenti grazie a una minore pressione fiscale sui patrimoni.
Recentemente, il governo spagnolo ha discusso una tassa temporanea per i grandi patrimoni, chiamata “Impuesto de Solidaridad de las Grandes Fortunas”, con l’obiettivo di raccogliere risorse per far fronte alla crisi economica e sanitaria. Questa tassa temporanea, che si applica ai patrimoni superiori ai 3 milioni di euro, mira a garantire un contributo significativo da parte delle persone con elevati patrimoni per finanziare le spese pubbliche e sostenere la ripresa economica.
La patrimoniale spagnola è quindi più complessa e flessibile rispetto a quella francese, grazie alla possibilità di applicazioni differenziate tra le regioni.
Quale futuro per la patrimoniale in Europa?
La tassazione dei patrimoni rimane un argomento centrale nei dibattiti di politica fiscale in Francia e in Europa, soprattutto in un contesto di crescenti disuguaglianze e difficoltà economiche. Mentre la Francia continua a discutere su una possibile riforma dell’Ifi o una reintroduzione dell’Isf, osserva con interesse i modelli di tassazione del patrimonio in paesi come la Spagna e la Germania.
La Francia potrebbe decidere di adottare una via intermedia, con un’eventuale revisione dell’Ifi per includere altre forme di ricchezza e rendere la tassa più progressiva, o una tassa straordinaria temporanea, come la Spagna. Tuttavia, rimane forte anche la pressione per evitare una tassazione eccessiva dei patrimoni che potrebbe scoraggiare gli investimenti. La sfida sarà dunque quella di trovare un equilibrio tra il bisogno di equità sociale e la necessità di preservare l’attrattività economica del Paese. E in Italia?