“Ciao Laura, piacere di conoscerti. Ho visto che hai richiesto informazioni su un mutuo. Prima di tutto come va la tua giornata?” Immaginate di parlare con il servizio clienti di una società che eroga finanziamenti e che a darvi la risposta sia un chatbot empatico. Il discorso, a parte il tono ancora (per quanto?) un po’ artificiale, assumerà una piega straordinariamente umana, anche nelle pause e nelle contro-domande. E non solo: il bot non si limiterà a rispondere con informazioni puntuali, ma suggerirà delle possibili azioni o sarà in grado di leggere il contesto in domande o affermazioni meno specifiche. Per esempio, nel caso del dialogo di cui abbiamo riportato l’incipit, proporrà un incontro con il consulente per discutere tutti i possibili dettagli del mutuo e fisserà l’appuntamento, rendendo l’interazione efficiente e utile. Quello che stiamo raccontando non è lo scenario futuribile di un mondo possibile, ma qualcosa che nelle aziende leader di mercato di tutti i settori sta già avvenendo. E l’impatto, anche in termini di business, dell’introduzione di un’AI sempre più sofisticata nelle funzioni legate alla customer experience è dirompente.
L’AI Optimism Gap
Ma a che punto siamo? Secondo Deloitte la strada è ancora lunga. Per via di quello che i consulenti definiscono “AI Optimism Gap”, che porta solo il 30% dei manager delle aziende che si occupano di Customer Experience a utilizzare frequentemente queste tecnologie oggi, a fronte di un 90% che ritiene che l’AI abbia il potenziale per migliorare l’esperienza dei clienti. E questo vale a maggior ragione nelle funzioni commerciali, dove l’adozione dell’AI è quasi raddoppiata nel 2024 rispetto all’anno precedente.
“Oggi, il 43% dei commerciali utilizza strumenti di AI per automatizzare attività routinarie, migliorare l’analisi delle performance e, soprattutto, personalizzare le interazioni con i clienti – dice Emanuele Caronia, Founder e CEO di Exelab, system integrator italiano che sta puntando sugli agenti intelligenti sia per ristrutturare i processi interni sia per i propri clienti – Il 74% dei professionisti che usano l’AI afferma di ottenere tassi di risposta più elevati, grazie a messaggi mirati e a una migliore gestione dei dati”.
Se tutto questo processo viene svolto con un approccio strategico il customer care può diventare una fonte di ricavi, oggi sottovalutata. In ambito B2B, il 72% delle entrate proviene da clienti esistenti, mentre acquisire nuovi clienti costa fino a 7 volte di più.
“Tuttavia – continua Caronia – il mantenimento della clientela richiede un approccio sempre più proattivo: oggi il 66% dei clienti trova frustranti le interazioni con il servizio clienti e il 37% abbandona un brand dopo una sola brutta esperienza. L’AI emerge come strumento chiave per migliorare la personalizzazione e la fidelizzazione, attraverso analisi dei dati e strumenti predittivi. Combinare l’efficienza tecnologica con il tocco umano è cruciale nella fase post-vendita, dove il 75% dei clienti è disposto ad aspettare più a lungo per interagire con una persona reale.”
Il limite delle implementazioni superficiali
Molte aziende, però, non sanno come sfruttare l’intelligenza artificiale. Spesso si chiede ai fornitori di tecnologia di “portare” l’AI, ma l’integrazione nei processi interni rimane superficiale e a basso impatto. A differenza di approcci focalizzati esclusivamente sulla riduzione dei costi, alcune realtà innovative, come Exelab, puntano sull’incremento delle performance: l’obiettivo è aumentare la produttività senza necessità di tagli al personale.
La combinazione di analisi predittiva, sistemi conversazionali e soluzioni editoriali consente alle aziende di creare esperienze più coinvolgenti per i loro utenti finali.
Dalla reazione all’azione: il ruolo dei virtual agent
L’intelligenza artificiale sta inoltre evolvendo rapidamente, e si aggiungono ulteriori elementi di complessità. “Un ambito di sviluppo particolarmente promettente riguarda i ‘virtual agent’ capaci di operare autonomamente – dice Caronia – Questi strumenti frammentano i problemi in una serie di passaggi successivi, eseguono azioni concrete (come prenotare appuntamenti o inviare promemoria) e restituiscono risposte utili e contestualizzate. Invece di limitarsi a reazioni “statiche” tipiche dei chatbot tradizionali, gli agenti virtuali orchestrano processi più complessi, offrendo un valore aggiunto sia ai clienti finali sia alle funzioni interne dell’azienda”.
Una sfida strategica per la competitività
L’integrazione di agenti virtuali avanzati e, più in generale, l’uso maturo di soluzioni AI rappresentano un passaggio cruciale per le aziende che mirano a consolidarsi sul mercato e differenziarsi dalla concorrenza.
“In questa fase, la capacità di unire innovazione tecnologica e sensibilità umana sarà il vero elemento distintivo tra chi riuscirà a vincere la sfida della modernizzazione e chi resterà indietro. Per le grandi imprese – che affrontano complessità operative notevoli – saper cogliere questa opportunità potrà tradursi in un vero salto di qualità, ridefinendo i modelli di business e l’esperienza offerta ai propri clienti.”