L’indice MSCI World IT è sceso del 31,3% nel 2022, a fronte di un calo del 19,5% del più ampio indice MSCI World.
Dopo oltre un decennio di espansione delle valutazioni, il rapporto prezzo/utili del settore IT è sceso da 29x a 19,1x, al 16 gennaio. Le valutazioni tuttavia sono ancora superiori del 4% rispetto alla media storica di 10 anni.
Le ultime settimane di contrattazioni sono state all’insegna del “verde” a Wall Street. Titoli tecnologici, i grandi sconfitti del 2022, compresi. Tra questi anche Netflix, che venerdì oltre ad annunciare le dimissioni del suo amministratore delegato ha pubblicato i risultati trimestrali, che molto sono piaciuti al mercato, con il titolo che ha aperto al +6%. Dopo il periodo di magra, il comparto tecnologico è pronto a riprendersi la sua rivincita in Borsa?
L’inflazione rimarrà elevata
A dire il vero è difficile che il 2023 possa essere l’anno del tech. O perlomeno così la pensa Nicolò Nunziata di Marzotto Sim. Il motivo? Sempre lo stesso. Inflazione e tassi remano contro le valutazioni dei titoli ad alto potenziale, cosiddetti – in gerco tecnico – growth. “L’inflazione difficilmente tornerà ai livelli pre-covid, in quanto ci sono in atto fenomeni strutturali, come la deglobalizzazione, che sono di natura inflazionistica. È possibile un rimbalzo del Nasdaq, ma i titoli tech difficilmente raggiungeranno di nuovo multipli elevati e registreranno ancora quella sovraperformance strutturale che hanno avuto per anni rispetto ai titoli value” commenta Nunziata che aggiunge: “Un conto è attualizzare la crescita futura degli utili con i tassi allo zero, un’altra è attualizzarla a tassi al 4%”.
Gli etf, il fisco e l’antitrust
Un altro tema con cui dovranno fare i conti le big tech è che ormai, piaccia o meno, i relativi titoli sono nel portafoglio di (quasi) tutti. La conseguenza? L’aumento della volatilità. “I cosiddetti Faang, oltre che a dover fare i conti con un contesto macroeconomico non a loro favorevole, sono anche costretti a non sbagliare niente a livello strategico, per una questione tecnica: sempre più operatori sono investiti in quei titoli. Il che vuol dire che – per via del proliferare di etf – come hanno beneficiato di un effetto virtuoso salendo nei benchmark, adesso sono penalizzati dall’effetto contrario” continua Nunziata che conclude: “Sullo sfondo rimangono poi altre due grandi incognite per le big tech: quella fiscale e quello dell’antitrust. Gli Stati si preparano a tassare adeguatamente le grandi multinazionali, al contempo studiando nuove regole che ne limitino lo strapotere economico, favorendo invece la concorrenza”.