- Secondo le stime dell’Istat, il tasso di fecondità ha raggiunto il minimo storico in Italia lo scorso anno, con 1,18 figli per donna
- Martini: “La tecnologia può aiutare i banker a sviluppare un percorso personalizzato di ottimizzazione della consulenza ai fini della longevità”
Diminuiscono i neonati e si allunga la vita media. Secondo le più recenti stime dell’Istat, il tasso di fecondità ha raggiunto il minimo storico in Italia lo scorso anno, con 1,18 figli per donna. Il tutto mentre la speranza di vita alla nascita continua a crescere. L’Eurostat ci colloca in cima alla classifica dell’Unione europea dei paesi più longevi, secondi unicamente alla Spagna. Quali sono i sono i risvolti in tema di wealth planning, come si integra la longevità nel processo di consulenza e come si vincono eventuali resistenze dei banker? We Wealth ne ha discusso con Alberto Martini, direttore wealth management di Banca Mediolanum, intercettato in occasione della XV edizione del Salone del risparmio.
Secondo l’Eurostat, l’Italia è il secondo paese membro dell’Unione europea in cui si vive di più, si parla di un’aspettativa di vita di 83,5 anni. Più longevi di noi sono solo gli spagnoli, con una media di 84 anni. Quali sono i risvolti in tema di wealth planning?
Vivere più a lungo è una buona notizia, ma aumentano i rischi. Credo ci sia ancora un percepito errato sul futuro, come se si finanziasse da solo. Nella realtà abbiamo due paracadute che sono venuti meno. Il primo è il welfare, che oggi è in crisi oggettiva e lo sarà ancora di più per effetto della longevità. Le faccio un esempio. I sistemi pensionistici attuali valutano un tempo medio di sopravvivenza di circa 15 anni, dopo la data del pensionamento. Noi ne proiettiamo 25, quindi vuol dire che chi si immagina di poter andare in pensione sereno, probabilmente ha metà delle risorse che gli possono servire.
L’altro aspetto è legato alla nostra società. Il calo della natalità ha chiaramente un impatto sia sul meccanismo delle pensioni sia su quel “meccanismo di protezione” che avevano i nostri nonni e nonne, potendo contare su due, tre, quattro, cinque figli che avrebbero pensato a loro nell’età adulta o longeva. Oggi non è più così. Questo impatta inevitabilmente sulla pianificazione patrimoniale. Il problema è che non c’è ancora percezione di questo problema, per cui si continua ad avere un approccio al risparmio sbagliato: 2.500 miliardi di euro fermi sui conti correnti lo dimostrano. È un tema su cui gli operatori del settore dovrebbero lavorare, non solo con i prodotti, ma sviluppando una cultura all’investimento.
In che modo le piattaforme di advisory possono aiutare i consulenti finanziari nel contesto di una longevità che si dilata?
Oggi si è portati a pensare che i Customer relationship management (Crm) delle banche siano sufficienti per identificare questi bisogni e poterli correttamente indirizzare. In realtà non è così, perché ci sono almeno due variabili che non sono state toccate. In primis, all’interno dei sistemi di Crm ci sono le informazioni che inseriamo noi. E le informazioni che si raccolgono oggi sono legate a un concetto di rischio finanziario, piuttosto che al rischio di non raggiungere i propri obiettivi.
Il secondo aspetto è che stanno cambiando i nuclei di relazione. Oggi abbiamo sempre più famiglie unipersonali o relazioni al di fuori dei normali canoni del matrimonio familiare. Tutte queste situazioni non sono registrate all’interno dei sistemi di Crm; così come la convivenza tra generazioni, che è un effetto inevitabile della longevità. Ecco perché ci si sta indirizzando verso lo sviluppo di piattaforme che siano in grado di raccogliere queste informazioni correttamente e rilasciarle sotto forma di consulenza non soltanto efficiente – che è quella di prodotto – ma efficace, ovvero correttamente finalizzata al raggiungimento di obiettivi reali.
Ma i consulenti finanziari sono pronti a cogliere la sfida della longevità? È trascorso un anno dal lancio di Mediolanum Life Planning, la piattaforma per la diagnosi e l’analisi dei bisogni dei clienti e del loro nucleo familiare…a che punto siamo, per esempio, in termini di formazione della rete di consulenti finanziari?
Il fatto che si debba andare verso questo modello di consulenza credo sia oggettivo. Il punto è che siamo abituati da decenni a una gestione del cliente orientata al prodotto, il che ha innescato un cortocircuito. In più, c’è un problema di cultura e di educazione. Noi ci siamo portati avanti con un investimento importante in tecnologia per aiutare i banker a sviluppare un percorso personalizzato di ottimizzazione della consulenza ai fini della longevità. Le risposte cominciano a essere molto interessanti. È chiaro però che ogni volta che si agisce su dei paradigmi culturali, i tempi di adozione sono lunghi.
Incontrate qualche resistenza?
È inevitabile, però c’è proprio una curva che racconta ciò che avviene nelle fasi di cambiamento. Ci sono quelli che adottano la nuova tecnologia e il nuovo modello perché sono portati alla novità, sono curiosi, sono i primi e ne diventano gli ambasciatori. Poi ci sono quelli che seguono, c’è chi deve vedere per credere e infine rimarrà sempre una quota di chi deciderà di fare come ha sempre fatto. È nella normalità delle cose.
Le donne, com’è noto, sono più longeve. Se ci si focalizza sull’Italia, l’Istat calcola un’aspettativa di vita di quattro anni in più rispetto agli uomini. Ma vi è un’elevata propensione delle risparmiatrici a non rivolgersi più al consulente finanziario del partner, nel momento in cui ereditano la ricchezza. Come si agisce d’anticipo?
Avere più generazioni al tavolo significa avere persone che ragionano con la propria testa, anche con un linguaggio molto diverso. Per cui, in prospettiva, non credo che l’attività di wealth management o di private banking possa essere svolta come una volta in one-to-one. L’approccio consulenziale deve essere multiplo, con banker di età diverse che interagiscono con generazioni diverse. Quanto alle donne, ciò che racconta è reale. Ma c’è anche un altro tema da evidenziare: sono più abituate a pianificare e programmare. Quindi credo che questo passaggio di ricchezza favorirà un approccio alla pianificazione patrimoniale funzionale a ciò che ci siamo detti finora, cioè a una consulenza realmente efficace sul lungo termine.
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