Opzione donna, Quota 102 e Ape sociale: sono queste le tre principali formule che consentono di andare in pensione in anticipo
L’Ocse ritiene che la misura denominata Quota 100 non sia sostenibile nel lungo termine per il bilancio dello Stato e invita a rivedere gli strumenti che prevedono il pensionamento anticipato
È bene ricordare che Quota 100 – approvata nel 2018 in via sperimentale – consentiva di andare in pensione ai soggetti che avevano maturato 38 anni di contributi per 62 anni di età.
Al suo posto, per il solo 2022, invece, verrà introdotta la misura Quota 102 che prevede la possibilità di andare in pensione con la combinazione di 38 anni di contributi e 64 anni di età.
Questa novità è particolarmente importante in quanto consente di non tornare in maniera diretta, bensì graduale, al regime voluto dalla legge Fornero nel 2011, a mente del quale per andare in pensione occorre aver compiuto 67 anni o aver maturato 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne, o 42 anni e 10 mesi per gli uomini.
In buona sostanza, l’introduzione di Quota 102 è una misura di compromesso, in quanto, almeno per il prossimo anno, permette di rimandare il ritorno alla – spesso criticata – legge Fornero.
Altri aspetti degni di nota relativi al tema delle pensioni, sono quelli che concernono le modifiche introdotte a Opzione donna e Ape sociale.
Le donne lavoratrici, pertanto, avranno diritto a ricevere la pensione – calcolata con il metodo contributivo – dopo una finestra di 12 mesi o 18 (rispettivamente per le lavoratrici dipendenti e per le autonome).
Tra le novità introdotte emerge l’innalzamento dell’età richiesta per accedere al regime: fino al 2021, infatti, Opzione donna spettava alle lavoratrici con 58 anni di età, se dipendenti, e 59 se autonome
Discorso simile va fatto per l’Ape sociale; misura sperimentale in vigore dal 2017. Anche in questo caso la misura è stata rinnovata, rispetto alla sua scadenza naturale, di un ulteriore anno.
Questo significa che, per tutto il 2022, i soggetti che hanno raggiunto 63 anni e che versano in situazione di disagio economico potranno, prima ancora di maturare l’età per la pensione di vecchiaia, ricevere a titolo di anticipo pensionistico un sussidio mensile, fino a 1500 €.
Il beneficio previsto dalla misura è corrisposto ogni mese per 12 mensilità nell’anno, fino all’età prevista per il conseguimento della pensione di vecchiaia oppure fino al conseguimento di un trattamento pensionistico diretto anticipato o conseguito anticipatamente rispetto all’età per la vecchiaia.
La bozza di legge di Bilancio ha previsto un ampliamento della platea dei lavoratori che potranno ricorrere a detto strumento e nel caso di lavoratori disoccupati per licenziamento, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale è eliminata la condizione che, ai fini dell’accesso all’Ape sociale, richiedeva la conclusione della prestazione di disoccupazione da almeno 3 mesi.