Nel termine di sei mesi dalla morte del dante causa gli eredi dovranno vedersi attribuita dalla società una somma di danaro che rappresenti il valore della quota di partecipazione che faceva capo al de cuius
La morte del socio non determina ipso iure e automaticamente l’ingresso dell’erede nella società: semmai, a certe condizioni, fa sorgere il suo diritto a vedersi liquidare un importo corrispondente alla quota detenuta dal socio in vita
Cosa devono fare gli altri soci a seguito della morte di un socio?
Ai sensi dell’art. 2284 c.c., a seguito della morte del socio, e quindi dello scioglimento del rapporto sociale che faceva capo al defunto, i soci superstiti devono procedere alla liquidazione della quota agli eredi.
In alternativa, i predetti soci, qualora lo preferiscano, possono decidere di sciogliere direttamente la società e, in tal caso, le spettanze agli eredi saranno regolate nell’ambito della generale procedura di liquidazione dell’intera società.
Infine, i soci superstiti possono scegliere di continuare la società con gli eredi del socio defunto, sempre che questi vi consentano, mediante la stipula di un accordo di continuazione.
In questo modo, la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 8743 del 2023, evidenzia alcune delle regole che i soci devono seguire in caso di morte di un socio che deteneva una quota della società.
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Cosa compete agli eredi del socio defunto?
Come rimarcano i giudici, la morte del socio non determina la trasmissione della sua quota agli eredi, ma la trasformazione ope legis della quota in un importo pecuniario corrispondente; importo di cui gli eredi sono titolari. Questi, pertanto sono creditori nei confronti della società.
In questo senso, nel termine di sei mesi dalla morte del dante causa gli eredi dovranno vedersi attribuita dalla società una somma di danaro che rappresenti il valore della quota di partecipazione che faceva capo al de cuius e che dovrà essere calcolata sulla base della situazione patrimoniale della società stessa, quale risultante al momento in cui si è verificato lo scioglimento del rapporto sociale, dovendosi, comunque, tenere conto degli utili e delle perdite relativi alle operazioni in corso.
Alla morte del socio, quindi, sorge a carico della società l’obbligo di corrispondere il valore della quota agli eredi: i cui diritti, relativamente a questa situazione, hanno per oggetto fin dal primo momento un importo pecuniario (e non la quota) corrispondente al valore della quota.
Del patrimonio ereditario, dunque, entra a far parte esclusivamente il valore della partecipazione sociale del de cuius, che poi, attraverso l’attività di liquidazione, si concretizza in un eventuale credito.
Secondo tale logica, riprendendo le parole della sentenza, la morte del socio comporta l’estinzione del rapporto partecipativo e l’insorgenza in capo agli eredi, che non assumono la qualità di soci, di un diritto di credito alla liquidazione della quota già spettante al defunto.
Si deve perciò escludere che vi sia equiparazione dell’erede del socio al socio stesso. Per tale ragione, la morte del socio non determina l’ingresso dell’erede nella società: semmai, fa sorgere il suo diritto a vedersi liquidare la somma corrispondente alla quota. Salvo diversi interessi della società.