La data X è fissata per il 12 agosto 2023. Sarà allora infatti che la piattaforma di asset digitali ElmonX procederà alla vendita del Salvator Mundi (attribuito a Leonardo da Vinci) in forma di nft.
Il quadro è di gran lunga l’opera d’arte più costosa di tutti i tempi, essendo stato pagato nel novembre 2017 in asta da Christie’s New York oltre 450 milioni di dollari. Ad acquistare il dipinto fu il principe saudita Mohammed Bin Salman. Da allora la tela non è più apparsa in pubblico a dispetto della promessa che l’avrebbe voluta esposta al museo Louvre di Abu Dhabi a partire dall’autunno dell’anno successivo (2018). Ha fatto quindi scalpore la comunicazione della società londinese. Il rilascio avverrà sulla base della collaborazione di EmonX con Bridgeman Images, società attiva a livello internazionale nella concessione di licenze di immagini. L’ammontare economico dell’accordo non è stato divulgato. Non si tratta in realtà della prima partnership fra le due società: in precedenza c’erano stati rilasci nft relativamente alla Gioconda (1503) di Leonardo – la Monna Lisa era stata venduta (330 edizioni) a 150 pound; alla Notte stellata di Van Gogh (1889); a Il pensatore di Auguste Rodin (1904) e alle Nymphéas di Claude Monet (1907).
Bridgeman Images ha ribadito di essere «lieta» di collaborare con ElmonX in quanto «all’avanguardia nella creazione di opere d’arte nft» e di concedere le immagini in licenza a ElmonX nelle stesse modalità previste per «qualunque progetto commerciale», dando in licenza immagini e video di alta qualità a «pubblicitari, registi, editori e designer di ogni settore». La trovata di vendere non fungible token collegati al Salvator Mundi giunge a sorpresa, dopo anni di polemiche e silenzi. Il cuore della discussione sta nella disputa fra chi considera il dipinto di Leonardo e chi invece di scuola leonardesca. Una questione di non poco conto per chi, come MBS ha speso 450,3 milioni di dollari per accaparrarselo. Secondo fonti raggiunte in passato da We Wealth, oggi il Salvator Mundi attribuito a Leonardo sarebbe a bordo di uno yacht del principe ereditario saudita.
Nel suo documentario The Savior for Sale, il giornalista e scrittore francese Antoine Vitkine ricorda che il Salvator Mundi, «registrato per la prima volta intorno al 1900, non era considerato di grande importanza. All’epoca, i critici lo attribuirono a un membro della cerchia di Leonardo, Bernardino Luini. Nel 1958, viene attribuito a un altro seguace di Leonardo, Giovanni Antonio Boltraffio. Si arriva così all’acquisto come copia nel 2005, per 1.175 dollari. Poi, nel 2017, arriva il momento del prezzo di vendita esorbitante». Il salto da 1175 dollari a 450,3 milioni ha avuto un passaggio intermedio, quello della vendita privata (tenutasi da Sotheby’s) al magnate russo Dimitri Rybolovlev. Nel filmato, funzionari del governo francese (protetti dall’anonimato) rivelano che le analisi scientifiche del Louvre sul quadro ne avrebbero stabilito una volta per tutte la non paternità leonardiana. Leonardesca, tutt’al più. Ma la diatriba non è mai stata sanata.
La nuova trovata commerciale metterà a segno qualche nuovo record? Difficile dirlo. Al critico d’arte Ben Lewis – con Salvator Metaversi – l’impresa non era affatto riuscita; l’artista del resto aveva mirato molto in alto nel 2021, anno in cui aveva mintato l’opera: si era messo in testa di venderla allo stesso prezzo di Christie’s (ma in ethereum) inconsapevole di stare andando incontro a un inesorabile flop. Lewis, anche autore della pubblicazione The Last Leonardo nel 2019, aveva creato un nft che rappresenta Cristo con la mano destra alzata in segno di benedizione, mentre nell’altra stringe un pugno di dollari. Forse sarebbe stato meglio un pugno di mosche.