Uno dei problemi insormontabili che affligge il nostro Paese ha a che vedere con la ricchezza non dichiarata. Nulla possono le manovre, le riforme, gli stanziamenti pensati per gestire al meglio le risorse e la spesa pubblica a favore di istruzione, famiglia, lavoro, se il sommerso in Italia continua ad avere un peso così importante.
A tal riguardo, secondo quanto emerso da un recente lavoro di ricerca condotto, tra gli altri, dall’economista Zucman, la ricchezza detenuta dagli italiani in paradisi fiscali o giurisdizioni offshore, e in generale la ricchezza non dichiarata in Italia, ammonta a oltre 200 miliardi di euro.
Questa cifra, tra l’altro, è particolarmente emblematica: la somma sottratta a gettito in Italia (200 miliardi di euro) è pari alle risorse economiche stanziate a favore dell’Italia dal PNRR.
L’economia italiana da un lato è frenata da un debito sempre più approfondito che stringe la capacità del Paese di muoversi in direzioni di crescita (si stima che ogni cittadino italiano, neonati compresi, risulta indebitato per quasi 10mila euro), dall’altro è ostacolata da un’evasione dirompente, che sembra non conoscere crisi.
Lo studio rileva che recuperare a tassazione le ingenti somme evase permetterebbe di recuperare entrate aggiuntive per oltre 15 miliardi di euro annui, incidendo per il 10,6% sul Pil nazionale.
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Dove va a finire la ricchezza degli italiani?
La ricchezza “finanziaria” degli italiani, detenuta all’estero sotto forma di azioni, bond, quote fondi e depositi bancari, ammonta a 196,5 miliardi di euro. Di questi, come segnala Teleborsa, 181 miliardi sono depositati su conti correnti di banche off-shore o in altre attività finanziarie, quali, azioni, obbligazioni e quote fondi.
La Svizzera continua ad essere la meta prediletta per gli italiani che scelgono la via dei paradisi fiscali: dallo studio in esame emerge infatti che il 45,5% (pari a 82,6 miliardi) ha trasferito i capitali in Svizzera.
La restante parte degli italiani sembra invece sfruttare le opportunità fiscali e finanziarie dell’Irlanda, dell’Olanda, dell’Asia nonché dell’America.
Quali sono i beni non dichiarati?
Come mette in rilievo anche Teleborsa, si tratta di Yacht, gioielli, jet privati, opere d’arte e immobili. Da Dubai a Singapore, da Parigi a Oslo, gli italiani comprano e investono in beni di lusso. Il valore degli immobili acquistati in Costa Azzurra ammonta a 7,3 miliardi, quello delle proprietà acquistate a Parigi a 3,7 miliardi, a Londra a 2,7 miliardi, a Oslo attorno ai 200 milioni e, fuori dall’Europa, a Dubai a 920 milioni ed a Singapore a 140 milioni.
Paradisi fiscali: chi entra e chi esce dalla lista
Svizzera, Gibilterra e Bermuda hanno deciso di adeguarsi alle nuove normative in materia anti-evasione e implementare l’aliquota minima al 15%.
Diversa sorte per Estonia, Lettonia, Lituania, Malta e Slovacchia. Questi Paesi hanno chiesto alla Commissione europea di chiudere ancora un occhio su alcune politiche fiscali interne, considerate anti-concorrenziali, chiedendo di posticipare il periodo di adeguamento.
Quali sono i Paesi considerati non cooperativi fiscalmente?
Stando alla lista che l’UE stila e continuamente aggiorna, ecco le giurisdizioni non cooperative dal punto di vista fiscale.
Samoa americane; Anguilla; Antigua e Barbuda; Bahamas; Belize; Figi; Guam; Palau; Panama; Russia; Samoa; Seychelles; Trinidad e Tobago; Isole Turks e Caicos; Isole Vergini degli Stati Uniti; Vanuatu.
I criteri di inserimento nella lista riguardano:
- il livello di trasparenza fiscale
- i criteri di equa imposizione
- le misure contro l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili