“Occorre che il capitale privato non sia sovrastato da quello pubblico, altrimenti le imprese rischiano di irrigidirsi”, spiega Cipolletta
Secondo Anna Gervasoni, direttore generale di Aifi, il capitale umano rappresenta oggi la leva per far crescere le imprese
Nel periodo di investimento il numero medio totale di dipendenti è cresciuto dell’89%
“È importante che il capitale privato sia supportato dal capitale pubblico quando è necessario, come in questo momento. Occorre però che il capitale privato non sia sovrastato da quello pubblico, altrimenti le imprese rischiano di irrigidirsi”. Con queste parole Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi, ha aperto il convegno annuale dell’associazione dedicato all’impatto della pandemia sulle operazioni di private capital. Un’occasione anche per sottolineare come l’Italia resti un paese con grandi disponibilità di risparmio che oggi dovrebbe “affluire direttamente alle imprese, in particolare a quelle non quotate”. Ma qual è lo stato di salute del tessuto imprenditoriale italiano e su cosa bisogna puntare affinché si possa parlare realmente di una ripartenza?
Secondo Anna Gervasoni, direttore generale di Aifi, il capitale umano rappresenterebbe oggi la leva per far crescere le imprese. La ricerca
Private capital, human capital ha analizzato 127 operazioni di portafoglio al 31 dicembre 2019 o disinvestite nei precedenti tre anni e ha evidenziato un incremento del numero medio di dipendenti delle società target del
private equity nel periodo di permanenza dell’investitore dell’89%, con una composizione femminile del 41% e una percentuale media di laureati del 26%. Solo per le operazioni di buy-out si parla complessivamente del +111%, seguite dalle operazioni di replacement con il +54% e dalle operazioni di expansion con il +11%.
Nell’78% dei casi, inoltre, sono stati adottati
piani di incentivazione per il management e il 2% risultano in corso, per una media di sette dirigenti (di cui una donna) e di tre nuovi manager. Nel 45% dei casi, invece, sono stati accolti piani di welfare per i dipendenti, in particolare di assistenza sanitaria. Nel 19% sono stati introdotti nuovi comitati a supporto del Consiglio di amministrazione e nel 60% un codice etico. Sul versante della sostenibilità, durante l’
holding period sono state implementate
politiche esg (environmental, social, governance) nel 32% dei casi, una percentuale che sale al 63% se si considerano unicamente le target oggetto di investimento da parte degli operatori internazionali. Inoltre, in oltre la metà dei casi in cui sono state adottate queste politiche è stato nominato un responsabile esg nel Consiglio di amministrazione.
“Abbiamo distinto l’operatività dei fondi italiani da quelli internazionali, che mostrano una maggiore attenzione all’esg – aggiunge la Gervasoni – Questo perché una cultura sostenibile nei fondi paneuropei è stata introdotta già da tempo, mentre in Italia siamo partiti da poco. Sarà interessante vedere tra qualche anno se ci sarà stato un miglioramento”.
“L’Italia è tra i Paesi europei con il più alto numero di imprese familiari, pesando circa il 70% in termini di occupazione. Se si vuole fare il salto dimensionale, occorre impegnarsi nella crescita delle proprie risorse umane sia in termini di numero sia in termini di professionalità. Guardando i dati si vede come gli operatori spingano su questo punto”, commenta al proposito Cipolletta, poi conclude: “Una migliore governance ha aiutato senz’altro a reagire meglio nel periodo dell’emergenza sanitaria”.
“Occorre che il capitale privato non sia sovrastato da quello pubblico, altrimenti le imprese rischiano di irrigidirsi”, spiega CipollettaSecondo Anna Gervasoni, direttore generale di Aifi, il capitale umano rappresenta oggi la leva per far crescere le impreseNel periodo di investimento il numero me…