Dollaro, Turchia, gas: così le banche centrali scuotono i mercati

L’overview sui mercati mette in luce un imponente recupero che trascina quasi tutte le classi di attivi. Tra le materie prime spicca il rally dello stagno: +27% nel mese (dati al 28/11/2022), anche se la variazione da inizio anno rimane in rosso (-43%).
Nel complesso i risultati più significativi nel breve termine riguardano i metalli e i materiali, inclusi quelli preziosi. Il gas si conferma la commodity più apprezzata nel 2022, a +93% dall’inizio dell’anno e +13% in novembre. Oltre alla correzione dei prodotti agricoli, anche il petrolio risulta debole e lascia sul terreno circa il 6%.
A tal proposito, sull’oro nero (che nell’anno corrente si apprezza meno dell’8%) non si esclude una ripresa nel brevissimo termine, stimolata dal concludersi del piano di vendite per mano degli Usa, determinante nel calmierarne i prezzi.
Euro vs dollaro e le prossime mosse delle banche centrali
Rilevante è l’apprezzamento dell’euro sul dollaro (+4,63% in novembre), ma con la moneta unica ancora sotto di 9 punti percentuali sul biglietto verde nel 2022. A ben vedere, l’inversione di tendenza si è verificata attorno a circa due mesi fa, quando il dollaro aveva raggiunto il +15,75% da inizio anno, ed è poi continuata malgrado il sesto rialzo operato dalla Fed a inizio novembre, portando il range a 3,75-4%, il livello più alto dal 2008. Infatti, solo qualche giorno prima, a fine ottobre, anche la Banca centrale europea (Bce) ha alzato nuovamente i tassi: si è trattato del terzo rialzo del 2022, di ben 75 basis point e che ha portato i tassi al 2%.
È opinione diffusa tra molti analisti che la Fed rallenterà il passo, vista la fiacchezza di alcuni dati macroeconomici, e di avanzare con un aumento di “soli” 50 punti base a dicembre. Contemporaneamente, anche la Bce non può contare su un ampio spazio di manovra a causa dei dati macro europei, ancor meno tonici di quelli Usa. L’aumento de costo del denaro è infatti un’operazione di politica monetaria atta a indurre una recessione controllata per contrarre gli investimenti nell’economia reale e contrastare l’aumento del costo della vita.
Purtroppo i fattori alla base dell’inflazione negli Usa e in Europa sono intimamente dissimili. Nel primo degli Stati Uniti, infatti, è possibile attribuire la corsa dei prezzi alla piena occupazione, stimolata da anni e anni di tassi a zero, mentre nel Vecchio continente il rally è principalmente dovuto a un aumento esogeno del costo delle materie prime, a fronte di un mercato del lavoro che, pur non versando in condizioni drammatiche, è lontano dai livelli ottimali. È quindi probabile che la Bce possa decretare solo un ultimo rialzo entro fine anno, di 25-50 bp. In questo modo privilegerà le vie alternative al rialzo dei tassi come lo stop al sostegno delle Tltro per le banche e il quantitative tightening.
Con queste premesse, nei mesi a venire potremmo assistere a un consolidamento del tasso di cambio, o ad un contenuto rialzo del dollaro Usa, mentre l’apprezzamento dell’euro, meno probabile, potrebbe trovare una spinta significativa solo dalla conclusione della guerra in Ucraina e da una ricostruzione capace di attirare capitali extracontinentali.
Gli altri mercati mondiali
Nel frattempo, la cronaca racconta ancora del rally della Turchia, +24% nel mese e +165% da inizio 2022. L’Asia si dispone lungo tutta la classifica, con gli allunghi record di Hong Kong (+18%) fino al micro cedimento di Jakarta. I listini europei si piazzano meglio di quelli americani, pur tutti in espansione. Molto bene anche il mercato italiano, a +8%, anche se ancora in rosso di 10 punti percentuali da inizio anno.
Le strategie da adottare in ottica di asset allocation
Ad oggi, l’impostazione dei mercati è meno buia di qualche mese fa e nelle ultime settimane ha fornito numerose occasioni di rientro sui mercati per i portafogli molto liquidi.
Un ingresso massiccio, spesso, non si rivela essere prudente: un piano di acquisti parametrato alle mosse delle banche centrali e fittato su un’asset allocation personalizzata dovrebbe essere la via elettiva.
(Articolo scritto in collaborazione tra Luca Lodi, head of R&D Fida, e Monica Zerbinati, financial analyst Fida)