Dei 4.600 miliardi di masse controllate dalle investitrici, ben 3.600 miliardi (78%) riguardano donne sposate o in coppia, mentre il restante 22% riguarda donne single o divorziate. Un aspetto che incide anche sul loro rapporto con le istituzioni finanziarie
I portafogli delle donne sono costituiti per il 32% da azioni e per un ulteriore 32% da bond, contro il 45 e il 24% rispettivamente per gli uomini. Il che genera un gap annuo in termini di rendimenti compreso tra i 5mila e i 10mila euro
Le donne investitrici controllano oggi circa un terzo degli asset under management in Europa Occidentale, per un valore di 4.600 miliardi di euro. Una quota che, nelle stime di McKinsey, potrebbe sfondare il tetto dei 10mila miliardi entro il 2030. Eppure, si tratta ancora di un segmento sottoservito. La società internazionale di consulenza manageriale spiega come dovrà evolversi il settore del wealth management per attrarre e trattenere una clientela sempre più al femminile. Identificandone caratteristiche e bisogni. Anche nelle scelte d’investimento.
L’analisi è stata condotta su un campione di 5.000 investitori (3.000 donne e 2.000 uomini equamente distribuiti tra Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito) divisi in tre categorie: affluent (con attività finanziarie comprese tra i 50mila e i 500mila euro), private (dai 500mila ai 2 milioni) e high net worth (oltre i 2 milioni). Dei 4.600 miliardi di masse detenute dalle donne ben 3.600 miliardi (78%) riguardano donne sposate o in coppia, mentre il restante 22% riguarda donne single o divorziate. Un aspetto che incide anche sul loro rapporto con le istituzioni finanziarie. Tra le donne con una relazione, il 54% dichiara di affidarsi alla stessa banca del proprio partner (contro il 57% degli uomini). Allo stesso modo, il 64% delle donne e il 61% degli uomini affermano di condividere lo stesso consulente finanziario. Ma quando gli si chiede se cambierebbero banca o consulente in caso di separazione, il 40% delle donne dichiara di sì a fronte del 29% degli uomini.
L’asset allocation al femminile
I portafogli delle donne sono inoltre costituiti per il 32% da azioni e per un ulteriore 32% da bond, contro il 45 e il 24% rispettivamente per gli uomini. Una differenza che genererebbe un rendimento medio del 5% per le investitrici contro il 6% per gli investitori, che si tradurrebbe in un divario annuo di genere compreso tra i 5mila e i 10mila euro. “Per aiutare a colmare questo gap, banche e gestori patrimoniali potrebbero fornire una consulenza su misura e specifici servizi per garantire alle donne maggiori opportunità per valutare rischi e rendimenti di diverse strategie d’investimento e diversi mix di classi di attività”, spiega McKinsey. Ma la differenziazione dei servizi richiede anche una certa conoscenza delle differenze negli atteggiamenti, nei comportamenti e nei bisogni.
Cosa chiedono al consulente
Una parte sostanziale delle donne intervistate esprime intanto la volontà di ricevere più consigli dalle istituzioni finanziarie, in particolare attraverso canali digitali. Inoltre, il 28% dichiara che desidererebbe ricevere più consigli telefonici dagli esperti (contro il 22% degli uomini) e il 25% punterebbe invece su consulenti dedicati (contro il 21% degli uomini). Ma a dispetto dei desiderata, l’insoddisfazione caratterizza entrambi i generi: il 43% delle donne ammette di non essere complessivamente soddisfatto della qualità dei consigli finanziari ricevuti, che si sposa con una percentuale ancora più alta di uomini (49%).
Ciononostante, sebbene le donne abbiano meno probabilità di modificare il proprio portafoglio più di una volta al mese (36% contro il 45% degli uomini), hanno invece più probabilità di farlo qualora il consulente proponga loro un nuovo investimento (32% contro il 24%). Inoltre, il 58% afferma di prendere personalmente tutte o la maggior parte delle decisioni d’investimento in famiglia (contro il 73% degli uomini) mentre un terzo dichiara di condividerle equamente con gli altri componenti rispetto a un quarto degli uomini. Infine, il 42% riferisce di aver adottato un approccio avverso al rischio, contro il 34% della componente maschile della popolazione.
Come migliorare l’offerta al femminile
In definitiva, secondo McKinsey, per non perdere un’opportunità al femminile da 10mila miliardi di euro il settore del wealth management dovrebbe sviluppare un approccio sistematico a tre fasi:
- trasformare la propria proposta di valore e il proprio percorso d’investimento per soddisfare al meglio le esigenze dei diversi segmenti di clienti donne: imprenditrici, professioniste, single, sposate, con figli, divorziate, vedove e pensionate, tra le altre. Progettando piattaforme digitali per fornire contenuti ed esperienze pensate sui loro bisogni. Gli argomenti trattati potrebbero includere per esempio il risparmio per i figli, la pianificazione familiare patrimoniale e i prodotti pensionistici a lungo termine. Inoltre, le società di gestione patrimoniale potrebbero organizzare degli eventi di networking regolari dedicati alla clientela al femminile per sostenere l’educazione finanziaria e l’uguaglianza di genere e coinvolgere associazioni locali, dirigenti e role model;
- formare i propri consulenti affinché mettano in primo piano i bisogni delle donne e lavorare per rafforzare la relazione consulente-cliente. Per fare ciò, le società di gestione patrimoniale potrebbero personalizzare i propri servizi di consulenza e offrire un supporto adeguato alle diverse fasi di vita delle donne, come la gestione del patrimonio prima del matrimonio e dopo il divorzio. Inoltre, i consulenti finanziari dovrebbero imparare a comprendere i bisogni al femminile e come cambiano man mano che la loro carriera avanza o le circostanze familiari mutano;
- ripensare a come la propria organizzazione crei valore per le donne, prendendo in considerazione anche i canali digitali e promuovendo nuovi investimenti e una nuova pianificazione finanziaria su misura. Infine, i gestori patrimoniali potrebbero fornire consigli specifici a tutto tondo su argomenti come il finanziamento dell’istruzione, l’assistenza sanitaria e la pensione, per aiutare le donne a pianificare un futuro più sicuro.