Mid e small cap: faccia a faccia con inflazione e banche centrali

Rita Annunziata
22.2.2022
Tempo di lettura: 5'
Le mid e small cap italiane restano sotto pressione nel breve termine, anche se supportate dagli afflussi di Pir. Le stime del team di ricerca di Intermonte

L’indice Ftse Italy Mid-Cap ha sottoperformato l’indice principale dello 0,6% scivolando del -2,7% nell’ultimo mese (a fronte del -2,1% del mercato azionario italiano)

“L’inflazione e le reazioni delle banche centrali rimangono il driver principale che spiega la performance dei mercati, prolungando la pressione sui titoli growth e quindi sulle mid-cap”

Performance col segno meno per le mid e small cap italiane. Stando a una nuova analisi del team di ricerca di Intermonte, l'indice Ftse Italy Mid-Cap ha sottoperformato l'indice principale dello 0,6% scivolando del -2,7% nell'ultimo mese (a fronte del -2,1% del mercato azionario italiano). Per l'indice Ftse Italy Small Caps si parla del -2%. Un settore che resta dunque sotto pressione ma che si mostra più resiliente rispetto al resto del continente, con l'indice Msci Europe Small Caps in calo del -4,6% nello stesso periodo.
“L'inflazione e le reazioni delle banche centrali rimangono il driver principale che spiega la performance dei mercati, prolungando la pressione sui titoli growth e quindi sulle mid-cap”, spiegano dall'investment bank indipendente. Il mercato, si legge nella nota, penalizza infatti “i titoli growth che scambiano a multipli superiori alla media storica, nonostante la direzione delle stime si sia dimostrata solida”. La preoccupazione principale, osservano i ricercatori, è che le banche centrali “siano in ritardo sul controllo dell'inflazione, riflettendo forse un potenziale errore di politica monetaria che potrebbe condurre a una recessione”. Un timore, tuttavia, considerato prematuro. “Ci aspettiamo che le banche centrali rimangano flessibili e che, nel corso dei prossimi mesi, riconsiderino i recenti annunci più restrittivi per rinnovare il loro sostegno alla crescita economica attraverso politiche monetarie più dovish”.
Quanto alle società a media e piccola capitalizzazione, secondo il team di ricerca di Intermonte “il value vs growth non ha senso se questo significa passare da titoli di qualità superiore a titoli di qualità inferiore. I titoli italiani di alta qualità possono essere scambiati a multipli considerabili elevati, ma non molto lontani dal livello di supporto fondamentale”. Considerando che nel mese di marzo la maggior parte delle aziende diffonderà i dati relativi al 2021 e fornirà il proprio outlook sull'anno in corso, stando ai ricercatori “una maggiore visibilità sulla direzione degli utili” dovrebbe inoltre “rassicurare gli investitori”. In un contesto di incertezza connesso, tra l'altro, alle strozzature nella supply chain e ai rincari di gas ed energia elettrica.

Parallelamente, le ultime stime di Assogestioni sui fondi Pir hanno riportato una raccolta netta nel quarto trimestre del 2021 pari a 379,5 milioni di euro. Intermonte conferma le previsioni positive sulla raccolta per il 2022, ma evidenzia come la recente volatilità di mercato potrebbe rappresentare un “vento contrario” e l'accelerazione attesa risultare “meno aggressiva”. Per i Pir alternativi, la raccolta relativa al primo semestre dello scorso anno ammontava a 428 milioni di euro mentre il patrimonio gestito si è portato nello stesso periodo sui 684 milioni. “Dati complessivamente incoraggianti”, scrivono dal team di ricerca, “considerando che per il momento solo pochi fondi hanno ricevuto l'approvazione”. Un altro aspetto da considerare, aggiungono, è che i Pir 3.0 prevedono oggi un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (vale a dire il 3,5% del fondo totale) in small cap non inserite negli indici Ftse Mib e Ftse Mid. Il che, secondo gli esperti, potrebbe indirizzare i flussi “verso un universo di piccole imprese che dovrebbero trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori”.

Le stime sui Pir


Guardando ai prossimi 10 mesi, Intermonte stima una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di Pir pari a 1,8 miliardi di euro nel 2022. Per chi sottoscrive Pir in modo continuativo, si prevede che la raccolta complessiva nel secondo anno ammonterà “a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello)” e nei restanti anni (vale a dire dal terzo al quinto anno) si stima “una raccolta stabile, pari in media al 60% degli investimenti effettuati nel secondo anno”. L'importo del capitale che sarà prelevato dagli investitori che decideranno invece di uscire dal fondo prima dello scoccare dei cinque anni si porterebbe invece su circa il 4% del patrimonio in gestione nel 2021 e oltre. Chiudono il cerchio i Pir alternativi. “Sulla base delle nostre aspettative per gli Eltif, prevediamo afflussi di 300 milioni di euro nel 2020, 1,5 miliardi nel 2021 e 1,8 miliardi nel 2022, raggiungendo così un Aum cumulativo di 3,6 miliardi entro il 2022”, si legge nel rapporto. Il credito d'imposta su eventuali minusvalenze maturate su investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2021, introdotto alla fine dello scorso anno per i sottoscrittori di fondi Pir istituiti dal 1° gennaio 2021, secondo Intermonte potrebbe infine rappresentare per i Pir “un ulteriore importante strumento di marketing”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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