S&P Global Rating ha pubblicato il report “2020 Annual Sovereign Default And Rating Transition Study”, con il quale ha analizzato i default e i declassamenti inerenti al debito sovrano avvenuti nel 2020
I default hanno raggiunto il loro record annuale, con ben 7 insolvenze nell’arco dei dodici mesi. I declassamenti sono stati 26 ma l’80% dei titoli governativi non ha subito cambiamento di giudizio nel merito creditizio
La diffusione del covid e il crollo dei prezzi del petrolio hanno creato condizioni di credito difficili per i titoli sovrani. I default sul debito hanno raggiunto il loro massimo storico e così tanti declassamenti non si vedevano dal 2011. A dirlo è S&P Global Ratings nel suo report annuale sul mondo delle obbligazioni governative.
Nel 2020 si sono osservate sette insolvenze sulle obbligazioni statali: si tratta del conteggio più alto mai registrato (il massimo precedente era stato segnato nel 2017). I governi dolosi erano entrati nel 2020 con parametri di credito già indeboliti – nessuno aveva un rating superiore a “B” – e avevano poco spazio per assorbire l’impatto della recessione indotta dalla pandemia. Tutti i default sono avvenuti nei mercati emergenti e in quelli di frontiera. Per regione, l’America Latina ha registrato il maggior numero di inadempienze, con cinque, provenienti da Argentina, Belize, Ecuador e Suriname (che è stato inadempiente due volte). Gli altri due inadempienti, Libano e Zambia, provenivano dalla regione del Medio Oriente e dell’Africa. Tutte tranne una di queste insolvenze sovrane sono dovute in una certa misura alle sfide del credito senza precedenti del COVID-19 e al crollo del prezzo del petrolio. Sia l’Ecuador che il Suriname sono stati alle prese con shock economici poiché il calo dei prezzi del petrolio ha colpito le esportazioni. In Argentina, la pandemia ha acuito la tensione fiscale dovuta a entrate più deboli, spese più elevate e condizioni sfavorevoli sui mercati finanziari esterni. Il default del Libano invece non è stato correlato al covid, ma piuttosto a pressioni fiscali e politiche non contingenti alla crisi pandemica.
Pandemia e successivo crollo nel prezzo del greggio sono stati anche i principali motivi dietro al declassamento di molti emittenti, saliti al livello più alto dal 2011 in concomitanza alla crisi del debito sovrano della zona euro. Tuttavia, a differenza del 2011, la maggior parte dei declassamenti hanno riguardato emittenti di livello speculativo. I mercati emergenti e di frontiera sono stati i più colpiti, in particolare gli esportatori di petrolio. Il Medio Oriente e l’Africa hanno registrato il maggior numero di declassamenti (13), seguiti dall’America Latina (11). Tuttavia, quasi l’80% dei rating del credito sovrano è rimasto invariato nel corso degli ultimi dodici mesi. Dei rating modificati, il 14,9% è stato abbassato, il 4,48% è stato conseguente a insolvenze, mentre l’1,49% è stato rivisto al rialzo.
Dei 26 titoli sovrani che S&P Global ha declassato (oltre ai sei il cui downgrade è stato in conseguenza dei default), 7 sono stati penalizzati a causa delle pressioni che il covid ha posto sulle finanze dei paesi emittenti. Tra questi compaiono il declassamento delle Bahamas e dello Sri Lanka, messi a dura prova per l’assenza di turismo, principale fonte di entrate per questi paesi, e della Nigeria e del Congo, che non hanno retto al calo del prezzo del petrolio. Sei declassamenti sono invece attribuibili all’aumento degli oneri del debito (Oman, Sharjah, Ghana, Papua Nuova Guinea, Panama, Trinidad e Tobago), mentre invece cinque declassamenti sono stati dovuti alle pressioni sull’economia globale che scivolava in un’improvvisa recessione (Curacao, Kuwait, Mexico, Ras Al Khaimah, Sud Africa) e due a crisi di liquidità (Angola, Cameroon).
S&P Global Rating ha pubblicato il report “2020 Annual Sovereign Default And Rating Transition Study”, con il quale ha analizzato i default e i declassamenti inerenti al debito sovrano avvenuti nel 2020I default hanno raggiunto il loro record annuale, con ben 7 insolvenze nell’arco dei dodici me…