Gli indici tecnologici quotati sulle borse cinesi mercoledì hanno perso tra il 3% e il 6%. La capitalizzazione bruciata da inizio settimana è quantificabile in 290 miliardi
Martedì è stata diramata una bozza regolamentare da parte della State Administration for Market Regulation. Mercoledì la China Banking and Insurance Regulatory Commision ha promesso che osserverà con molta attenzione i monopoli delle fintech
I due giorni neri delle società tech
Su tutte e tre le borse valori cinesi nella giornata di mercoledì si è osservato un calo dei prezzi del comparto tech. A Shenzen l’indice ChiNext, ha perso il 3,3%; a Shanghai lo Star 50 è calato del 3,2%, ad Hong Kong l’Hang Seng Tech è capitolato del 6,3%. Le azioni di Alibaba nelle ultime due sedute hanno perso il 14,4%, bruciando 117 miliardi di capitalizzazione di mercato. Le rivali Tencent e JD.com non hanno fatto meglio, l’una perdendo l’11,4% e l’altra il 17,2% nello stesso periodo. Tra le performance più negative anche quelle del gigante del food delivery Meituan (-19,2%) e di Xiomi, diretta concorrente di Apple (-12,1%). Tutto questo a una settimana esatta dalla sospensione della quotazione di Ant Group, preannunciata come la più grande ipo della storia, con una raccolta stimata in 37 miliardi di dollari e una capitalizzazione di mercato superiore ai 300 miliardi di dollari, quasi come quella di Bank of America.
La stabilità viene prima dell’innovazione
Il fil rouge tra gli eventi di questa e della scorsa settimana è la svolta regolamentare voluta dal governo sulle società tech. In particolare quelle operanti nel settore finanziario. “Il governo si è accorto come molte fintech, pur essendo soggette a una regolamentazione minore rispetto a quella bancaria, hanno iniziato a sostituire le banche nelle loro funzioni” spiega Geraci, che vede nell’operato del governo una certa sistematicità. Si lasciano crescere i settori finché non si osserva un rischio sistemico. “Jack Ma recentemente aveva detto che il sistema finanziario cinese reprime l’innovazione. La risposta del governo non si è fatta attendere” continua Geraci, che spiega come generalmente vi sia un trade-off tra innovazione e regolamentazione e che quando c’è pericolo per la stabilità del sistema si sceglie la seconda opzione. Sotto la lente del governo la leva finanziaria. “Limitare la leva significa avere ritorni più bassi. A livello di mercato la valutazione non dovrebbe variare in quanto anche il rischio sopportato è minore. Eppure i prezzi scendono, perché gli investitori guardano più al rendimento che al rischio” osserva il professore della New York University Shanghai. Infine Geraci osserva come il discorso fintech è da inserirsi nella crescita più generale ed sostenuta di tutto il comporto tech: “In Cina l’economia digitale vale il 35% del pil: ovvero 5.000 miliardi, quasi tre volte il pil italiano. Il fintech è solo la punta dell’iceberg”.