Scissione mediante scorporo al debutto, profili fiscali e impieghi

Domenico Ponticelli
Domenico Ponticelli, Damiano Di Vittorio
24.5.2023
Tempo di lettura: 3'
La scissione mediante scorporo è una nuova operazione capace di porsi come efficiente strumento da impiegare nei processi di riorganizzazione di gruppi societari. Focus sugli aspetti fiscali

Il nuovo art. 2506.1 del codice civile introduce nel nostro ordinamento l’istituto della cosiddetta “scissione mediante scorporo”. 

In breve, si tratta della possibilità di effettuare un’operazione di scissione societaria assegnando parte del patrimonio della società scissa – anche non rappresentata da un ramo aziendale, ma da singole attività e passività – a una (o più) società beneficiarie di nuova costituzione, e, contestualmente, le azioni o quote emesse da quest’ultime alla società scissa. A esito dell’operazione, pertanto, la società beneficiaria neo-costituita risulterà partecipata direttamente dalla società scissa e non, come avviene nell’ipotesi tradizionale di scissione, dai soci di questa, con la conseguente non configurabilità di ipotesi di concambio e/o annullamento di partecipazioni. 

Il nuovo istituto suscita diversi interrogativi sul piano tributario, non essendo prevista al momento una disciplina ad hoc. Ne consegue la necessità di individuare gli effetti fiscali che, tanto ai fini dell’imposizione diretta che indiretta, caratterizzano la “nuova” operazione.
L’analisi non può che prendere le mosse dalla constatazione che l’operazione di “scorporo” ad oggi era possibile ricorrendo all’istituto del conferimento, rispetto al quale la nuova forma di scissione si pone, dunque, come operazione alternativa. 

 

Scissione con scorporo e conferimento a confronto 

Date le circostanze, la risposta alla domanda se il corretto regime fiscale applicabile al nuovo istituto debba essere quello caratterizzante i conferimenti in società, ovvero quello proprio dell’operazione di scissione “tradizionale”, è tutt’altro che scontata. Le differenze tra i due istituti sotto il profilo tributario non sono di poco conto considerato che l’operazione di scissione è fiscalmente neutrale sia per i soci della società scissa sia con riferimento ai beni detenuti da quest’ultima (art. 173, Tuir), mentre il conferimento rappresenta un’operazione realizzativa sostanzialmente equiparata a una cessione a titolo oneroso. A differenza della scissione, infatti, il conferimento può determinare l’insorgenza di plusvalenze o minusvalenze fiscalmente rilevanti. 

Fa eccezione a tale regola (per esempio, il realizzo) il conferimento d’azienda disciplinato all’art. 176 del Tuir, che si caratterizza per essere fiscalmente neutrale. In tal caso, la neutralità si ottiene attribuendo alle partecipazioni ricevute per effetto del conferimento l’ultimo valore fiscalmente riconosciuto all’azienda conferita e garantendo il subentro del conferitario nella posizione del conferente, in ordine agli elementi dell’attivo e del passivo dell’azienda, con perfetta continuità dal punto di vista fiscale (secondo il regime della cosiddetta “doppia sospensione”). 

Vi sono poi alcuni casi in cui il conferimento, pur non dando luogo a fattispecie di realizzo, non può nemmeno essere propriamente qualificato come neutrale in quanto la mancata emersione di materia imponibile deriva dal comportamento adottato sul piano “contabile” dalle parti dell’operazione. È il caso, ad esempio, del conferimento di partecipazioni di controllo ex art. 175 del Tuir, nonché del regime di realizzo cosiddetto “controllato” di cui all’art. 177, commi 2 e 2-bis, del Tuir, in cui, come detto, la “neutralità” è una conseguenza, non necessaria, delle opzioni contabili adottate dal conferitario.

Analoghe differenze tra le due operazioni sono riscontrabili anche nell’ambito dell’imposizione indiretta: 

  • l conferimento sconta – eccettuati i casi in cui lo stesso abbia a oggetto aziende o partecipazioni di controllo o collegamento – l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale; 
  • la scissione è soggetta ad imposta in misura fissa. 

Atteso che il nuovo istituto può avere a oggetto anche singoli elementi dell’attivo o del passivo, ecco che in simili fattispecie il differente trattamento fiscale tra scissione (come la neutralità) e conferimento (come l’imponibilità) potrebbe generare dubbi in termini di configurabilità di fenomeni di abuso del diritto ai sensi dell’art 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000) ove si optasse per la soluzione che implica la neutralità.

Quale regime fiscale è applicabile?

Tenuto conto delle ragioni che hanno ispirato l’introduzione dell’istituto in commento, sarebbe auspicabile che lo stesso fosse trattato, sul piano fiscale, alla stregua di una tradizionale operazione di scissione societaria, fiscalmente neutrale, e che, al contempo, tale soluzione interpretativa non debba considerarsi suscettibile di valutazioni in chiave antiabuso, per il solo fatto di rendere l’operazione più conveniente rispetto a operazioni realizzative a essa alternative. 

In tal senso, infatti, depone non solo lo stesso Statuto del contribuente che, al comma 4 dell’articolo 10-bis citato, espressamente riconosce la libertà del contribuente nella scelta tra operazioni caratterizzate da un carico fiscale diverso, ma poste dall’ordinamento su di un piano di pari dignità (prediligendo, tra di esse, quella fiscalmente meno onerosa), ma anche la previsione recata dall’art. 51, comma 3, del D.Lgs. 19/2023 (di introduzione, appunto, del nuovo articolo 2506.1 del codice civile), nella quale si afferma che l’introduzione nel nostro ordinamento della scissione mediante scorporo è stata effettuata “al fine di consentire alle società il trasferimento di attività e passività a una o più società di nuova costituzione regolate dal diritto interno anche avvalendosi della disciplina della scissione”. In altre parole, il richiamo alla disciplina della scissione fa desumere come la nuova operazione di scorporo rappresenti, sul piano civilistico, una delle possibili forme con cui la scissione possa essere attuata.

Ne conseguirebbe, sul piano fiscale, l’applicabilità alla scissione mediante scorporo del regime di neutralità fiscale previsto dall’art. 173 del Tuir, con la necessità di risolvere, in chiave interpretativa, alcuni potenziali dubbi di applicazione delle disposizioni ivi previste, che si pongono in considerazione della diversità di struttura dell’operazione in esame rispetto alla scissione per così dire “tradizionale”, ove come noto le partecipazioni emesse dalla beneficiaria vengono assegnate ai soci della scissa e non alla scissa medesima.

In primo luogo, dunque, la scissione mediante scorporo non dovrebbe comportare l’emersione di materia imponibile in capo alla società scissa in relazione ai beni trasferiti, i quali verrebbero acquisiti dalla società beneficiaria ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti in capo alla scissa alla data di efficacia dell’operazione, in applicazione del principio della «continuità dei valori fiscali» dei beni medesimi nel passaggio dal dante causa all’avente causa, quale indefettibile corollario della neutralità fiscale dell’operazione. 

L’assegnazione delle azioni o quote emesse dalla beneficiaria neocostituita alla scissa (e non ai soci di questa) pone inoltre il tema di come debba essere determinato il valore fiscale da attribuire alle partecipazioni nella società beneficiaria ricevute dalla scissa medesima. In ossequio alla natura neutrale dell’operazione, la soluzione, che appare più corretta e coerente, sembra essere quella di riconoscere alla partecipazione emessa dalla beneficiaria il medesimo valore fiscale attribuibile ai beni ad essa trasferiti per effetto dell’operazione, mutuando i criteri previsti dall’art. 176 del Tuir per il conferimento d’azienda. 

Occorre altresì interrogarsi su quali possano essere gli effetti della scissione mediante scorporo sulla stratificazione fiscale del patrimonio netto della scissa e della beneficiaria.
Con riferimento alla scissione parziale “tradizionale”, infatti, l’amministrazione finanziaria ha più volte affermato (cfr., ex multis, Risoluzione n. 281/E del 4 ottobre 2007) che la società beneficiaria è tenuta a ricostruire prioritariamente le riserve in sospensione d’imposta ai sensi dell’art. 173, comma 9, del Tuir e che gli ulteriori incrementi del patrimonio netto contabile registrati presso di questa debbano ritenersi costituiti da riserve di capitale e da riserve di utili nella medesima proporzione esistente presso la scissa ante operazione, prescindendo quindi dalla natura delle riserve utilizzate per rilevare contabilmente l’assegnazione patrimoniale. 

Pare ragionevole ritenere che analogo criterio non possa trovare applicazione nell’ambito della nuova forma di scissione, pena il verificarsi di potenziali duplicazioni di riserve di utili con rischio di doppie imposizioni: in tale fattispecie, infatti, non si verifica alcuna variazione nel patrimonio netto contabile della società scissa che sostituisce (in continuità di valori) gli asset scorporati con le partecipazioni nella beneficiaria ricevute in cambio.
La soluzione più coerente rispetto alla sostanza dell’operazione e che consentirebbe di scongiurare le predette duplicazioni potrebbe essere quella di qualificare, sul piano fiscale, l’incremento di patrimonio netto della beneficiaria neocostituita al pari di una riserva di capitale – similmente a quanto avviene in occasione di un normale apporto di equity in favore di una partecipata – mantenendo al contempo ferma la stratificazione fiscale del patrimonio netto della scissa. 

Da ultimo, l’applicazione del citato regime di neutralità fiscale determina che, dalla data di efficacia della scissione, le posizioni soggettive della società scissa debbano essere ripartite, trattandosi di scissione “parziale”, tra la società beneficiaria e la scissa medesima in proporzione alle rispettive quote di patrimonio netto contabile trasferite o rimaste, in ossequio a quanto previsto dall’art. 173, comma 4, del Tuir, a eccezione di posizioni soggettive connesse specificatamente (o per insiemi) agli elementi patrimoniali “scorporati”, le quali seguiranno tali elementi presso la società beneficiaria. 

Ne consegue, ad esempio, il trasferimento alla società beneficiaria, secondo il citato criterio proporzionale, delle perdite fiscali, eccedenze di interessi passivi e di Ace maturati in capo alla scissa ante operazione. Non dovrebbero tuttavia applicarsi le limitazioni al riporto di tali posizioni fiscali previste dall’art. 173, co. 10, Tuir, al fine di scongiurare il rischio di commercio di “bare fiscali”, atteso che la società beneficiaria deve essere neocostituita ai sensi del nuovo articolo 2506.1 del codice civile. Come chiarito dall’amministrazione finanziaria, infatti, tali limitazioni non trovano applicazione nelle scissioni a favore di società beneficiarie di nuova costituzione, ipotesi in cui nessun effetto elusivo è ravvisabile posto che l’originario organismo societario si divide in due o più soggetti, non entrando in contatto con terze economie (cfr. Circolare n. 9/E del 9 marzo 2010). 


Opportunità e rischi in contesti di riorganizzazione societaria 

Considerato quanto precede, la nuova operazione è uno strumento utile, che si aggiunge al novero delle operazioni societarie straordinarie generalmente impiegate nei processi di riorganizzazione di gruppi societari e che, in certi casi, può costituire, sul piano fiscale, una soluzione più efficiente.
Ad esempio, laddove l’obiettivo fosse la creazione di holding intermedie cui vengano attribuite, da parte della holding “scorporante”, un insieme di partecipazioni in società operanti nel medesimo settore, la scissione mediante scorporo può rappresentare un’opzione rispetto al conferimento di partecipazioni, per il quale non possano trovare applicazione i regimi di realizzo controllato previsti dagli artt. 175 e 177 sopra citati, generalmente soggetti a limiti e condizioni. 

Si pensi, ad esempio, al conferimento di partecipazioni di controllo o collegamento prive dei requisiti previsti per l’applicazione del regime di participation exemption di cui all’art. 87, comma 1, del Tuir – senza considerare quello di cui alla lettera a) del medesimo comma (come l’ininterrotto possesso della partecipazione dal 1° giorno del 12° mese precedente a quello dell'avvenuta cessione) – ricevendo in cambio partecipazioni nella conferitaria dotate invece dei requisiti per la “pex”. Per tali partecipazioni, infatti, i regimi di neutralità “indotta” previsti dalle due norme richiamate non potrebbero trovare applicazione per espressa previsione normativa antielusiva (ex art. 175, comma 2, come richiamato dall’art. 177, comma 3, Tuir), con la conseguenza che il loro conferimento in società configurerebbe un’operazione realizzativa. La scissione mediante scorporo di tali partecipazioni prive dei requisiti “pex” consentirebbe, al contrario, di raggiungere il medesimo risultato, producendo tuttavia il differimento della tassazione al momento della successiva (eventuale) cessione delle partecipazioni nella holding intermedia che sarebbe priva, a sua volta, dei requisiti “pex” in applicazione dell’approccio look through di cui all’art. 87, comma 5, del Tuir.

La creazione di holding intermedie mediante scorporo potrebbe essere funzionale, infatti, anche a una successiva cessione a terzi della parte del gruppo scorporata, da attuarsi mediante cessione, da parte della scissa, della partecipazione nella beneficiaria neocostituita. L’attuazione di una simile operazione, peraltro, non pare presentare particolari profili di rischio, in termini di abuso del diritto, ove confrontata con l’operazione a essa alternativa del conferimento (in ipotesi realizzativo) seguito dalla cessione della partecipazione nella conferitaria.

In entrambi i casi, infatti, il costo fiscale complessivo dell’operazione risulterebbe il medesimo, con l’unica differenza che: 

  • nel caso della scissione con scorporo, la plusvalenza latente della partecipazione trasferita verrebbe realizzata interamente all’atto della successiva cessione della partecipazione nella beneficiaria; 
  • nel caso del conferimento realizzativo, la stessa plusvalenza verrebbe tassata immediatamente, all’atto del conferimento, sulla base del valore normale della partecipazione ricevuta che, costituendo il nuovo costo fiscalmente riconosciuto della medesima, non verrebbe assoggettato nuovamente a tassazione in sede di successiva cessione.

In termini più generali, la realizzazione di un’operazione complessa, come quella appena descritta (per esempio, la scissione con scorporo seguita dalla cessione della partecipazione nella newco), pare difficilmente censurabile da parte del fisco ove abbia a oggetto rami d’azienda. In tal caso, infatti, non pare ravvisabile alcuna differenza rispetto all’ipotesi alternativa del conferimento d’azienda seguito dalla cessione della partecipazione ricevuta in regime “pex”, operazione espressamente non abusiva ai sensi dell’art. 176, comma 3, Tuir. Analoghe considerazioni dovrebbero valere nel caso in cui tale operazione avesse a oggetto singoli asset, di per sé non idonei a configurare un’attività commerciale. In tale evenienza, infatti, la partecipazione oggetto di successiva cessione sarebbe (quasi sempre) priva dei requisiti “pex”, e quindi la plusvalenza pienamente tassabile, in ragione dell’assenza del requisito della commercialità in capo alla beneficiaria neocostituita. 

Ferma restando la necessità di effettuare le valutazioni caso per caso, nei casi indicati non sembra sussistere alcun beneficio fiscale indebito che possa legittimare contestazioni ai sensi dell’art. 10-bis dello Statuto del contribuente. (Articolo scritto in collaborazione con Damiano Di Vittorio, Gattai, Minoli, Partners)

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Partner dello studio legale Gattai, Minoli, Partners, Domenico Ponticelli è specializzato in fiscalità internazionale e dei prodotti finanziari, fondi di private equity e real estate, operazioni di finanza straordinaria ed M&A e contenzioso tributario. Membro del Tax & legal committee Aifi è inoltre relatore in seminari e convegni nazionali e autore di pubblicazioni su tematiche di diritto tributario e internazionale.

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