Previdenza complementare: le novità in arrivo nella manovra

L’aggiunta della rendita integrativa complementare alla pensione pubblica potrebbe agevolare l’uscita dal mondo del lavoro con 64 anni d’età
Per attuare una riforma economicamente e socialmente sostenibile è necessario tenere conto dell’avvicendamento delle generazioni
Nuove prospettive per i Millenials?
Favorire l’accesso diretto alle pensioni contributive: è questo il progetto che, lato previdenza, orienta in questo momento il governo?
L’interrogativo sugli esiti è d’obbligo ma una pista iniziale verso questa direzione forse è tracciata. Stando infatti a quanto emerge dai lavori che al momento impegnano i tecnici del governo intenti a ristrutturare il ‘pacchetto previdenza integrativa’ (in vista della manovra che toccherà le pensioni nei prossimi mesi), sarebbero al vaglio una serie di misure volte a:
- costruire un ponte diretto tra previdenza pubblica e privata per facilitare l’accesso alle cosiddette “pensioni contributive”
- favorire l’aggiunta della rendita integrativa complementare alla pensione pubblica, così da agevolare l’uscita dal mondo del lavoro con 64 anni d’età e 20 di contribuzione.
In buona sostanza, ad avviso del governo, potrebbe essere una mossa efficace per andare in pensione a 64 anni, quella di accorpare la pensione pubblica alla rendita privata che discende dalla partecipazione ai fondi complementari. Altrimenti, l’alternativa per i millenials è quella di uscire dal mondo del lavoro non prima dei 70 anni.
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Lo scoglio del calo demografico
È evidente tuttavia che per avviare consapevolmente una riforma delle pensioni strutturata e inidonea a creare più danni che benefici nel medio periodo, il governo si deve confrontare con numerose incognite e fattori.
Tra gli elementi più determinanti occorre annoverare quello che va sotto il nome di fenomeno delle culle vuote.
Il calo demografico, ci sono sempre meno nascite, e l’aumento della popolazione anziana, infatti, incide fortemente sul sistema pensionistico in quanto determina un ‘peso’ per le casse dello Stato che non è ‘controbilanciato’ numericamente da nuova forza lavoro pronta a sostituire i lavoratori in uscita.
Del resto, già quest’estate Giorgetti ha avuto modo di sottolineare che qualunque riforma previdenziale si scontra con i limiti posti dalla crisi demografica. Per attuare una riforma economicamente e socialmente sostenibile è necessario infatti tenere conto dei meccanismi di avvicendamento delle generazioni.