Tra il 2017 e il 2021, hanno salutato il listino milanese 105 società, con una perdita di capitalizzazione per Piazza Affari superiore ai 55 miliardi
L’obiettivo del Ddl si è concentrato sulla riduzione del cosiddetto gold plating, ovvero “quegli istituti – e connessi oneri – che presentano un livello di regolamentazione superiore a quello minimo richiesto dalla normativa europea”
La Borsa italiana resta troppo poco attrattiva, sia per le aziende già quotate sia per quelle che potrebbero prendere in considerazione l’Ipo. La tematica è oggetto di discussione ormai da anni e, nel marzo 2022 era terminata una consultazione fra i principali attori coinvolti per individuare una serie di aggiornamenti normativi che potessero invertire la tendenza di Piazza Affari. Secondo un rapporto pubblicato da Intermonte lo scorso anno (“Sliding Doors: il flusso di listing e delisting sul mercato azionario di Borsa Italiana”), tra il 2017 e il 2021, hanno salutato il listino milanese 105 società, con una perdita di capitalizzazione per Piazza Affari superiore ai 55 miliardi.
Un nuovo disegno di legge presentato dal governo recepisce parte delle indicazioni contenute nel “Libro Verde sulla competitività dei mercati finanziari italiani a supporto della crescita”, pubblicato lo scorso luglio, nel quale si prendeva atto di come la scarsa attrattiva della Borsa Italiana dipendesse anche dalla “maggiore onerosità del processo di quotazione e dei costi di permanenza sui mercati, nonché [dalla] minore flessibilità del sistema societario rispetto alle esperienze di altri mercati europei”.
L’obiettivo del Ddl (Interventi a sostegno della competitività dei capitali) si è concentrato sulla riduzione del cosiddetto gold plating, ovvero “quegli istituti [giuridici] – e connessi oneri – che presentano un livello di regolamentazione superiore a quello minimo richiesto dalla normativa europea”.
“Il Ddl è da accogliere con grande favore in quanto migliora l’attrattività del mercato dei capitali italiano e sviluppa in modo organico e strategico il processo di quotazione delle Pmi, la governance con il potenziamento del voto plurimo e l’educazione finanziaria”, ha commentato a We Wealth Anna Lambiase, ceo di IR Top Consulting e direttore scientifico dell’Osservatorio PMI EGM.
“Semplificare le procedure di ammissione alla negoziazione e ridurre gli oneri a carico degli emittenti è centrale nello sviluppo della competitività del mercato, infatti, la quotazione in Borsa per le Pmi rappresenta una fase evolutiva nel ciclo di vita aziendale che va oltre l’operazione di finanza straordinaria volta alla raccolta di capitale, accelerandone il processo di crescita e permettendo alla società di tornare sul mercato con maggiore forza contrattuale, commerciale e patrimoniale”, ha affermato Lambiase. “Il disegno di legge ha quale ulteriore elemento significativo quello di aumentare lo spazio per gli investimenti, ampliando la platea degli investitori istituzionali nei mercati regolamentati. E’ infatti estremamente innovativa l’estensione della qualifica di investitori professionali ad enti previdenziali privati e privatizzati, che consentirà di far affluire nell’economia reale nuove fonti di risparmio”.
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Voto plurimo, verso regole più gradite ai manager
Uno degli aspetti che aveva riscosso maggior successo nella consultazione, le regole sulle azioni a voto plurimo, ha trovato nuovo riscontro nel “Ddl Borsa”. Si parla del meccanismo che permette al nucleo fondante delle Pmi di mantenere il controllo dell’azienda pur emettendo sul mercato nuove quote azionarie.
Il tetto massimo per le azioni a voto plurimo, passerebbe da tre a dieci nel nuovo Ddl. Già nel 2014 si era superato il principio classico per il quale a ciascuna azione corrisponde un voto, in seguito all’aggiornamento dell’articolo del 2351 del codice civile, che ha consentito di mantenere il voto plurimo sulle azioni emesse prima della quotazione in Borsa. Potenziare i voti plurimi, si leggeva fra i pareri favorevoli raccolti nel Libro verde, “permette di conciliare, da un lato, la necessità di deliberare aumenti di capitale per finanziare un’attività in forte crescita e, dall’altro, la possibilità di consolidare il controllo societario in capo ai soci fondatori per garantire la speditezza delle decisioni (evitando i costi decisionali tipici di assetti proprietari frammentati)”.
Pmi, potranno emettere azioni fino a 1 miliardo
Un altro “spunto di riflessione” tratto dal Libro Verde è poi entrato nelle disposizioni del Ddl Borsa: la nuova soglia di capitalizzazione entro la quale l’impresa può rientrare nella definizione di Pmi emittenti azioni quotate; asticella che passerebbe da 500 milioni a 1 miliardo. La proposta, discussa nell’ambito della consultazione degli operatori di mercato, era “stata accolta con favore, con l’auspicio che tale estensione dell’ambito di applicazione della normativa tenga sempre conto del principio di proporzionalità degli obblighi informativi e procedurali imposti alle società quotate”.
Fra le altre novità introdotte:
- L’equiparazione delle casse di previdenza a investitori professionali, per incoraggiare l’investimento in titoli non quotati
- La proroga per altri due anni di un quorum semplice (anziché di due terzi) per l’approvazione degli aumenti di capitale per le società quotate