L’obbligo di sostenere economicamente la prole permane a carico del genitore obbligato anche dopo la maggiore età del figlio
L’assegno di mantenimento mensile può essere revocato se il figlio sceglie di non rendersi economicamente indipendente
L’assegno di mantenimento non ha una funzione
assistenziale incondizionata dei figli disoccupati.
Così si esprime la Corte di Cassazione
che, su un caso recente, venuto alla ribalta sul piano nazionale, ha statuito
che il figlio che rifiuta offerte di lavoro perde il diritto a essere mantenuto
dal genitore.
L’assegno di mantenimento in favore dei
figli, in linea generale, risponde al dovere dei genitori, anche quando
separati, di provvedere al mantenimento di questi ultimi, affinché l’interruzione
dei rapporti personali tra coniugi non incida, almeno dal punto di vista
economico-patrimoniale, sulla prole.
In questi termini, anche in relazione alle
sostanze economiche e patrimoniali dei genitori, il genitore obbligato all’erogazione
dell’assegno provvederà periodicamente a garantire la somma individuata al
proprio figlio.
L’obbligo di sostenere
economicamente la prole permane a carico del genitore obbligato anche dopo la
maggiore età del figlio, almeno fino a quando questo non abbia raggiunto una
comprovata indipendenza economica.
Ebbene, cosa accade, invece, se il figlio assegnatario
del mantenimento, si mette volontariamente nella condizione di non raggiungere
la suddetta indipendenza economica?
Ad avviso dei giudici di legittimità,
l’assegno di mantenimento mensile, dovuto dal genitore nei confronti del figlio
maggiorenne, non può essere garantito all’infinito.
Al contrario, l’assegno può essere revocato ove si
dimostri che il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica di
quest’ultimo è riconducibile esclusivamente a sua colpa.
Nel recente caso giurisprudenziale,
divenuto popolare, la figlia ventiduenne percettrice dell’assegno mensile
erogato dal padre divorziato, senza apparente ragione aveva rifiutato almeno
due offerte di lavoro a tempo determinato; una di queste, pervenuta direttamente dal padre, il quale aveva proposto alla figlia di assumerla quale segretaria del suo studio legale.
E invero, una simile condotta, ad avviso
della Corte, mette in evidenza la volontà della figlia di non voler raggiungere,
pur avendone possibilità, alcun tipo di indipendenza economica, apparendo tale scelta non giustificata da una diversa e coerente scelta progettuale alternativa, come ad esempio continuare gli
studi.
In conclusione, per la Suprema Corte, l’assegno
di mantenimento non può assumere una incondizionata e illimitata (quanto a
contenuto e durata) funzione
assistenziale a favore dei figli maggiorenni disoccupati, dovendo il relativo
obbligo di corresponsione venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento
dell’indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno
effettivo del figlio a trovare un’occupazione o ad impegnarsi in un progetto formativo rivolto all’acquisizione di competenze
professionali.