Come esseri umani, tendiamo a sovrastimare gli effetti della tecnologia nel breve termine e a sottovalutarli nel lungo. Questo errore di prospettiva è alla base di molte valutazioni distorte sull’intelligenza artificiale. Oggi il tema è centrale nei mercati, ma tra aspettative gonfiate e timori infondati, il rischio è perdere di vista l’essenziale: la trasformazione in atto è profonda, e per gli investitori può rappresentare un’opportunità concreta, se affrontata con il giusto approccio. Ce ne parla Riccardo Quagliotti, Portfolio Manager di Kairos SGR, per capire che ruolo l’AI potrà giocare nel futuro dell’economia della società e degli investimenti.
L’intelligenza artificiale oltre l’hype
Nel mondo degli investimenti, così come nella vita quotidiana, l’essere umano è portato a vivere il progresso in modo dicotomico: da un lato la sovrastima dell’impatto immediato, dall’altro la sottovalutazione della trasformazione nel lungo termine.
“Questa distorsione cognitiva, pur essendo nota – spiega Quagliotti – continua a influenzare profondamente la percezione dell’innovazione, con il rischio di generare letture errate anche da parte degli operatori professionali. L’intelligenza artificiale non sfugge a questa dinamica: dopo una fase di entusiasmo collettivo, si tende spesso a vivere una delusione che porta a scartare prematuramente la tecnologia. Ma è proprio nel tempo lungo che l’AI manifesta la sua vera forza: come un seme che, una volta interrato, richiede tempo, cura e condizioni favorevoli per germogliare, così le fondamenta infrastrutturali, algoritmiche e operative che stiamo ponendo oggi si tradurranno in frutti maturi solo negli anni a venire. Per questo, il ruolo dell’investitore consapevole è riconoscere l’importanza di essere presenti fin da subito, con una visione razionale e una pazienza strategica”.
Dall’astrazione alla realtà
Il concetto di intelligenza artificiale affonda le radici nella ricerca scientifica degli anni Settanta e Ottanta, ma solo in tempi recenti ha conosciuto un’accelerazione che l’ha resa davvero operativa.
“Per decenni- osserva il gestore – le applicazioni dell’AI sono rimaste confinate in ambienti accademici o altamente specialistici. Oggi, invece, assistiamo a una transizione epocale: grazie alla potenza computazionale, alla disponibilità di big data e alla maturazione degli algoritmi, l’AI sta uscendo dai laboratori per entrare nella vita reale. È proprio questo passaggio dalla fase di training alla fase inferenziale il vero punto di svolta. Durante il training, i modelli vengono “istruiti” attraverso l’analisi di enormi moli di dati, con processi computazionali complessi svolti in data center ad alta efficienza. Nella fase inferenziale, invece, gli stessi modelli vengono messi all’opera nel mondo reale, generando risposte, previsioni o decisioni in tempo reale. È qui che l’AI smette di essere una promessa e inizia a produrre valore tangibile, a condizione che le condizioni di impiego, in termini di qualità dei dati, contesto applicativo e governance, siano corrette”.
Tre stadi cognitivi per una nuova forma di intelligenza
Comprendere fino in fondo le potenzialità dell’intelligenza artificiale implica riconoscerne i diversi livelli di sofisticazione cognitiva e secondo il gestore di Kairos occorre considerare una classificazione che si sviluppa su tre livelli: interpolazione, estrapolazione e creatività.
“L’interpolazione rappresenta il primo livello: è la capacità di riconoscere pattern o situazioni simili a quelli già incontrati durante l’addestramento. È ciò che rende possibile il funzionamento di sistemi predittivi affidabili in contesti ben definiti. L’estrapolazione, invece, è un salto qualitativo: il modello diventa in grado di interpretare situazioni nuove, costruendo soluzioni non derivate direttamente dai dati passati, ma frutto di una sintesi intelligente. Questo livello permette di generare nuove strategie in ambiti come il marketing digitale, la logistica dinamica o la manutenzione industriale. Infine, vi è la creatività: la capacità ancora embrionale, ma già in parte visibile, di produrre intuizioni, visioni, progetti che non replicano ma creano. È qui che l’AI si avvicina maggiormente al funzionamento della mente umana, aprendo scenari inediti per il futuro della scienza, della medicina e dell’economia.
L’AI come chiave per la medicina di precisione e la biologia sistemica
Uno degli ambiti più avanzati e promettenti per lo sviluppo dell’AI è senza dubbio la medicina.
“Per secoli- osserva Quagliotti – l’approccio alla malattia è stato sintomatologico: si osservavano i segni clinici, si formulavano diagnosi e si prescrivevano terapie sulla base di criteri generali. L’intelligenza artificiale cambia radicalmente questa prospettiva. Grazie alla sua capacità di analizzare moli di dati clinici, genetici, metabolici e ambientali, l’AI consente una visione sistemica della salute. Le patologie non sono più classificate solo per i sintomi, ma per la combinazione unica e irripetibile di fattori biologici che le determinano. Ne deriva un approccio terapeutico nuovo: dalla medicina descrittiva si passa alla medicina analitica e predittiva, dove ogni paziente è visto come un ecosistema complesso da esplorare in profondità. L’intelligenza artificiale consente di cogliere segnali deboli, identificare correlazioni nascoste e anticipare l’evoluzione della malattia, migliorando radicalmente la diagnosi precoce, la prevenzione e la personalizzazione delle cure“.
Una filiera del dato non solo tecnica, ma anche etica
Tuttavia, nessuna innovazione è possibile senza una materia prima di qualità: il dato. Affinché l’AI possa esprimere il proprio potenziale, è necessario che i dati siano accurati, completi, integri, ben conservati e contestualizzati.
“La costruzione di una filiera del dato affidabile è quindi un presupposto imprescindibile“, osserva il gestore di Kairos SGR. “Questo implica non solo l’adozione di tecnologie adeguate per il prelievo e l’archiviazione, ma anche la definizione di standard comuni, di pratiche trasparenti e di strumenti di controllo che garantiscano la non corruzione e la tracciabilità dell’informazione. Il dato è oggi un asset tanto prezioso quanto fragile: la sua qualità determina il valore dell’output e, in ambiti sensibili come quello sanitario, la sicurezza del paziente. Per questo, occorre che si sviluppi l’un ecosistema dati che non sia solo tecnologicamente avanzato, ma anche eticamente fondato”.
Condivisione e trasparenza: la fiducia come catalizzatore dell’AI
Un sistema dati di qualità non può prescindere dalla collaborazione tra gli attori della filiera: pazienti, medici, ricercatori, aziende e istituzioni. Occorre promuovere una cultura della condivisione responsabile, fondata sulla trasparenza e sul rispetto della privacy.
“È confortante osservare – osserva Quagliotti – che la maggior parte dei cittadini è disposta a condividere i propri dati sanitari, purché siano garantite l’anonimizzazione e il consenso informato. Questo atteggiamento evidenzia che la fiducia è il vero catalizzatore del progresso tecnologico. Per stimolare la raccolta e la messa in comune dei dati, occorrono strumenti incentivanti, ma anche regole chiare, modelli di governance distribuiti e un coinvolgimento attivo degli utenti. Solo così l’intelligenza artificiale potrà diventare uno strumento realmente democratico e generativo per la salute collettiva”.
Proprietà intellettuale vs intelligenza generativa
Consenso e trasparenza non sono gli unici temi al centro del dibattito sulle applicazioni dell’AI. Anche quello sulla proprietà intellettuale è al centro dell’attenzione, soprattutto per quanto riguarda i modelli generativi. Questi sistemi si nutrono di contenuti preesistenti come articoli, immagini, musiche, dati – per generare nuovi output. La domanda che si pone è se tale utilizzo possa considerarsi lecito e, in caso contrario, come regolamentarlo.
“Occorre distinguere tra l’impiego di dati anonimi per fini sanitari, con consenso esplicito, e l’uso non autorizzato di opere dell’ingegno. Il confine è sottile ma cruciale. L’equilibrio tra accesso alla conoscenza e tutela della creatività rappresenta una delle sfide normative più urgenti dell’era digitale. Il rischio è duplice: o frenare l’innovazione per eccesso di protezionismo, o compromettere i diritti degli autori per mancanza di regole. La soluzione richiede un confronto aperto tra tecnologia, diritto e cultura”.
L’automazione, lavoro e un nuovo senso dell’uomo
Uno ulteriore tema, tra i più delicati, spesso oggetto di narrazioni allarmistiche, è quello dell’impatto dell’AI sull’occupazione. La paura della sostituzione del lavoro umano da parte delle macchine è antica quanto l’industria.
“La questione, tuttavia, non è se l’AI eliminerà posti di lavoro, ma come li trasformerà. In molti casi, l’intelligenza artificiale consente di liberare tempo, ridurre l’errore, automatizzare compiti ripetitivi, restituendo al professionista la possibilità di concentrarsi su ciò che è davvero umano: l’empatia, il giudizio critico, la creatività relazionale. Non è una sostituzione, ma una rifocalizzazione. I professionisti che sapranno dialogare con l’AI, comprenderne i meccanismi, sfruttarne le potenzialità e mitigarne i limiti saranno quelli meglio posizionati nel mercato del lavoro del futuro”.
Investire nell’AI: selezione rigorosa e pazienza strategica
Per il consulente finanziario, la questione chiave diventa come trasformare questa visione in un’opportunità concreta di investimento.
“La chiave – afferma con sicurezza il gestore di Kairos SGR – è la selettività. Non basta cavalcare l’onda delle big tech o seguire le narrative dominanti: serve una ricerca attenta, capace di individuare le aziende, anche mid e small cap, che stanno davvero integrando l’AI nei loro processi. Realtà che non usano l’AI come etichetta commerciale, ma come leva strategica per aumentare l’efficienza, ridurre i costi, innovare i prodotti. Servono tempo, competenza e una buona dose di pazienza. Ma è proprio in questa pazienza che si annida il potenziale più grande: quello di intercettare il valore prima che diventi visibile a tutti“.
Intelligenza artificiale e coscienza umana
“L’intelligenza artificiale – conclude Quagliotti – non è solo un insieme di algoritmi, ma una soglia nuova nella comprensione del reale. Come accadde ad Einstein osservando l’entanglement quantistico, due particelle in connessione a distanza, senza causa apparente , anche oggi ci troviamo di fronte a un fenomeno che sfida la nostra comprensione. Ma proprio in questo sta la bellezza dell’AI: nel suo costringerci a riconsiderare il nostro posto nel mondo. Se sapremo affrontare questa trasformazione con umiltà, spirito critico e responsabilità, potremo fare dell’intelligenza artificiale non solo uno strumento utile, ma anche un alleato per una società più consapevole, equa e intelligente. Perché, in ultima analisi, l’AI potrà anche imparare, calcolare, generare. Ma sarà sempre l’uomo a scegliere“.
Domande frequenti su Intelligenza artificiale: la trasformazione come opportunità
Il rischio principale è perdere di vista la profonda trasformazione in atto a causa di aspettative gonfiate e timori infondati. Questo può portare a mancare concrete opportunità di investimento nel settore dell'AI.
L'articolo suggerisce un approccio che consideri la trasformazione in atto come un'opportunità concreta. Questo richiede una selezione rigorosa degli investimenti e una pazienza strategica per ottenere risultati nel lungo periodo.
L'articolo sottolinea l'importanza di una filiera del dato che non sia solo tecnica, ma anche etica. Questo implica considerare aspetti come la condivisione, la trasparenza e la fiducia per un corretto sviluppo dell'AI.
La trasformazione in atto è vista come profonda e, se affrontata con il giusto approccio, può rappresentare un'opportunità concreta per gli investitori. È fondamentale non farsi influenzare da valutazioni distorte.
L'articolo menziona la medicina di precisione e la biologia sistemica come settori chiave. L'AI può essere una chiave per avanzamenti significativi in queste aree, aprendo nuove prospettive di investimento.