Il bisogno che può giustificare l’esercizio del diritto di recesso da parte del comodante deve essere imprevisto, ossia sopravvenuto rispetto al contratto
Può ostare all’esercizio del diritto di recesso da parte del comodante la circostanza che tale diritto risulti soggettivamente compiuto per fini emulativi
Il contratto di comodato prevede obbligazioni non solo a carico del comodatario, ma anche a carico del comodante: tra queste, quella di “lasciar godere il comodatario” della cosa oggetto del contratto.
Si tratta di un obbligo che non si risolve nel generico divieto del neminem laedere, perché il “lasciar godere” è condotta che comporta taluni obblighi di fare e di non fare che possono essere assolti solo dal comodante, e non da chiunque.
Ne sono esempi l’obbligo di restituire la cosa al comodatario, se questi la perda e il comodante la riacquisti; così come l’obbligo di non arrecare turbative di diritto al comodatario.
Come mettono in evidenza i giudici di legittimità nella recente sentenza n. 18334 del 2023, l’art. 1809 c.c. non dà tutela a ogni esigenza del comodante di rientrare in possesso del bene dato in comodato.
L’assunzione negoziale dell’impegno di far godere la cosa al comodatario fino a un dato termine è, infatti, vincolante e fa ritenere che il comodante non prevedesse di volere o dovere alienare il bene.
In questo senso, l’art. 1809 c.c. contiene un criterio di equo contemperamento dei contrapposti interessi: l’interesse del comodante a rientrare in possesso del bene prevale su quello del comodatario solo di fronte al sopravvenire di un bisogno che sia urgente e impreveduto.
Il bisogno che può giustificare l’esercizio del diritto di recesso da parte del comodante deve essere imprevisto, ossia sopravvenuto rispetto al contratto. Inoltre, deve essere urgente, ossia attuale e concreto al momento del recesso.
Ad esempio, da ciò discende che il bisogno ben può consistere nel deterioramento della situazione economica del comodante, che gli imponga urgentemente di rientrare in possesso del bene per disporne in modo più redditizio.
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Diritto di recesso
Corollario del divieto di arrecare turbative di diritto al comodatario è l’obbligo di astenersi dal recedere ante tempus, in mancanza di bisogni urgenti ed imprevisti.
Se quello di non recedere pretestuosamente è un obbligo contrattuale e non un generale dovere, anch’esso andrà adempiuto – come tutte le obbligazioni contrattuali – con correttezza e buona fede.
L’obbligo di agire con buona fede nella promozione del diritto di recesso ha per corollario che il giudizio sulla esistenza del bisogno imprevisto ed urgente del comodante, quando il comodato sia soggetto a termine, debba essere compiuto comparando il bisogno che il comodante intende soddisfare attraverso la richiesta di restituzione, con il pregiudizio che il comodatario dovrà sopportare per effetto di questa. Comparando il rischio cui sarebbe esposto il comodante se non gli fosse restituita la cosa, col rischio cui sarebbe esposto il comodatario se di quella fosse privato ante tempus; ed infine comparando le alternative possibili per ciascuna delle parti.
In questo senso, spiegano i giudici, può ostare all’esercizio del diritto di recesso da parte del comodante la circostanza che tale diritto risulti soggettivamente compiuto per fini emulativi, e oggettivamente produttivo di un nocumento al comodatario ben maggiore di quello che patirebbe il comodante se il bene non gli fosse restituito.
Tuttavia, il dovere di buona fede grava anche sul comodatario ed informa l’adempimento dell’obbligo di restituzione. Tale obbligo, pertanto, non potrebbe essere ritardato sine die invocando la violazione dei princìpi della correttezza da parte del comodante. Anche il comodatario infatti è tenuto, ai sensi dell’art. 1375 c.c., ad attivarsi affinché il ritardo nella restituzione sia contenuto nel minor tempo possibile.