La Federal Reserve ha deciso di lasciare invariati i tassi per la seconda riunione consecutiva, pur senza escludere esplicitamente un possibile rialzo a dicembre. La gran parte degli analisti ha interpretato le decisioni come un segnale abbastanza chiaro sul fatto che il ciclo di rialzi della Fed potrebbe essere concluso.
Il rischio di esagerare con i rialzi dei tassi e portare l’economia in recessione e quello di non alzarli a sufficienza da contenere l’inflazione “sono più vicini all’essere in equilibrio”, ha dichiarato il presidente della Fed Jerome Powell. Nel corso della conferenza stampa è stato dedicato più spazio al rallentamento dell’inflazione in atto, piuttosto che alla sorprendente forza dell’economia e dei consumi delle famiglie americane, che potrebbero rallentare il percorso verso un tasso al 2%.
Le parole di Powell
“Siamo impegnati a raggiungere un orientamento di politica monetaria sufficientemente restrittivo da far scendere l’inflazione al 2% nel tempo e non siamo ancora sicuri di aver raggiunto tale orientamento”, ha affermato il presidente Powell, aggiungendo che è “troppo presto” per stabilire se l’aumento dei rendimenti osservato sui Treasury sarà persistente. Questo elemento potrebbe rendere meno probabile un nuovo rialzo dei tassi, dato che contribuisce a stringere le condizioni finanziarie
Powell ha evitato di rispondere in modo chiaro su quali saranno le condizioni che potrebbero spingere la Fed ad alzare i tassi a dicembre. Le probabilità implicite nelle posizioni dei future indicano che il range resterà invariato a 5,25-5,5% con una probabilità del 80% – in aumento di circa cinque punti rispetto ai livelli pre-riunione. Le chance di un possibile rialzo a gennaio, però, sono aumentate oltre il 25% – segno che al momento l’eventualità di un ultimo rialzo si è spostata in avanti di una riunione.
La reazione del mercato
“Se avessero voluto rialzare i tassi ancora quest’anno, Powell avrebbe sottolineato molto di più il rischio che la spesa per i consumi avrebbe potuto annullare i progressi registrati sull’inflazione”, ha dichiarato Diane Swonk, capo economista di Kpmg. Fra aprile e settembre l’inflazione di fondo si è attestata su una media del 2,8%, in netto calo rispetto al picco del 5,6% toccato nel 2022.
L’ipotesi sempre più robusta sul fatto che i tassi d’interesse Usa abbiano raggiunto il loro livello terminale ha dato slancio alle azioni, con un accelerazione dell’S&P 500 che ha chiuso la seduta di mercoledì in rialzo dell’1,05%, mentre il Nasdaq ha messo a segno un +1,64%. Evidente anche l’impatto sui rendimenti del Treasury decennale, arrivato a calare di oltre 20 punti base al 4,708%.
“La tenuta dell’economia non ha impedito il riequilibrio del mercato del lavoro né ha ravvivato le pressioni sui salari e sui prezzi, suggerendo che la disinflazione progredirà e indicando che la Fed probabilmente manterrà invariata la sua politica fino al 2024”, ha commentato Whitney Watson, Co-Head e Co-CIO of Fixed Income and Liquidity Solutions di Goldman Sachs Asset Management, “tuttavia, si verificano rischi in entrambe le direzioni. L’aumento delle aspettative di inflazione, dovuto all’aumento dei prezzi del gas, unito alla forte operatività, preserva la prospettiva di un altro rialzo dei tassi. Al contrario, un rallentamento economico più pronunciato, causato dal crescente impatto dei tassi d’interesse più elevati, potrebbe accelerare i tempi di transizione verso un taglio dei tassi”.