La fase di studio è finita: la Bce ha avviato la preparazione dell’euro digitale, in attesa della luce verde del Parlamento europeo
Le banche e i circuiti di pagamento esistenti si preparano a un concorrente in più, ma la Bce si è convinta “che i rischi di stare fermi superino quelli di muoversi”, ha affermato a We Wealth la professoressa Portale
La strada verso l’introduzione dell’euro digitale procede di un altro passo: la Bce ha concluso la fase istruttoria e ha annunciato l’avvio della preparazione di quella che diventerà una nuova opzione di pagamento per i cittadini europei. Se l’iter legislativo seguirà i tempi previsti, l’euro digitale diventerà realtà non prima del 2026. Dal punto di vista strettamente pratico l’euro digitale sarà un’alternativa ai pagamenti elettronici già esistenti, anche se dal punto di vista legale avrà caratteristiche completamente diverse. Prima su tutte: avrà corso legale come le banconote e, quindi, non potrà essere rifiutato come forma di pagamento. In parte, il portafoglio di euro digitale sarà anche una riserva di valore che finirà in competizione con il deposito bancario, benché si preveda l’introduzione di un tetto massimo (intorno ai 3mila euro, pare) che limiterà la fuoriuscita dai conti correnti.
Il settore privato, però, offre già un’ampia scelta di pagamenti elettronici e i depositi bancari: cosa motiva davvero la Bce all’introduzione di un’alternativa pubblica? Lo abbiamo chiesto a Valeria Portale, direttrice dell’Osservatorio Innovative Payments e dell’Osservatorio Blockchain & Web3 del Politecnico di Milano.
Nel 2019, ha ricordato la professoressa Portale, Facebook aveva annunciato un progetto di token di pagamento internazionale, libra, con il supporto di colossi come Mastercard e PayPal. L’idea che il progresso tecnologico potesse favorire l’adozione di massa di una moneta alternativa a quella ufficiale, ha suscitato riflessioni che sono durate ben di più del progetto di libra, ufficialmente accantonato da Facebook nel 2022. “Quell’esperienza ha accelerato un percorso per la creazione di un’alternativa alla possibile affermazione di monete private” come le stablecoin.
“La mia sensazione è che la Bce sia giunta alla conclusione che il rischio di stare fermi, nello sviluppo di una moneta digitale, sia superiore a quello del muoversi”, ha affermato Portale, riferendosi agli effetti negativi che l’euro digitale avrà per le banche e per i circuiti di pagamento privati. A cosa ci si espone senza un euro digitale? “Potrebbero farsi avanti realtà come Usdc e Tether”, due stablecoin ancorate al dollaro con oltre 100 miliardi di capitalizzazione complessiva, “e offrire servizi simili a quelli che potrebbe offrire l’euro digitale della Bce”. Non solo, un domani potrebbero essere adottate come forme di pagamento anche le monete digitali emesse da altri Paesi (Cbdc): anche queste potrebbero concorrere, specie negli scambi internazionali, a una sostituzione dell’euro che limiterebbe il controllo della Bce sull’economia, esercitato attraverso la politica monetaria.
Se le minacce sono così chiare, perché non impedire l’uso delle stablecoin e delle Cbdc straniere con una stretta normativa, anziché con l’euro digitale? Secondo Portale, l’Unione europea ha ritenuto che la strada del proibizionismo sia contraria alla sua filosofia pro-innovazione. In più, l’eventuale affermazione di sistemi di pagamento tramite token fuori dai confini europei non sarebbe facilmente arginata da una semplice stretta normativa all’interno dell’Ue. Con l’euro digitale la Bce intende battere la minaccia delle possibili alternative ai pagamenti digitali con il più liberale dei sistemi: la concorrenza. Ovviamente, questo avverrà potendo contare su alcuni vantaggi competitivi, fra cui la sicurezza che l’emittente dell’euro digitale, la Bce, non può fallire, al contrario delle emittenti di stablecoin. Sono differenze di cui la gente si renderà conto?
Una trasformazione difficile da notare
Per i piccoli acquisti della vita quotidiana la differenza fra la carta o app collegata all’euro digitale sarà difficile da vedere: potrebbe somigliare, infatti, a un’altra carta di debito in portafoglio o a un’altra app simile a GooglePay o Satispay. Il fatto che, in quanto moneta ufficiale, sarà accettata da tutti i negozi online e offline potrebbe non bastare a trasmettere il senso della rivoluzione. L’euro digitale sarà un’opzione in più che non sostituirà il contante e che si affiancherà a quanto oggi è già utilizzato. “Quali saranno le sue differenze con gli altri servizi? Dipenderanno da come l’euro digitale sarà progettato a livello tecnico”, ha dichiarato Portale: si tratta di elementi che non sono stati ancora definiti nel dettaglio. Si immagina la possibilità di integrare più facilmente l’euro digitale con i rapporti legati al settore pubblico, come il fisco e il welfare: dal pagamento delle tasse all’erogazione di bonus. “Ad esempio, poter ottenere direttamente lo sconto collegato al bonus monopattino all’atto dell’acquisto, senza dover presentare la documentazione necessaria in un secondo momento”, ha detto la professoressa Portale.
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Rendere l’euro digitale pratico quanto le attuali alternative
La sfida più grande, però, sarà mettere in piedi un sistema che offra davvero un’esperienza di utilizzo fluida e facile, che possa rendere l’euro digitale un contendente dei sistemi di pagamento digitali di domani. “Nei tre anni che ci dividono al 2026 sarà questa la sfida principale dell’euro digitale: mettere a punto un’esperienza di utilizzo paragonabile a quella di un Apple wallet o di un Google wallet, che risulti preferibile agli strumenti di pagamento fisici”, ha affermato la direttrice dell’Osservatorio PoliMi. Ma non sarà facile: il rischio è che l’euro digitale finisca con l’essere troppo macchinoso da usare, è che questo diventi “una barriera per la sua adozione”, ha concluso Portale, “l’euro digitale dovrà essere comodo, facile e fare anche qualche cosa di più e meglio della comune moneta elettronica”.