Con la collazione per imputazione è ripartito il valore della stessa donazione
I coeredi non devono subire pregiudizio dal fatto che in luogo del donatario (a loro coerede) partecipano alla successione i figli e nipoti di quest’ultimo.
Con una recente sentenza, n. 17409, la Corte di Cassazione chiarisce alcuni aspetti relativi al funzionamento dell’istituto della collazione, mettendo in evidenza che l’erede non deve conferire in collazione solo quanto personalmente ricevuto ma anche, a certe condizioni, quanto ricevuto dai propri discendenti dal de cuius.
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Il principio
Osserva la Corte che per il diritto vigente l’erede è tenuto a conferire in collazione soltanto le donazioni personalmente ricevute, con esclusione di ogni altra liberalità fatta al di lui discendenti o al coniuge (art. 739 c.c.).
Tale regola subisce una rilevante eccezione nel caso del discendente che subentra per rappresentazione all’ascendente.
In questo caso, il discendente deve infatti conferire «ciò che è stato donato all’ascendente, anche nel caso in cui abbia rinunciato all’eredità di questo».
Il discendente che subentra per rappresentazione deve conferire la donazione ricevuta dal suo ascendente anche se non abbia conseguito alcun vantaggio, per avere rinunziato all’eredità di questo.
Se ne deduce, osserva la Corte, che nella successione del donante, il discendente che succede per rappresentazione è invariabilmente tenuto a conferire l’intera donazione ricevuta dal suo ascendente, ancorché, succedendo a questo, abbia conseguito un vantaggio minore, a causa del concorso con soggetti estranei alla successione del donante.
L’istituto della collazione
Quando la donazione abbia avuto ad oggetto un immobile il coerede donatario non ha bisogno di alcuna dispensa dalla collazione per ritenere il bene donato, imputandone il valore alla propria porzione, in quanto proprio la legge (art. 746 c.c.) riserva a lui la scelta fra il conferimento in natura e quello per imputazione.
La collazione, in entrambe le forme in cui è prevista dalla legge (in natura e per imputazione) rappresenta un istituto preordinato dalla legge per la formazione della massa ereditaria, allo scopo di assicurare l’equilibrio e la parità di trattamento in senso relativo tra i coeredi in modo da far sì che non venga alterato il rapporto di valore tra le varie quote e sia garantita a ciascun coerede la possibilità di conseguire una quantità di beni proporzionata alla propria quota.
Collazione in natura
Quella in natura consta di un’unica operazione, che implica un effettivo incremento dei beni in comunione che devono essere divisi.
Con la collazione in natura il bene diventa, in termini reali, oggetto di comunione fra il donatario e gli altri coeredi: esso sarà diviso fra i coeredi insieme alle altre cose presenti nell’asse in ragione della rispettiva quota ereditaria.
Collazione per imputazione
La collazione per imputazione postula l’addebito del valore dei beni donati, a carico della quota dell’erede donatario, ed il contemporaneo prelevamento di una corrispondente quantità di beni da parte degli eredi non donatari, cosicché soltanto nella collazione per imputazione, non in quella in natura, i beni rimangono sempre in proprietà del coerede donatario, che li trattiene in virtù della donazione ricevuta e deve versare alla massa solo l’equivalente pecuniario, il che di norma avviene soltanto idealmente
Con la collazione per imputazione è ripartito invece il valore della stessa donazione: attraverso il metodo dei prelevamenti o altro equivalente i coeredi non donatari conseguono sulla massa comune, in aggiunta al valore della quota quale sarebbe stata senza la collazione, anche il valore che loro compete sul bene donato in proporzione di quella stessa quota. Il bene donato, conferito per imputazione, rimane di proprietà del donatario.