Non sempre è facile o immediato risalire alla volontà autentica del testatore e comprendere se il soggetto che egli ha voluto rendere beneficiario di una certa disposizione testamentaria sia qualificabile come erede o legatario.
Questo è vero tanto con riferimento alle espressioni usate dal testatore, che possono essere ambigue, o comunque non chiare, ma è anche vero con riferimento al fatto che, in via generale, l’attribuzione da parte del testatore di un singolo bene (legato) ad un soggetto non esclude di per sé la volontà del de cuius di nominare tale soggetto erede.
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Erede o legatario?
Quando la volontà del testatore è consistita nell’attribuire uno o più beni determinati come quota del patrimonio a un soggetto si desume che questo incarni la qualifica di erede ex re certa.
Infatti, l’assegnazione di beni determinati dà luogo ad una successione a titolo universale qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto.
Al contrario, quando il testatore attribuisce non già un bene determinato come quota del patrimonio ma un lascito autonomo senza conferimento della qualità di erede si è in presenza di legato.
Più in particolare, come afferma costante giurisprudenza: in tema di distinzione tra erede e legatario, ai sensi dell’art. 588 cod. civ., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (“institutio ex re certa”) qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati, beni.
L’interpretazione del testamento
L’indagine diretta ad accertare se ricorra l’una (erede) o l’altra ipotesi (legatario) si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito e, quindi, incensurabile in Cassazione, se congruamente motivato.
Nell’interpretare la volontà del testatore, come è stato da ultimo chiarito dalla Cassazione con ordinanza n. 1149 dell’11 gennaio 2024, il giudice occorre accertare la volontà del testatore, secondo il principio generale di ermeneutica enunciato dall’art. 1362 c.c., tenendo conto del significato pratico e concreto delle espressioni da questo usate.
Con riferimento al processo di identificazione della qualità di erede o legatario, si deve dare prevalenza al significato concreto e pratico delle espressioni utilizzate dal testatore rispetto al significato statico e meramente letterale delle disposizioni da questo riportate nel testamento.
Qualora, inoltre, dovessero emergere delle frasi o delle disposizioni dubbie, occorrerà fare riferimento agli elementi estrinseci del testamento.
Spesso, infatti, è attraverso un’interpretazione più ampia e complessiva del testamento che è possibile interpretare correttamente la volontà del testatore, rivelare le ragioni che hanno spinto il de cuius a fare un certo tipo di scela, individuare il contenuto delle disposizioni e le finalità che il testatore intendeva perseguite.
Inoltre, in questo senso, occorrerà considerare congiuntamente, e in modo coordinato, l’elemento letterale e quello logico dell’atto.
Profili fiscali
La distinzione tra erede e legatario ha importanti ripercussioni, sia sul piano civilistico che su quello fiscale
A differenza dell’erede, il legatario è tenuto solo per le tasse relative ai beni a lui devoluti.
Più in particolare, i legatari rispondono del pagamento dell’imposta sulle successioni e donazioni in relazione al valore del bene a loro attribuito dal testatore. Gli eredi sono obbligati in solido al pagamento dell’imposta, sia per le disposizioni a titolo universale, che per le disposizioni a titolo particolare. I legatari, invece, rispondono solo dell’imposta relativa ai rispettivi legati.