Natura e funzione della divisione ereditaria
La divisione compiuta sui beni lasciati in eredità dal de cuius, ad avviso di un ormai consolidato orientamento della Corte di Cassazione (sent. 25021 del 2019) non assume la natura di atto mortis causa, ma di atto dagli effetti traslativi inter vivos.
Pertanto alla divisione ereditaria, osserva la Corte, dovrà applicarsi la stessa disciplina dettata per gli atti immobiliari traslativi di diritti reali su beni immobili.
Sul punto, si trova conferma anche dallo studio del Consiglio Nazionale del Notariato, n. 28-2021 C, ove si esclude che il negozio divisorio, ove avente ad oggetto una massa ereditaria, possa qualificarsi in termini di atto dichiarativo e mortis causa. Piuttosto, la divisione ereditaria deve interpretarsi quale atto inter vivos, avente natura “costitutivo traslativa”.
Benché, invero, sulla natura della divisione ereditaria esistono diverse altre valide interpretazioni, dopo aver delineato la natura della divisione è bene chiarire brevemente la funzione di detto istituto.
Come riprende lo studio del Consiglio Nazionale del Notariato appena citato, la funzione della divisione ereditaria può definirsi “distributiva”, nel senso che essa consente la realizzazione del c.d. apporzionamento in favore dei condividenti dei beni confluiti nell’asse ereditario, determinando (la divisione) il passaggio da una situazione di contitolarità (dei beni del de cuius) ad una di proprietà individuale a favore degli eredi.
Messa in luce brevemente la natura e la funzione della divisione è ora il caso di porre l’accento sulle modalità attraverso cui gli eredi possono interrompere lo stato di comunione sul patrimonio del de cuius per divenire, ognuno per parte sua, proprietari individuali dei beni lasciati in eredità. (We Wealth si è occupato dell’istituto della collazione in questo articolo)
La divisione ereditaria consente di sciogliere la comunione ereditaria, consentendo al coerede di diventare unico proprietario dei beni che gli sono assegnati ed il cui valore corrisponde a quello della sua quota ereditaria. Si distinguono diversi tipi di divisione ereditaria può realizzarsi seguendo tre distinte modalità.
(Per alcuni aspetti fiscali relativi alla divisione, si rimanda al punto a questa risposta a interpello dell’Agenzia delle entrate)
La divisione consensuale
In questo caso gli eredi decidono liberamente di procedere alla divisione dei beni sottoscrivendo un accordo di divisione. L’accordo dovrà essere autenticato da un notaio e una volta predisposto avrà tra le parti valore di legge. Si tratta di una tipologia di divisione che solitamente è attuata quando i beni lasciati in eredità sono pressoché in forma di denaro, quando i beni sono facilmente divisibili tra gli eredi o quando i coeredi concordano tra di loro sulla gestione del patrimonio del de cuius. Una volta redatto l’accordo, che prende il nome di contratto di divisione, le parti (gli eredi) dichiarano di non aver più nulla a pretendere dagli altri, rinunciando altrimenti detto a eventuali azioni di riduzione o restituzione. Occorre notare tuttavia che se nella divisione è coinvolto un soggetto incapace (come un minore o un interdetto), è necessaria l’autorizzazione del giudice.
(We Wealth si è occupato del caso di un bene non “comodamente” divisibile in questo articolo)
La divisione giudiziale
In questo caso se non è possibile giungere ad un accordo reciproco sulla attribuzione dei beni, si seguirà l’iter del tribunale, chiedendo a un giudice di emettere una sentenza che decida sulla divisione dell’eredità. Il giudice competente a decidere sulla divisione sarà quello della circoscrizione in cui è stata aperta la successione (che coincide con il luogo di ultimo domicilio del defunto). Questa forma di divisione si avvia attraverso la notifica di un atto di citazione (da parte di uno o più eredi) nei confronti degli aventi diritto alla successione. Una volta avviato l’iter, il tribunale dovrà stimare la massa ereditaria e procedere alla assegnazione dei beni. Ove non fosse possibile attribuire i beni si procederà alla vendita all’incanto. Si tratta probabilmente della tipologia di divisione più complessa: infatti, inevitabilmente, l’iter potrebbe allungarsi e potrebbe richiedere anche maggiore esborso di danaro da parte degli interessati alla divisione. I creditori o gli aventi causa dei condividenti possono opporsi alla divisione giudiziale a patto che la divisione si debba ancora eseguire.
La divisione testamentaria
In questo caso, gli eredi seguiranno le “istruzioni” del testatore, di colui che ha predisposto il testamento, dividendo i beni. Sarà importante, in questa fase, farsi seguire ove possibile da un consulente per evitare che la divisione dei beni predisposta dal testatore e seguita dagli eredi non si ponga in realtà in violazione della quota spettante ai legittimari.
Cosa accade se un bene è “occupato” da un erede?
Non si tratta di un caso così raro: un erede risiede in un immobile (al momento indiviso) che deve essere sottoposto a procedura di divisione ereditaria, e non intende collaborare alla fase di divisione né intende liberare l’immobile.
In questo caso gli altri eredi avranno la possibilità di chiedere l’ottenimento di una indennità da occupazione.
L’indennità che l’erede che occupa l’immobile dovrà sborsare sarà calcolata sul valore di mercato dell’immobile e non in relazione alla quota che (in caso di divisione) gli spetterebbe.
Per ottenere l’indennità sarà necessario dimostrare che l’erede che occupa l’immobile ne impedisca di fatto l’uso da parte degli altri, e lo occupi in via esclusiva.
Benché il nostro ordinamento permetta l’utilizzo da parte del coerede dell’immobile indiviso, allo stesso tempo vieta:
- che un coerede alteri a proprio piacimento lo stato dei luoghi o la destinazione d’uso dell’immobile senza consenso degli altri coeredi
- che un erede impedisca l’accesso e l’utilizzo del bene agli altri eredi.
L’opposizione alla divisione ereditaria
Come prevede l’art. 1113 del Codice civile, i creditori e gli aventi causa possono intervenire nella divisione a proprie spese, ma non possono impugnare la divisione se già eseguita, a meno che abbiano notificato un’opposizione anteriormente alla divisione stessa e salvo sempre ad essi l’esperimento dell’azione revocatoria o dell’azione surrogatoria.
Quando la divisione ha per oggetto beni immobili l’opposizione deve essere trascritta prima della trascrizione dell’atto di divisione e, se si tratta di divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda.
Affinché la divisione possa avere effetto anche nei confronti dei creditori, dovranno essere chiamati a intervenire nelle fasi di divisione i creditori che hanno acquistato diritti sull’immobile in virtù di atti soggetti a trascrizione e trascritti prima della trascrizione dell’atto di divisione o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale.
Vendere un immobile indiviso: è possibile?
Non è infrequente che uno dei coeredi abbia interesse a vendere la parte a lui spettante su un immobile caduto in successione e, per il momento, ancora indiviso, quindi in comunione tra tutti gli eredi.
Ciò che occorre sapere è che il singolo coerede non potrà in nessun caso promuovere la vendita per intero dell’immobile, in quando detto immobile è in via di fatto e formalmente in comproprietà con gli altri eredi, dunque un eventuale alienazione effettuata da un solo coerede rappresenterebbe “vendita di cosa altrui”.
Tuttavia, il singolo coerede avrà la possibilità di vendere la propria quota. Evidentemente, sarà difficile per il comproprietario vendere a terzi la propria quota, in quanto nessun terzo (in linea di massima) sarà interessato a comprare una porzione di un immobile o di una proprietà ancora indivisa, subentrando così nella comproprietà di altri coeredi.
Per tale ragione il comproprietario che intende liberarsi della sua quota dovrà dapprima provare a sollecitare la vendita nei confronti degli altri coeredi eventualmente interessati, anche perché gli altri eredi hanno diritto di prelazione sulle quote. Per tale ragione, il coerede che intende vendere a terzi deve notificare agli altri eredi questa intenzione per permettere loro di esercitare il diritto di prelazione, comunicando anche l’eventuale prezzo di vendita.